Le Alpi e i rifiuti accumulati: una storia che deve finire

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Bello camminare in montagna. Respirare aria buona. Ammirare paesaggi. Faticare. Attraversare una faggeta. Sperare di incontrare una marmotta. Fare una scorpacciata di mirtilli. Calpestare foglie secche e sentire il rumore che fanno. Vedere uno strano oggetto colorato… Che strano, sembra un sasso ma è blu. O forse è un fungo? Aspetta, mi avvicino un po’ per vederlo meglio… Ah no, niente. Era solo una bottiglietta.

Quanti e quali rifiuti accumulati sono sparsi sulle nostre montagne? A fare il punto della situazione è CleanAlps che dopo due anni di ricerche ha esposto i suoi dati sui rifiuti accumulati lungo i sentieri alpini.

I risultati della ricerca

Mezzo chilo di rifiuti ogni chilometro di sentiero. È questo il dato fornito da CleanAlps, un progetto promosso dallo European Research Institute. La ricerca è durata due anni e si è concentrata sulle Alpi occidentali, in particolare piemontesi (ma non solo), e ha riguardato ben 488 km di sentieri.

Di che tipo sono i rifiuti accumulati sulle alpi?

Abbondano un po’ ovunque i fazzoletti di carta, ma quelli, tutto sommato, sono il danno minore. Ben più pericolosi i mozziconi di sigaretta: piccoli, onnipresenti e non biodegradabili. Ma in realtà, ad essere i più numerosi e i più impattanti sono i rifiuti legati ai succulenti pranzetti al sacco e agli spuntini che ogni escursionista porta con sé. Bottiglie, contenitori per succhi, carte di cioccolatini e caramelle, pellicola e alluminio per avvolgere panini, lattine di carne o tonno in scatola, sacchetti per contenere il tutto… Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Quello che più stupisce, tuttavia, è la presenza di altri rifiuti. Rifiuti insoliti per essere lasciati in montagna. In ordine sparso: cotton-fioc, puntine da disegno, biancheria intima e mutande, pneumatici, assorbenti, preservativi. Tutta roba che è strano portare (e soprattutto dimenticare) in montagna. E provare a immaginare come e perché siano stati abbandonati in natura è un gioco che magari strappa un sorriso ma che si rivela presto inutile.

Eppure gli 800 volontari e ricercatori di CleanAlp non si sono stupiti neanche davanti a un sacchetto di plastica contenente i bisognini di un cane. Tanto di cappello a chi li ha raccolti, ma a che scopo se poi li ha abbandonati in mezzo a un bosco? Certo, una banale dimenticanza. Ma a quel punto era meglio dimenticarsi direttamente di raccoglierla…

Non solo rifiuti accumulati ma anche “reperti” storici

Molti rifiuti accumulati, poi, arrivano direttamente dal secolo scorso: effettivamente alluminio e plastica hanno un tempo di decomposizione biblico.



“Troviamo oggetti che hanno anche 40 o 50 anni. Lo vediamo dalle date, lo riconosciamo identificando quella marca e quel tipo di prodotto. Le condizioni ambientali in montagna rallentano ulteriormente una già lentissima degradazione

Franco Borgogno, fondatore e coordinatore del progetto CleanAlp

È molto probabile, infatti, che tra qualche milione di anni verranno ritrovati “fossili” di spazzatura come noi abbiamo trovato fossili di organismi viventi.

Succede, poi, che i rifiuti lasciati sul sentiero non rimangono lì inerti e inoffensivi ma diventano parte dell’ambiente stesso. È così che gli uccelli usano fili di nylon per fare il loro nido, o che le marmotte foderano la loro tana con sacchetti di plastica.

I rifiuti accumulati sulle alpi non sono un problema irrilevante

Ma la verità è CleanAlp ha evidenziato un tema non irrilevante. Sempre Borgogno, infatti, afferma:

Le Alpi sono l’elemento chiave per sviluppo di tutta l’Europa centro meridionale: da secoli forniscono acqua, materie prime, energia, cibo e questo ha favorito lo sviluppo di tutte le aree di pianura e collina in Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera e Slovenia. I mutamenti in corso e l’impatto che abbiamo sulle Alpi sono quindi importanti per tutti noi e dobbiamo assolutamente tenerne conto per tutelare noi stessi e il nostro futuro.

