Difficile fare analisi o anche semplici considerazioni che non siano già state fatte nella kermesse sociopolitica partita subito dopo i primissimi risultati delle elezioni regionali.
Potrei non scrivere nulla e accontentarmi del fatto che i 5 punti di scarto che avevo previsto tra Bonaccini e Borgonzoni si siano quasi raddoppiati. Però, proprio perché è stato detto di tutto e anche per chiarirmi con me stesso voglio buttar giù schematicamente i punti che mi sembrano inoppugnabili dopo le elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria.
1. Innanzi tutto la Calabria, ceduta al centrodestra.
Validissime le scuse sulle candidature improvvisate e discutibili, ma la bassa affluenza e il fatto che in quella regione mai una giunta regionale uscente sia riuscita a farsi riconfermare ci dà la tragica immagine di una figlia di nessuno abbandonata a se stessa, troppo vulnerabile agli intrallazzi della peggior politica, ai saccheggi della peggior imprenditoria, alla violenza delle peggiori mafie. Se i calabresi onesti che pur rappresentano la maggioranza contassero qualcosa verrebbe dichiarata una “emergenza Calabria”, ma sembra essere troppo faticoso e pericoloso sia per la destra che per la sinistra. Meglio spegnere come sempre i riflettori, fino alla prossima campagna elettorale.
2. L’Emilia Romagna, regina di tutte le battaglie.
Quella dei tortellini, dei bagnini trombatedesche e dei saltellanti ballerini dell’orchestra Casadei non si lascia prendere in giro dalle pagliacciate xenofobe.
Fragrante come una tigella e asciutta come una piadina non si lascia adoperare da nessuno, tutto ciò che chiede è di essere amministrata al meglio e nessuna vociante armata brancaleone può sperare di prenderla in giro e meno che mai conquistarla.
3. Il Movimento 5 Stelle e la sua idea di partito post-ideologico sono un funerale in attesa di essere celebrato.
Potranno evitarlo solo confluendo con convinzione nell’area progressista, e sarà questa scelta a stabilire se il governo ne uscirà rafforzato o indebolito. Per ora hanno licenziato il capobecchino, se l’hanno capita si voterà alla scadenza naturale della legislatura e per allora gli italiani avranno imparato a sfanculare adeguatamente i suonatori di citofoni.
Tutto qua, tre considerazioni molto semplici per archiviare una farsa che proprio non mi ha divertito.
Mario Piazza