Tre arresti sono scattati nel Bresciano con l’accusa di tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione in un’operazione coordinata dalla DDA della Procura di Brescia, dove le indagini hanno permesso d’identificare due cittadini, terminali di un’organizzazione basata in Libia e Nigeria. La terza indagata è una donna operante nella città di Torino e domiciliata nel Mantovano; il gruppo avrebbe favorito l’ingresso nel territorio italiano di ragazze ai fini dello sfruttamento.
Con la collaborazione dello Sco e della polizia nigeriana, le forze dell’ordine hanno individuato un complice operativo all’estero, che si sarebbe occupato del trasferimento delle vittime di tratta dalla Nigeria alla Libia. Di lì le donne, ricattate con riti juju e intimidazioni, erano traghettate sulle coste italiane, in base all’attività investigativa che la squadra mobile bresciana ha portato avanti tramite intercettazioni telefoniche, che confermerebbero i tratti tipici dell’organizzazione volta al traffico di esseri umani. Le minacce alle ragazze riguardavano infatti l’incolumità dei familiari; altra caratteristica ricorrente, le pressioni mediante i rituali di magia, oltre all’estorsione di somme tra i 20 e i 30 mila euro come “debito” da colmare per liberarsi dalla stretta della madame.
L’organizzazione sfruttava il sistema d’accoglienza per il traffico di esseri umani
Ed è allo scopo di garantire a questa introiti più duraturi che il gruppo usufruiva del sistema d’accoglienza. Le ragazze formalizzavano la richiesta di protezione internazionale che le rendeva impossibili da espellere per tutta la durata della procedura volta ad accertare i requisiti per la concessione dello status di rifugiate. Una volta ottenuta la domanda di asilo, erano quindi costrette a fuggire dal centro d’accoglienza e a prostituirsi. Ma tre di loro hanno denunciato gli sfruttatori, descrivendo nel dettaglio le torture e gli abusi subiti fin dai centri di detenzione libici in cui erano confinate. Oltre ai tre arrestati vi sono altre sei persone indagate.
In Italia il traffico di esseri umani ad opera della mafia nigeriana è oggetto crescente dell’attenzione della magistratura. Secondo le stime, più dell’80% delle donne che arrivano in Italia dalla Nigeria sono probabili vittime di tratta. Le percentuali di turismo sessuale nella Penisola sono tra le più alte del mondo; il nostro continua a essere uno dei primi Paesi di destinazione per il traffico di esseri umani e anche una nazione di transito.
Nonostante le nuove misure contro la tratta, gli sforzi non bastano a garantire l’assistenza e l’integrazione delle vittime
Le persone assistite nel 2016 sono state 1172, la maggioranza donne (954, l’81,4%) e il 9,5% erano bambini (111); nel 2017 sono state 1050, sempre in prevalenza di sesso femminile, quasi tutte provenienti da Nigeria, Albania, Romania, Bulgaria e Marocco. Secondo gli esperti i dati non rivelano però l’entità del fenomeno, perché permangono lacune nell’efficacia del sistema d’identificazione delle vittime di tratta. Sebbene lo Stato abbia adottato ulteriori misure di contrasto al traffico di esseri umani, non sono pochi gli aspetti tuttora preoccupanti.
Il rafforzamento legislativo, che va dagli emendamenti al codice penale alla tutela dei minori non accompagnati, non cancella i timori relativi all’assistenza delle vittime. Il Piano nazionale anti-tratta è stato adottato nel febbraio 2016 in attuazione della direttiva 2011/36/UE, con l’obiettivo di guardare sia alla tutela delle sopravvissute che alla loro assistenza e integrazione. Spesso, però, benché il programma di protezione nel nostro Paese sia uno dei più avanzati, l’insufficienza dei fondi a lungo termine destinati alle organizzazioni di settore finisce con l’ostacolare anzitutto il reinserimento sociale.
Aumentare fondi e incentivi, creare centri per le vittime richiedenti asilo: le raccomandazioni di operatori ed esperti
Per questo è stato accolto con favore dagli osservatori come GRETA l’aumento dei finanziamenti di bilancio destinati ai progetti contro la tratta. Un problema lamentato dagli operatori riguarda il nodo degli incentivi all’assunzione delle donne che hanno sporto denuncia: l’assenza di disponibilità rende impossibile per l’associazione impegnata nel recupero reperire loro un impiego e assicurarsi così di evitare il fallimento del ritorno nella spirale dello sfruttamento al termine del programma di protezione. C’è poi il problema dei rimpatri, con i rischi che comportano per le vittime.
Fra le raccomandazioni degli esperti alle autorità italiane è stata infine sottolineata la necessità di creare centri dedicati per i richiedenti asilo vittime di tratta: tale categoria è infatti la più vulnerabile al traffico di esseri umani. Casi di cronaca come questo confermano il bisogno di maggiori sforzi da parte del nostro Paese nell’ambito dell’assistenza.
Camillo Maffia