Persone transgender e transfobia: cos’è e perché riguarda chiunque

bandiera transgender

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Transfobia: cos’è e perché non riguarda solo le persone transgender.

Transfobia: per transfobia si intende un atteggiamento stigmatizzante e discriminante (impregnato di disinformazione) nei confronti della comunità transgender e delle persone al suo interno ( donne trans, uomini trans e persone non binarie).

Come si palesa la transfobia? Nella pratica ciò si realizza con insulti, offese, violenza, campagne politiche o ideologiche volte a screditare o sminuire la dignità e diritto di esistenza di queste persone, esclusione dal mondo del lavoro, vita sociale e molto altro.

Stando al report TdoR (Trans Day of Remembrance) 2018 l’Italia era il secondo Paese per morti di persone transgender, seconda solo alla Turchia.

Consultando la Trans Rights Map  è possibile analizzare l’andamento di riconoscimenti legali, violenze, accoglienza nel sistema sanitario e molto altro Paese per Paese, con una mappa interattiva. Su 30 indicatori selezionati l’Italia ne soddisfa solamente 7, quasi tutti relegati all’ambito di riconoscimento legale di genere, quali rettifica dei documenti ed eventuale percorso medicalizzato non (più) obbligatorio. D’altronde, sempre in Italia, il DDL Zan, volto a tutelare varie categorie minorizzate, è stato affossato con clamorose scene di gioia di una grande fetta delle persone lì presenti.

Tutto ciò cosa implica per delle persone transgender?

Senza dilungarsi su conseguenze (tristemente) immaginabili quali violenze ed insulti e limitandosi alla quotidianità, una persona è soggetta a violenza (verbale e/o fisica) nell’ambito familiare perché transgender, spesso cacciata, abbandonata dalle persone amiche e subisce pesanti ripercussioni in ambito scolastico, lavorativo e sociale e spesso non si hanno i mezzi o i soldi per intraprendere una qualsiasi trafila,burocratica o medica che sia.

A scuola ci si sente sminuire con insegnanti che spesso contribuiscono al mantenimento di queste dinamiche e al misgendering ( utilizzo dei pronomi sbagliati e del deadname, cioè del nome assegnato alla nascita alla persona) per ignoranza e mancanza di formazione. Svolgere mansioni basilari quali andare all’ufficio postale ( o utilizzare un Green Pass in tempo di Covid) diventano una spada di Damocle, che forza le persone a coming out continui a sconosciuti, a doversi giustificare o a vedersi portare via dalle forze dell’ordine chiamate dai funzionari di turno, che pensano che i documenti siano falsi ( esempio basato su una storia vera). Poi c’è il problema troppo di frequente sottovalutato dei bagni. Una persona transgender in che bagno deve andare? I bagni delle donne diventano un covo di urla e minacce per le donne transgender, additate come “uomini mascherati” ed i bagni degli uomini spesso cimiteri. E le persone non binarie? Se la loro espressione di genere ( cioè l’apparenza, il modo di porsi, vestire etc) è femminile ( o maschile) ma non sono donne ( o uomini)? O se hanno un’espressione di genere androgina?

Si dovrebbero fare bagni in base ai propri genitali allora? Ma allora come si potrebbe fare con molte persone intersex?

Il risultato di questo fenomeno sociale dei bagni binari e divisi per genere ha portato tantissime persone transgender a non utilizzare bagni fuori casa, tanto che si è coniato il termine trans bladder syndrome” ( sindrome della vescica trans). Lily Stafford, attivista LGBT+ e laureata in biochimica, ha illustrato come,stando ad uno studio statunitense del 2015, risulti che l’8% delle persone transgender sviluppi problemi al fegato o infezioni al tratto urinario per non essere andata in bagno– per paura o per discriminazione(STAFFORD, 2020 : “Can we talk about sex?”). Una ricerca del 2018 (LGBT in Britain-Trans Report 2018) ha ugualmente dimostrato come il 48% delle persone transgender in Regno Unito non si senta al sicuro ad utilizzare il bagno corretto per paura delle conseguenze. Inoltre non si tratta solo di sviluppare problemi fisici e di avere l’ansia in questi contesti, ma di una paura generalizzata di quando si sta in pubblico. Limitare la possibilità di accesso ai bagni – direttamente o indirettamente- limita la possibilità di avere una vita pubblica nella media. Di avere e fare vita sociale.

Questi esempi sono solo piccolezze quotidiane che le persone transgender sono costrette ad affrontare per poter semplicemente vivere, lavorare e fare quello che tutto il resto delle persone cis fa normalmente. Devono affrontare barriere sociali, legali, mediche, e quotidiane che portano ad un tasso di depressione e suicidi allarmante. Stando ad uno studio del National Center for Transgender Equality in the USA del 2011, al quale hanno partecipato persone transgender binarie e non binarie, il 41% dei partecipanti ha dichiarato di aver tentato il suicidio,il 78% di bambini di genere non conforme ha subito discriminazioni a scuola ed il 15% ha dovuto abbandonarla per evitare abusi.

Metà degli intervistati ha subito discriminazioni sul posto di lavoro, un quinto è stato cacciato di casa in quanto transgender ed ha vissuto per strada ed una buona parte di loro si è vista chiudere le porte in faccia dai vari centri di accoglienza sempre in quanto transgender. Più della metà è stata molestata in pubblico e più di un quarto anche dalle forze dell’ordine. Un altro quarto ha subito molestie anche in contesto ospedaliero, dalle discriminazioni e derisioni da parte del personale medico ad esami immotivati e forzati dei genitali.

Attenzione però a pensare che tutto ciò non riguardi in alcun modo le persone cis e solo le persone transgender. La transfobia tocca chiunque.

Dopotutto quale è il senso dietro, ad esempio, la divisione binaria dei bagni? Purtroppo non è mai bastata una porta con una donnina sopra a fermare stupratori o assassini dal perseguire il proprio obiettivo, anche se uomini. Lo stesso discorso vale anche per le donne. Ridurre la propria identità di genere ad un organo, inoltre, è riduttivo ed impreciso. Si è uomini,ad esempio, solo perché si ha un pene? Quello è l’unico elemento caratteristico? L’unica base? Torna di nuovo, allora, la domanda: e le persone intersex? Sono immaginarie?

Basti anche pensare alla quantità di insulti su base omotransbifobica con i quali le persone che si allontanano dalla “norma” vengono socialmente “sanzionate”. Da battutine ed occhiatacce, ad offese misogine e omofobe (sempre miste a transfobia) se un uomo etero cis si veste in un certo modo o si comporta in un altro, portandolo alle lunghe o all’infelicità o a sopprimere il suo originario modo di essere.
Il mondo non è rigido e binario come spesso si cerca di far credere. Le persone sono molto più complesse di un sistema binario (in tutti i sensi) ed anche la società non è più adatta ad essere letta ancora con occhiali di un altro contesto.

Combattere contro la transfobia significa combattere anche contro la misoginia e l’omofobia, significa riconoscere cosa ci sia dietro certi meccanismi ed ammettere l’errore, e questo processo non può che giovare ad ogni singola persona disposta a farlo.

 


Flavia Mancini

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