Era il 17 Febbraio 1992 quando la politica italiana ricevette uno degli schiaffi più forti della
storia. Tangentopoli fu un vero e proprio ciclone giudiziario che si scatenò sul panorama italiano, destinato a sconvolgere l’assetto politico tradizionale.
Ancor prima dell’esplosione mediatica di Tangentopoli, gli italiani sapevano bene cosa stava succedendo, tant’è che l’indignazione si alternava con l’ironia (famose erano le barzellette sui socialisti ladri e i democristiani mafiosi), trasformando la politica
in una pagliacciata. Maggiore era l’appello ai politici di dedicarsi agli interessi quotidiani degli elettori e maggiore era il loro distacco dalla società, causando un crollo della fiducia mai visto fino a quel momento, che è sfociata nell’astensionismo elettorale, uno dei più alti nella storia. Lo scetticismo spinse le persone a voltare le spalle ai partiti tradizionali, percepiti come entità fredde e aliene, i cui membri parlavano una lingua sconosciuta, fatta di burocrazia e tempi biblici. L’aria che tirava era pesante e gli italiani ormai erano esausti di sentire notizie sugli sprechi della classe politica e dell’ennesimo aumento dello stipendio dei parlamentari. Sembravano lontani i tempi in cui l’Italia credeva nell’azione e nei programmi dei partiti per cui provava una fiducia che a tratti sfociava nella fede religiosa. Tempi felici e andati che lasciavano spazio al disincanto e al risentimento a cui il giustizialismo darà voce e corpo.
Con Tangentopoli abbiamo assistito al crollo del sistema partitico tradizionale e pareva di trovarsi dinanzi ad una pagina bianca tutta da (ri)scrivere. L’Italia pareva risorgere e il suo rinascimento fu realizzato da uomini estranei dalla politica, uno su tutti Antonio Di Pietro. Insomma, sembrava l’anno 0, per cui era possibile andare solo avanti e non indietro. Ma la storia è la maestra che non ha scolari.
Ieri Tangentopoli e oggi?
Per cui eccoci qui, 17 Febbraio 2022 a parlare ancora dell’insensibilità politica di fronte a temi tanto dibattuti quanto inascoltati. A partire dal triste spettacolo fornito dal Senato che applaude dopo la bocciatura del DDL Zan, fino ad arrivare alle violenze in piazza nei confronti di giovani che protestano per l’alternanza scuola-lavoro: la lista è pericolosamente lunga. Parliamo ogni giorno del disastro ambientale, ma la politica resta in silenzio a guardare, quando i governi europei prendono importanti provvedimenti. Diciamo di credere nei giovani ed è stato lo stesso Presidente
Mattarella, in occasione del discorso di insediamento di quest’anno, a riconoscere l’importanza di ascoltare la voce degli studenti e puntualmente questi subiscono violenze quando scendono in piazza e nessun politico spende una parola a riguardo. Oggi più che mai, parliamo di eutanasia, ma abbiamo sperato invano nell’approvazione del Referendum che aspettiamo da 38 anni. 1,2 milione di firme inascoltate. Siamo tutti
favorevoli per la parità di genere,ma l’Italia è immobile rispetto ad altri paesi europei. La situazione è tutt’altro che serena e la pazienza si sta sempre di più esaurendo.
Tutte occasioni mancate
Insomma, gli anni passano, i politici cambiano, ma l’insoddisfazione da parte dei cittadini resta. Niente di nuovo sotto il cielo politico italiano, cosparso di nubi cariche di promesse e di buoni propositi. I cittadini italiani farebbero bene a portare sempre con sé un ombrello per proteggersi dai parolai. Promesse su promesse su ogni tema. Anni di dibattiti, raccolte firme e scontri online e non per poi ritrovarsi ad nulla di fatto, come se fossimo tornati indietro di trent’anni. La sensazione è quella di avere costantemente a che fare una dirigenza politica che ha tante occasioni per dimostrare di essere attenta alle necessità e ai nuovi bisogni dei cittadini. Tutte
occasioni mancate.
Oggi non c’è nessuno che parla di prendere a “picconate” la politica, ma ci sono i canali social che parlano chiaro e le piazze dimostrano ancora di essere il luogo adatto per farsi sentire. Le lamentele si sommano, come già accaduto prima di Tangentopoli, ma il desiderio di farsi sentire resta. Per cui se è vero che la classe politica sembra essere immobile a trent’anni fa, lo stesso si può dire dell’ opinione pubblica che quotidianamente si dimostra una forza pronta ad esplodere.
Giulia Poggiali