Per le tribù indigene che abitano la foresta pluviale dell’Amazzonia, il territorio in cui vivono è una casa, un amico fidato. Una terra che conoscono a menadito e che onorano prendendosene cura. La minaccia che la loro casa possa essere loro sottratta diventa sempre più pressante, tanto che sono stati pianificati piani per mettere all’asta più terra.
Può sembrare incredibile, eppure il 70% dell’Amazzonia ecuadoriana appartiene alle compagnie petrolifere. Compagnie il cui unico scopo è l’estrazione di risorse e l’implacabile deforestazione. Abbiamo idea della quantità di specie che vivono nel territorio abitato dalle tribù indigene?
18 comunità Waorani vivono in una vasta zona denominata Block 22 dal governo ecuadoriano. Queste tribù proteggono centinaia di tipi di piante medicinali e una enorme diversità di flora e fauna. La loro casa racchiude percorsi di caccia, campi di battaglia, abbeveratoi, cimiteri. Famiglie, esseri umani pronti a difendersi.
Come possono combattere questa deturpazione?
Un originario del luogo, Oswando Nenquimo, dedica la sua vita ad un progetto per le tribù indigene del Block 22. Ormai da quattro anni, viaggia tra le comunità Waorani per insegnare loro tecniche GPS per facilitare la mappatura del territorio. Il motivo? Provare la legittimità della loro proprietà e documentare la biodiversità che vivono e che proteggono.
Negli ultimi anni i Waorani hanno utilizzato tecnologie hi-tech, telecamere e droni per mappare i 180.000 ettari della loro terra. La storia di questo territorio, secondo Oswando, può essere raccontata solamente dalle persone che lo vivono, per questo il processo di mappatura deve continuare: è un potentissimo strumento per combattere contro l’estrazione incontrollata di risorse naturali.
Negli ultimi mesi il governo ecuadoriano ha fermato i piani per aumentare la quantità di terra messa all’asta. Pensiamo che sia finita qui? La battaglia per la conservazione delle risorse è solamente agli inizi. I Waorani, infatti, stanno pianificando una causa contro il governo per ottenere aiuto nella protezione del territorio.
La tecnologia non è buona o cattiva di per sé; il suo valore dipende dall’utilizzo che ne viene fatto. Solo concentrandoci sulle potenzialità positive è possibile pensare ad un cambiamento reale. Le tribù indigene dell’Amazzonia ecuadoriana, che nel nostro immaginario sono tanto lontane da noi, ce lo insegnano ormai da quattro anni.
Tecnologia e tutela ambientale possono veramente andare d’accordo. Capire che tutto questo ci riguarda, e davvero da vicino, è una priorità del nostro tempo.
Angelika Castagna