Il presidente Donald Trump arriva in Arabia Saudita per parlare di estremismo islamico e lotta al terrorismo.
Donald Trump ha inaugurato il suo primo viaggio all’estero recandosi in Arabia Saudita. Sabato 20 maggio è atterrato a Riyad accompagnato dalla First Lady Melania, dalla figlia Ivanka e dal genero Jared Kushner, suo consulente. In Arabia Saudita, di fronte ai leader del Gulf Cooperation Council, il presidente statunitense ha focalizzato il suo discorso sulla lotta al terrorismo. Una lotta che vede l’Arabia Saudita come un fondamentale alleato degli Stati Uniti.
La scelta di partire proprio dall’Arabia Saudita sembra essere correlata proprio alla volontà di Trump di esprimere la sua amicizia all’intero mondo musulmano, nella speranza che il rapporto tra Stati Uniti e leader musulmani possa portare benefici a tutti. Fin da subito il presidente americano sottolinea che il suo Paese non vuole imporre o insegnare nulla, ma desidera cooperare nel rispetto reciproco.
“Sono qui davanti a voi come rappresentate del popolo americano per trasmettere un messaggio di amicizia e speranza. Per questo ho scelto di fare il mio primo viaggio all’estero nel cuore del mondo musulmano […]. La nostra visione è di pace, sicurezza e prosperità […] Il nostro obiettivo è una coalizione di nazioni che condividono l’obiettivo di strappare l’estremismo e di offrire ai nostri figli un futuro pieno di speranza che renda onore a Dio.”
L’America da sola non può combattere e sconfiggere il terrorismo, afferma Trump. I Paesi musulmani devono essere in prima linea a combattere contro l’estremismo. Questo non solo perché è l’estremismo islamico a seminare il terrore in tutto il mondo, ma perché i musulmani sono i primi ad essere sacrificati.
“L’America ha subito ripetuti attacchi barbarici […]. Anche i Paesi dell’Europa hanno sopportato un orrore indicibile. Così anche le nazioni dell’Africa e del Sud America. India, Russia, Cina e Australia sono state vittime. Ma […] il conto più mortale è stato pagato dalle persone innocenti delle nazioni arabe, musulmane e mediorientali.”
Non parla di guerra di religione o di scontro tra civiltà, ma di una lotta tra il Bene e il Male. Ogni morte causata dal terrorismo, dice Trump, è un insulto a tutto ciò che è santo.
Ma oltre a sconfiggere l’ideologia estremista, opera che deve essere guidata in primis dai vari rappresentanti religiosi, il presidente evidenzia la necessità di impedire che l’Isis abbia accesso ad armi, petrolio e altre risorse. E solo con la completa collaborazione dei Paesi del Golfo è possibile realizzare questo “blocco economico” contro i terroristi.
Il discorso di Donald Trump potrebbe apparire perfetto. Le parole cariche di fiducia e di speranza, i molteplici ringraziamenti e lusinghe nei confronti dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi arabi, la rappresentazione di un Islam costituito da bravi musulmani innocenti, vittime anche loro del terrorismo.
Parole giuste, pronunciate dall’uomo sbagliato e nel luogo sbagliato. Il Donald che traspare da questo discorso sembra estremamente diverso da quello che abbiamo conosciuto durante la sua campagna elettorale. Diverso dal presidente del “Muslim ban” e da quello che ha ritenuto l’Arabia Saudita complice negli attacchi alle Torri Gemelle del 2001.
Parlare di lotta all’estremismo in un Paese in cui l’Islam viene praticato nella sua forma più radicale e ferrea, sembra essere un controsenso. Inoltre, l’Arabia Saudita è la principale fonte di risorse a cui il terrorismo attinge per mantenersi forte e minaccioso.
Radavoiu Stefania Ema