Il traffico di esseri umani: il tragico fenomeno degli “invisibili”

Traffico di esseri umani: il tragico fenomeno degli invisibili

Secondo l’ultimo Rapporto globale 2022 dell’Ufficio delle Nazioni Unite UNODC, il traffico di esseri umani coinvolge oltre 150 Paesi di origine e almeno 124 di Paesi di destinazione. Per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), sarebbero 50 milioni le vittime nel mondo sottoposte a terribili pratiche di sfruttamento come lavoro forzato e prostituzione e quasi un terzo sono minori. Considerando la portata transnazionale delle reti criminali colpevoli di tratta, la Commissione Europea ha emanato un nuovo piano strategico 2021-2025 per contrastare il fenomeno, proteggere le vittime e assicurare alla giustizia i colpevoli. Ma quali sono stati i risultati raggiunti finora?

Oggi si celebra la Giornata Internazionale contro il traffico di esseri umani,  istituita nel 2013 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/68/192. Si tratta di una giornata importante perché riporta l’attenzione su un tema tragico e complicato allo stesso tempo. Nonostante le  misure adottate a livello internazionale e nazionale, la tratta di esseri umani rimane una delle grandi (e gravi) sfide che la comunità internazionale deve affrontare e per cui deve saper fornire risposte adeguate ed efficaci. Ma che cosa si intende per tratta di esseri umani? E chi ci guadagna? Soprattutto, cosa si sta facendo per arginare e prevenire il fenomeno?

Il traffico di esseri umani

La tratta di esseri umani è stata definita a livello internazionale nel 2000 da uno dei tre Protocolli addizionali alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine transnazionale organizzato, il cosiddetto Protocollo addizionale sulla Tratta (noto anche come Protocollo di Palermo). All’articolo 3 si legge che la “tratta di persone indica il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso di un soggetto che ha il controllo su un’altra persona, lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro o servizi forzati, la schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, l’asservimento o l’espianto di organi”.

La tratta di esseri umani non deve quindi essere confusa con il traffico di migranti (noto come “smuggling”), cioè il crimine che consiste nello spostamento illegale di una o più persone da uno Stato all’altro con il consenso della persona trafficata e senza finalità si sfruttamento. In realtà, però, molto spesso i due fenomeni di sovrappongono: può infatti accadere che, in quanto categorie fragili e in svantaggio rispetto al trafficante, una persona migrante può diventare vittima di tratta in un secondo momento del viaggio che aveva deciso di intraprendere, a causa del debito che viene contratto o dell’inganno da parte del trafficante.

Chi ci guadagna

La tratta di esseri umani è ancora oggi uno dei mercati illeciti più diffusi e proficui in tutto il mondo  dopo quello relativo al traffico di droga e armi. Secondo il nostro Ministero dell’Interno, le organizzazioni straniere che gestiscono questo tipo di traffici illegali presentano una “spiccata vocazione transnazionale”, con vertici o referenti nelle loro nazioni di origine o all’estero, da dove operano in rete con cellule e contatti dislocati negli altri Paesi. In questo modo, possono dare luogo alla formazione di rapporti multietnici, con capacità di collaborare anche oltre le frontiere e gestire l’intero commercio.




Tra le strutture organizzative criminali dietro la tratta di esseri umani troviamo le organizzazioni etniche, che pianificano e gestiscono lo spostamento dal Paese di origine a quello di destinazione, poi ci sono quelle delle zone di confine che si occupano, su mandato delle prime, di fornire documenti falsi, scegliere le rotte e le modalità di trasferimento. Il livello più basso sarebbe costituito dalle organizzazioni dei Paesi di destinazione, che “accolgono” i migranti per sistemarli definitivamente, trasferirli o consegnarli nelle mani di altri trafficanti che, in questo caso, costituiscono un ulteriore livello in quanto sono quelli che beneficeranno dell’asservimento  e dello sfruttamento della vittima.

I mercati più remunerativi dove sfruttare le vittime di tratta, di cui spesso fanno parte anche minori, sono quelli dello sfruttamento sessuale, del lavoro (per lo più nel settore agricolo, edile, manifatturiero e della ristorazione), dell’accattonaggio e spesso in attività illegali come lo spaccio di stupefacenti, furti e ricettazione.

Le vittime del traffico di esseri umani

Secondo l’ultimo Rapporto di UNODC, donne e bambini sono le categorie più colpite dallo sfruttamento della tratta. Donne e ragazze rappresentano il 60% del totale delle vittime identificate nel 2020. Le vittime di sesso femminile sarebbero esposte a forme di violenza fisica tre volte più degli uomini. Lo stesso vale per bambine e bambini che sono più esposti a forme di violenza e sfruttamento rispetto agli adulti. E questo vale per tutti i Paesi di origine, a prescindere dal tipo di criminalità coinvolta nello sfruttamento.

Le aree in cui si concentra la tratta e lo sfruttamento di ragazze e ragazzi minorenni riguardano principalmente regioni a basso reddito come l’Africa centro-occidentale, America centrale con i Caraibi e l’Asia meridionale. Adulti e giovani adulti vengono maggiormente sfruttati nelle aree geografiche a medio o alto reddito come Europa, America settentrionale o Asia (Russia in particolare).

