“Tradurre dall’inglese libri non scritti in inglese”. No, non è un gioco di parole, né uno scioglilingua. Ma la sintesi di un fenomeno molto presente in ambito editoriale. Nel mondo dell’editoria è diffusa la pratica di tradurre un testo non dalla lingua originale, in cui è stato scritto, bensì dalla sua traduzione in inglese. Quali sono i motivi di questa scelta e quali possono essere le possibili conseguenze? Ormai, sono numerose le università in cui si studiano lingue straniere europee ed orientali, tra queste vi sono: l’Università Orientale di Napoli, la Sapienza di Roma, la Statale di Milano e la Ca’ Foscari di Venezia. Molte case editrici ricorrono a questo espediente, se la lingua di partenza è “lontana” rispetto a quella del Paese in cui verrà stampato.
Errori e snaturamento del testo originario
Innanzitutto, se il traduttore non è una persona competente e preparata, potrebbe incorrere in errori anche grossolani nella traduzione. Si tratta di un procedimento molto delicato e richiede molto tempo e molta cura per riuscire nel migliore dei modi. Tradurre dall’inglese o da qualsiasi altra lingua implica una eccellente conoscenza di tale lingua. Bisogna conoscerne la grammatica, il lessico, la morfologia, la sintassi ed i diversi registri linguistici. Non solo, bisogna riuscire a coglierne le sfumature e le venature ironiche e non. Pensiamo, ai modi di dire o ai proverbi: in lingua originale, hanno un certo significato, ma se poi li si traduce in un’altra lingua perdono il significato originale, assumendo un altro senso.
Il caso de La vegetariana di Han Kang
La presenza di errori e il cambio di significato del testo è proprio quanto è successo ad un libro intitolato La vegetariana di Han Kang. Il romanzo narra la storia di una donna che, a seguito di diversi incubi, diventa vegetariana e cerca di vivere come una pianta. Pubblicato nel 2007 in Corea del Sud, inizialmente ha avuto una fortuna contenuta. Nel 2016, La vegetarina ha vinto il Man Booker International Prize a Londra (è il riconoscimento letterario britannico più importante. Con la vincita di questo premio, la fama del libro è cresciuta notevolmente e con essa la richiesta di traduzioni. Bene, il libro è stato pubblicato prima in inglese e poi in altre lingue, tra cui l’italiano.
Il parere di un esperto
Proprio la traduzione in inglese ha generato diverse critiche, il perché? Lo ha spiegato sul Los Angeles Times Charse Yun. La traduttrice Deborah Smith aveva studiato solo 3 anni prima il coreano, dunque non poteva di certo averne una conoscenza approfondita. Difatti, ha compiuto diversi errori, come tradurre “piede” con “braccio” o sbagliare il soggetto di una frase ed ha apportato delle modifiche sostanziali allo stile dell’autrice. Soprattutto, quest’ultima operazione è stata reputata una delle più illegittime, poichè è stata effettuata per rendere il romanzo più appetibile per un pubblico anglofono. Ma è proprio questo il nodo fondamentale della traduzione: ogni testo viene pensato e scritto da un autore per un certo pubblico; se il traduttore non tiene conto di questo, snatura il senso di questo testo.
Un’operazione ancora necessaria?
Una volta si passava da una “lingua ponte” (nella maggior parte dei casi l’inglese), perché in pochi conoscevano le lingue orientali o comunque meno diffuse nel mondo occidentale. Ma oggi è ancora necessario? Assolutamente no, anzi le case editrici più importanti non lo fanno e traducono direttamente il testo originale, senza passare per una lingua intermedia. Così si evitano duplicazioni di errori (da parte del primo e del secondo traduttore), limitando il lavoro di interpretazione e manipolazione del testo da parte del traduttore. Non tocca a lui cambiare il senso del libro che ha davanti, il suo ruolo è un altro: tradurre quel testo dalla lingua in cui è stato scritto ad un’altra, mantenendone integro il significato di partenza.
Carmen Morello