Trasformare la plastica in energia potrebbe diventare una realtà, grazie a una rivoluzionaria ricerca svolta dalla Purdue University.
Chi se lo sarebbe mai aspettato che la scienza avrebbe trovato un processo per trasformare la plastica in energia? Eppure, nel corso della storia, l’umanità è stata più e più volte stupita con le incredibili scoperte scientifiche. La stessa plastica ha di per sé una storia piena di promesse di un mondo migliore e più comodo, purtroppo non sempre mantenute.
Le origini della plastica
Il tema delle materie plastiche ebbe origine con Alexander Parkes. Lo scienziato brevettò nel 1861 il primo di questi materiali. Invece in Italia il grosso sviluppo della plastica lo si ebbe grazie a Giulio Natta. Il chimico italiano vinse il premio Nobel, insieme a Karl Ziegler, per gli studi dei polipropileni isotattici (ovvero un tipo di polimero o, come viene più comunemente chiamato, plastica). Una delle sue creazioni più conosciute è stato il Moplen.
Sfortunatamente, l’elevata produzione di plastica, congiunta ad un atteggiamento consumistico di “usa e getta”, ha letteralmente inondato l’ambiente di questi materiali. L’emergenza ambientale è di grande importanza, poiché si tratta di oggetti altamente inquinanti e praticamente non biodegradabili. Per questi motivi l’Unione Europea e altri Paesi del mondo stanno portando avanti delle politiche finalizzate al contenimento dei polimeri.
Verso nuove soluzioni
Il percorso però è ancora lungo e tortuoso. Fortunatamente potrebbe essere stata trovata una soluzione per trasformare circa il 25% dei rifiuti plastici in carburante. La tecnica in grado di trasformare la plastica in energia è ancora in fase di perfezionamento e sicuramente non sarà la soluzione definitiva se, insieme alle scoperte scientifiche e alle innovazioni tecnologiche, non si apportano cambiamenti anche all’attuale stile di vita.
La ricerca del procedimento che trasforma la plastica in energia è stata svolta dalla Purdue University (pubblicata su ACS Sustainable Chemestry and Engineering) e potrebbe incentivare nuovi investimenti economici, in grado di rilanciare l’industria del riciclo. La tecnica si fonda su alcune specifiche proprietà dell’acqua: quando viene riscaldata per un periodo di tempo prolungato (si parla di svariate ore) ad una temperatura di circa 500 gradi Celsius e allo stesso tempo viene compressa, inizia a comportarsi sia come un liquido che come un gas. Questa ambivalenza conduce ad una riorganizzazione delle molecole del polipropilene verso la formazione di un prodotto chiamato nafta.
I ricercatori che hanno lavorato nel team guidato da Wan-Ting Chen hanno dimostrato l’efficacia dell’innovazione. Infatti sono riusciti a convertire più del 90% del polipropilene, trasformando così la plastica in energia. Inoltre sembra che il processo sia potenzialmente ecologicamente più pulito ed energeticamente più efficace, rispetto al tradizionale incenerimento e riciclo dei rifiuti in questione.
Emmanuele Occhipinti