Cosa stanno facendo gli Stati per prevenire il fenomeno

L’ultimo rapporto “Trafficking in Persons” dell’U.S. State Department del 2023, rileva la situazione globale rispetto all’applicazione del protocollo di Palermo relativo alla prevenzione, soppressione e punizione del traffico di esseri umani. Nel report è possibile trovare una classificazione dei Paesi del mondo in base a come ogni governo ha portato avanti o meno azioni di prevenzione e contrasto al fenomeno. In questa tabella, al livello 1, il più efficiente, troviamo paesi come Belgio, Canada, Austria, Stati Uniti, Svezia e Namibia. L’Italia si colloca invece al livello 2, accanto a paesi come Albania, Marocco, Bangladesh, Nigeria. Al terzo livello troviamo gli “Stati Sorvegliati”, come Belize, Cambogia, Burundi e altri. Al livello più basso invece troviamo Russia, Cina, Afghanistan, Iran e altri paesi dell’Africa e America centrale.

Il piano strategico anti-tratta 2021-2025

Secondo le statistiche più recenti dell’UE, su circa 14mila casi identificati come vittime di tratta, un quarto sono minori. La Commissione Europea ha quindi emanato il nuovo piano strategico 2021-2025 che si fonda su quattro punti principali per il contrasto alla tratta di esseri umani:

  1. Riduzione della domanda che favorisce la tratta
  2. Smantellamento del modello commerciale dei trafficanti sia online che offline
  3. Protezione, sostegno ed emancipazione delle vittime
  4. Promozione della cooperazione internazionale

In Italia, il sistema di coordinamento, monitoraggio e valutazione delle politiche di prevenzione è in capo al Dipartimento per le Pari Opportunità. Secondo Save The Children, analizzando le quattro direttive in relazione al Piano Nazionale di contrasto alla tratta, emerge come ci sia bisogno di lavorare ancora in termini di “prevenzione del rischio” e non solo “prevenzione del danno”, soprattutto su minori stranieri non accompagnati.

Nonostante l’Italia abbia infatti implementato nel 2020 il Piano nazionale contro lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura e abbia approvato per la prima volta un meccanismo nazionale di riferimento per l’identificazione e l’assistenza delle vittime di tratta e sfruttamento nel settore agricolo, lo Stato italiano non soddisfa ancora i criteri minimi sotto diversi aspetti fondamentali, motivo per cui, nella classifica dell’U.S. State Department, rimane al livello 2.

Si registrano infatti negli ultimi anni un calo del numero di indagini sui casi di tratta e continua a non esserci un piano d’azione nazionale indipendente, necessario per il coordinamento delle iniziative nazionali per il contrasto al fenomeno. Anche il numero delle vittime assistite è diminuito e nessuna di loro è stata risarcita. Rimangono anche le carenze dei sistemi di identificazione delle vittime e delle misure di tutela delle stesse da possibili conseguenze penali per atti illeciti che siano state costrette a commettere dai trafficanti, che determinano in molti casi condanne e pene detentive per le vittime.

Inoltre, non esiste una banca dati pubblica unica che raccolga le statistiche sulle indagini, i procedimenti giudiziari, le sentenze di condanna e le pene comminate ai trafficanti di persone o alle loro vittime, una carenza sottolineata anche dal Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani (GRETA). I procedimenti giudiziari relativi alla tratta di esseri umani sono infatti gestiti da reparti specializzati dell’antimafia.

I partenariati “strategici”

Il 13 luglio è stato riunito il Comitato tecnico per il Piano Nazionale Antitratta presso il Dipartimento delle Pari Opportunità, alla presenza della Ministra Roccella. Il 16 luglio, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si recava in Tunisia per firmare un memorandum d’intesa con il presidente Saied. Il 23 luglio si teneva a Roma la Conferenza su sviluppo e migrazioni con le nazioni del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa.

Dalla conferenza è emerso che il piano del governo Meloni, che vuole farsi portavoce dei rapporti tra Europa e Africa nel Mediterraneo, per la lotta ai trafficanti di esseri umani si basa sostanzialmente sul modello raggiunto con la Tunisia.

Secondo il CIR, l’accordo con la Tunisia sarebbe contro il diritto internazionale e i diritti umani. “Così come è già successo con la Turchia di Erdogan e con la Libia delle milizie, l’UE, per cercare di contenere gli arrivi sulle coste italiane e d’Europa, finanzia un regime che ha cancellato le garanzie democratiche al proprio interno. E lo fa senza porre alcuna concreta condizionalità sul rispetto dei diritti umani fondamentali“. L’accordo quindi ha l’unico obiettivo di impedire alle persone di partire, inasprendo i controlli delle frontiere e rilanciando la retorica dell’invasione e della sicurezza nazionale.

Come è stato detto in precedenza, non è inusuale ormai che durante il viaggio o durante le lunghe permanenze nei campi profughi, sfollati e rifugiati rientrino sempre più nel mirino delle reti criminali e che quindi diventino vittime di tratta. I dati raccolti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono preoccupanti: più del 70% dei migranti in transito dal Nord Africa verso l’Europa è vittima di tratta, traffico di organi e altre forme di sfruttamento. Con i modelli di partenariato promossi dal governo italiano e dall’Europa non si fa altro che delegare la gestione delle rotte migratorie a Paesi caratterizzati da instabilità politica e regimi autoritari, rendendo difficile (se non impossibile), di fatto, arginare il fenomeno dell’immigrazione illegale e della tratta di esseri umani.

Aurora Compagnone

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