Traffico di esseri umani in Italia: possiamo fare di più?

Traffico di esseri umani in Italia

Il Gruppo di esperti in Azione contro il Traffico di Esseri Umani del Consiglio Europeo (GRETA) avverte l’Italia: poche indagini e condanne, e un clima di criminalizzazione delle vittime

Il traffico di esseri umani in Italia è un tema che richiede una maggiore attenzione da parte delle autorità e della società.

Questo è ciò che chiede GRETA (Gruppo di esperti in Azione contro il Traffico di Esseri Umani del Consiglio Europeo). Il Gruppo, insieme a un Comitato composto dai rappresentanti presso il CM degli Stati membri della Convenzione, ha la funzione di monitorare l’applicazione degli obblighi contenuti nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani.
Ogni quattro anni, pubblica un rapporto per ciascuno Stato.

Pur riconoscendo che, rispetto al precedente report del 2019, l’Italia ha fatto dei passi avanti, ci sono ancora diverse criticità di cui il governo dovrebbe occuparsi.

Traffico di essere umani in Italia: i numeri odierni

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da GRETA, il numero di possibili vittime di traffico in Italia si aggira tra le 2.100 e le 3.800 all’anno, e riguarda perlopiù migranti provenienti da Nigeria, Costa d’Avorio, Pakistan, Bangladesh e Marocco.

Predominante è lo sfruttamento sessuale (84% nel 2018, 59% nel 2022), che tocca principalmente le donne (80% delle vittime totali). Ma cresce il numero di vittime anche tra uomini e transgender.
Inoltre, è in aumento anche lo sfruttamento lavorativo (10% nel 2018, 38% nel 2022), prevalentemente nei settori di agricoltura, tessile, servizi domestici, edilizia, ospitalità e ristorazione. Il restante 1-2% di vittime della tratta riguarda gli individui obbligati a matrimoni forzati, servitù domestica, e criminalità forzata.

Tuttavia, questi numeri rappresentano solo una piccola parte del fenomeno reale, che rimane molto difficile da quantificare.




Infatti, secondo la Hotline Nazionale Anti-Traffico, il numero di persone che rischiano di essere vittime si aggira tra 15.000 e 20.000. Il grande divario è determinato dalle difficoltà nell’identificazione delle vittime e dal timore delle stesse di subire punizioni o deportazioni.
In particolare, le misure restrittive sull’immigrazione favorirebbero un “clima di criminalizzazione” verso le potenziali vittime, spingendole a non denunciare per non rischiare ritorsioni.

Va riconosciuto, comunque, che l’Italia ha fatto diversi passi avanti dopo il precedente rapporto del 2019. Tra questi: l’adozione di un nuovo Piano d’Azione Nazionale, l’aumento di finanziamenti per l’assistenza alle vittime, e lo sviluppo di procedure per l’identificazione delle vittime tra i richiedenti asilo. Inoltre, per quanto riguarda lo sfruttamento nel lavoro, l’Italia ha preso importanti misure, come l’adozione di linee guida in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime in ambito agricolo.

Ma il traffico di esseri umani in Italia continua a essere profondamente radicato, e GRETA chiede all’Italia di fare tutto il possibile per prevenire, e punire, tali abusi.

Sospendere il Memorandum Italia-Libia per salvare vite umane

Nel suo rapporto sul traffico di esseri umani in Italia, GRETA evidenzia come il Memorandum Italia-Libia ponga i migranti in situazioni di grande rischio.

In virtù del Memorandum, le autorità italiane forniscono alle autorità libiche i mezzi e gli strumenti per condurre operazioni di sicurezza e soccorso. Quando, però, i migranti arrivano in Libia, questi vengono collocati, a tempo indeterminato, in centri di detenzione gestiti dalle autorità libiche fino al rimpatrio forzato. In tali centri, grazie alle indagini di numerose ONG (tra cui Amnesty International e Human Rights Watch), sono state rilevate condizioni equivalenti a tortura, trattamenti inumani e degradanti e sfruttamento.

Negli anni, sia la Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU), sia il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU, hanno notificato all’Italia il fatto che gli accordi con la Libia non fossero in linea con i diritti umani dei migranti.
Più recentemente, nel gennaio 2023, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha invitato l’Italia a sospendere il Memorandum con la Libia.
Un invito ribadito nell’ultimo rapporto di GRETA, che evidenzia una maggiore presenza di vittime, o potenziali vittime, lungo la tratta Italia-Libia.

A detta delle autorità italiane, la cooperazione con le autorità libiche è intesa a rafforzare le loro capacità di gestire i flussi migratori e combattere la tratta di esseri umani, riducendo nel contempo il numero di morti in mare. A questo stesso proposito, recentemente, è stato sottoscritto anche un protocollo con l’Albania. Il quale, assicura il governo, “non si applicherà alle persone vulnerabili, incluse le vittime di tratta“.

Ma il “contrasto al traffico di migranti”, così come inteso dall’Italia, non convince GRETA.
Infatti, il proposito del governo di “cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo” non tiene conto del fatto che i capitani delle barche potrebbero essere a loro volta vittime, costrette a partecipare ad attività criminali mediante violenza, abusi e minacce.

Traffico di esseri umani in Italia: quali sono i prossimi passi?

Nonostante i passi avanti fatti dall’Italia, GRETA esorta il Paese a rispondere ad alcune problematiche.

GRETA sottolinea anche l’urgenza di intensificare le risposte della giustizia penale che, stando ai dati, sono in diminuzione.
Le indagini devono essere proattive e tempestive, e le sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate.
Per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo, gli ispettori del lavoro devono disporre di risorse sufficienti per indagare e monitorare i settori a rischio, e per garantire che le condizioni di vita e di lavoro dei soddisfino i requisiti previsti dalla normativa.

Infine, perché il numero di procedimenti giudiziari e condanne aumenti, le vittime devono essere maggiormente tutelate in fase di denuncia. Perciò, è importante che l’Italia garantisca la non punibilità delle vittime costrette al coinvolgimento in attività illecite.

Dopo di che, è importante garantire supporto alle vittime.
In particolare, queste devono poter entrare facilmente e velocemente in contatto con le autorità competenti, ricevendo informazioni sui loro diritti, assistenza legale, sanitaria e psicologica. Il tutto deve essere garantito in diverse lingue, e tenendo conto di capacità intellettuali ed emotive, di alfabetizzazione e di disabilità delle vittime.
Il sistema di risarcimento deve essere più accessibile e deve rispondere in tempi ragionevoli. Ad oggi, il sistema impiega anni per attivarsi. E, spesso, non funziona per mancanza di beni o proprietà sequestrati agli autori del reato. Secondo le stime, da quando è stato istituito il fondo, solo una vittima ne ha avuto accesso.

Ma, perché tutto ciò sia possibile, è necessaria una maggiore sensibilizzazione sul tema. Sia nei confronti di autorità di polizia, tribunali e mediatori culturali, sia nei confronti della società civile, perché faccia la sua parte nel chiedere giustizia.

Giulia Calvani

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