Il trapianto di testa sembrava, fino a non troppo tempo fa, un’operazione irrealizzabile, quasi disumana, ma seppur eseguito su un cadavere, il team dell’università di Harbin, guidato dal chirurgo cinese Xiaoping Ren, è riuscito nell’impresa. Ad annunciare il successo in conferenza stampa a Vienna è stato il neurochirurgo italiano Sergio Canavero, il quale ha fatto parte dell’equipe.
Senza andare troppo nello specifico, l’intervento consiste nell’espiantare la colonna vertebrale insieme alla testa, per poi riconnetterla sul corpo di un donatore, il quale dopo settimane di coma farmacologico per la rigenerazione dei nervi, riuscirebbe a muoversi e spostarsi. Il primo tentativo di questa operazione fu eseguito su 9 topi, e riscontrando esito positivo, fu poi eseguito anche sui cani, l’anno scorso sui primati, ed ora si può parlare anche di un caso umano, seppur non in vita. Il prossimo step è il trapianto di testa sul corpo di un donatore in morte cerebrale, e sembrerebbe esserci perfino già un volontario: Valery Spiridonov, 31enne russo, è affetto dalla sindrome di Werdnig-Hoffman che porta alla paralisi completa.
Tuttavia, questo evento è stato accolto con molto entusiasmo quanto con molte critiche, soprattutto sul piano morale: potrebbero ad esempio sorgere problemi sociali, quale quello della paternità nel caso in cui il ricevente del corpo dovesse essere in grado di procreare. Gli spermatozoi porterebbero infatti il corredo genetico del donatore e non quello del paziente sottoposto al trapianto.
Inoltre noi esseri umani abbiamo caratteristiche emozionali molto più complesse rispetto agli animali, il paziente continuerà a sentirsi se stesso dopo l’intervento chirurgico oppure no?
Sul piano scientifico invece, molti medici hanno presentato numerose e svariate motivazioni per le quali sono scettici sulla buona riuscita dell’intervento e inoltre fanno presente la mancanza di dettagli: i cadaveri hanno subito prima asportazioni di organi? Sono stati utilizzati sistemi di supporto?
La questione è profondamente complessa, ciò nonostante, per quanto ironicamente si possano fare paragoni col dottor Frankenstein, è importante pensare che per le persone il cui corpo è stato danneggiato in modo irrimediabile, sarebbe un’enorme ancora di salvezza.
Roberta Rosaci