CleanAlp ha raccolto fondamentali indicazioni per correggere i nostri comportamenti e renderli più sostenibili. Avendo questi dati e conoscendo in dettaglio che cosa si trova in montagna possiamo fare varie opere di prevenzione con i frequentatori della montagna, con l’economia e il commercio locale, con i produttori dei prodotti che si portano in montagna”.

Per due anni CleanAlp si è occupato percorrere ogni sentiero nell’area selezionata e raccogliere ogni rifiuto rinvenuto. Il progetto si è avvalso della cosiddetta citizen science (la scienza partecipata), cioè un’attività di ricerca che si avvale di volontari: persone normalissime accomunate, in questo caso, dalla passione per la montagna e la cura per l’ambiente.

Il progetto, in realtà, è solo all’inizio. Visti i risultati, infatti, il desiderio è quello di mappare e raccogliere i rifiuti accumulati sull’intero arco alpino e non solo sul versante italiano. E poi, da qui, portarlo anche fuori dall’Europa, sull’Himalaya per la precisione.

Himalaya: sovraffollamento umano e rifiuti accumulati

Tutti noi quando pensiamo all’Everest pensiamo ad almeno 3 cose:

  1. La montagna più alta del mondo
  2. Quanto farà freddo?
  3. Natura incontaminata

Ma davvero lassù la natura è incontaminata? No. La realtà è che ci sono rifiuti accumulati ovunque lungo tutta la catena himalayana. La spazzatura, ovviamente, arriva fin lì per mano dell’uomo: escursionisti che, sempre più numerosi, si accampano alle pendici delle montagne più alte del mondo e che, per svista o malafede, si dimenticano della buona educazione e della loro spazzatura.

Il turismo sempre più frequente fa sì che ci sia un inedito (anche se ormai “normale”) sovraffollamento di esseri umani. Persone che spesso si inerpicano fino a lì per il semplice gusto di mettere una spunta sulla lista di cose da fare almeno una volta nella vita e che, nel frattempo, si dimenticano di portare a valle i loro rifiuti.

La maggior parte di questi, manco a dirlo, si trova nei campi base, dove gli alpinisti soggiornano più a lungo e con tutti i comfort: cucine da campo, latrine, stufette per il riscaldamento… I rifiuti accumulati, quindi, sono composti da teli per tende, scarpe e scarponi, tubi in PVC e bombole di ossigeno, oltre a tutti quelli già visti anche sulle Alpi.

Il buon senso…

Aveva fatto notizia la scorsa primavera l’alpinista francese che assieme alla sua squadra aveva raccolto quasi 4 tonnellate di rifiuti accumulati sulla catena himalayana, di cui più di una e mezza di plastica. Questo, purtroppo, è il risultato di un secolo di accumuli: dagli anni ’20, infatti, sono iniziate le spedizioni in quota e da allora molti alpinisti hanno deciso di alleggerire il loro zaino lasciando ogni tipo di oggetto ai campi base o lungo i sentieri verso la vetta, senza però preoccuparsi di riprenderli durante la discesa.

Insomma, che siamo dall’altra parte del mondo o nel bosco dietro casa, il buon senso ci dice di non abbandonare i rifiuti mentre saltelliamo felici sui pascoli di alta quota come fossimo Heidi alla ricerca di Fiocco di neve. Ma non ci dice soltanto questo. Ci dice anche che sarebbe cosa buona e giusta passeggiare nei boschi muniti di un sacchetto non solo per riporre i nostri rifiuti, ma anche per raccogliere i rifiuti accumulati negli anni e dimenticati da altri. E questo dovrebbe valere sempre: dalle montagne alpine alle spiagge siciliane, passando per le colline toscane e le grandi città.

Arianna Ferioli

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