Tradizione argentina e radici nere. Qual è la vera storia del paese?

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Da chi o cosa discendono gli argentini? qual è la vera la tradizione argentina, la storia autentica del paese?

La risposta, palesemente sarcastica, dello scrittore argentino Uki Goni, è “dalle navi”. Ovviamente, quelle che partirono dall’Europa nell’ottocento e nel novecento, non quelle arrivate dall’Africa cariche di schiavi nei trecento anni precedenti.  Quindi, la tradizione argentina, in realtà, coinciderebbe con la tradizione europea.

Nazionale di calcio, Maradona e Messi, grandi scrittori, clima mite e città europee. E’ questo che si configura nell’immaginario collettivo, se si pensa al paese del Tango. La tradizione europea è così radicata, che gli stessi argentini percepisco gli immigrati e i dominatori d’oltre oceano come gli unici antenati possibili. 




Anche Jorge Luis Borges, in un intervista del 1975 con Goni, riferendosi all’Argentina, disse

questo paese non ha una tradizione. Non esiste una tradizione nativa perché gli indigeni qui erano semplicemente barbari. Dobbiamo rifarci alla tradizione europea, e perché no? E’ una grande tradizione.

Sicuramente Borges poteva vantare tradizioni europee, dato che la nonna era dello Staffordshire, nel Regno Unito, ma per un argentino moderno risultano parole anacronistiche.

La tradizione argentina non può certo avere inizio tra l’ottocento e il novecento, quando gli europei decisero d’immigrare; e nemmeno nei due secoli precedenti, nel periodo dei conquistadores spagnoli.

Nonostante l’Argentina non abbia avuto una civiltà precolombiana dominante, come per gli Inca del Perù e gli Aztechi del Messico, e nemmeno una popolazione nera autoctona e distinguibile come in Brasile, ciò non vuol dire che i nativi non ci fossero.

Al loro arrivo, i dominatori spagnoli hanno trovato la popolazione indigena dell’Argentina, i diaghiti, divisi in tribù. Si trattava di un popolo di agricoltori e allevatori di lama, artigiani e costruttori di dighe. La loro resistenza allo straniero, tra l’altro, fu più longeva di azteca e inca (caduti un secolo prima).

Dopo l’arrivo dei conquistadores, arrivò anche la tratta degli schiavi neri dall’Africa e la schiavitù in Argentina fu abolita nel 1853. Il resto è storia.

Com’è nata la tendenza a negare le origini indigene?

La tendenza a ignorare le discendenza amerindie e nere ha dato l’errata percezione che l’Argentina fosse un paese di bianchi puro sangue. Eppure, anche solo pensando alla nazionale di calcio, il sangue misto è palese a chiunque non sia così cieco da voler negare l’evidenza.

L’ossessione per la razza bianca, ha portato la popolazione stessa a negare le proprie discendenze. Questa mania è il risultato delle politiche attuate nell’ottocento, dopo l’arrivo dei primi coloni, che avevano l’obiettivo di “sbiancare” l’identità nazionale del paese. 

L’arroganza europea esercitata in tutti i territori in cui mettevano piede, ha portato alla rimozione delle radici nere del paese, con un certo successo nella percezione popolare, almeno fino al secolo scorso.

Il giornalista britannico Robert Cox, infatti, racconta che nel 1959 gli argentini si vantavano di essere l’unico popolo bianco dell’America Latina, negando palesemente l’evidenza. Nel corso del tempo, dunque, si è creato un vero e proprio mito “dell’Argentina solo europea”, fomentato dagli stessi argentini.

Eppure, a livello genetico, la mescolanza di razze è piuttosto evidente. Non si possono ingannare i geni. L’illusione prima o poi è destinare a cadere.

In un articolo, Uki Goni riporta una curiosità che può apparire divertente, se non fosse una palese testimonianza della manipolazione ottocentesca, profondamente radicata nell’immaginario del popolo argentino:

Alla domanda -dove sono gli afroargentini?- e sentire le stesse risposte “Non sono mai stati in tantissimi” e “Sono morti nelle guerre d’indipendenza”. In alcuni casi queste risposte arrivavano da persone che avevano palesemente antenati neri. Quando però glielo facevo notare sembravano a disagio e rispondevano in automatico: “Non erano neri, erano dell’Italia meridionale”

Questa percezione ha portato il popolo a ignorare completamente le proprie origini, alimentando l’idea che il patrimonio culturale e la storia siano semplicemente inconsistenti, non siamo mai esistiti.

Orgogliosi delle proprie origini

Peruviani e messicani amano le loro origini indigene, tanto da farne un simbolo nel paese; gli uruguayani, che pure hanno una percentuale di popolazione bianca piuttosto elevata, celebra apertamente la propria comunità nera. Solo in Argentina, caso unico per i paesi ispanofoni, si tende a esaltare la razza bianca.

Ciò non vuol dire che le elité europee vivano a stretto contatto con la popolazione meticcia. Si tende sempre e comunque a effettuare una sorta di autosegregazione, come per sottolineare una discendenza più elegante e raffinata.

La tradizione argentina, tuttavia, è diversa. In Argentina, però, l’autoesaltazione della razza bianca è stata portata alle estreme conseguenze. La costituzione argentina del 1853, infatti, si basa su un libro di Juan Bautista Alberandi, un pensatore e politico liberare dell’Argentina, per il quale gobernar es poblar, governare è popolare.

Per “popolare”, tuttavia, Alberandi intende “europeo”. Liberale quindi, fino al punto in cui siamo gli europei a esercitare il diritto. Dopotutto, secondo Alberandi, nessun gentiluomo si sarebbe mai vantato di avere origini indigene. 

Razzismo, estremo nazionalismo, predominio della razza. Tutti concetti sviluppati e estremizzati propri dai grandi liberali europei. Di nuovo, il resto è storia.

Alla riscoperta della tradizione argentina più autentica

In un periodo più recente, tuttavia, molti argentini hanno percepito il bisogno di riscoprire le proprie radici e le proprie tradizioni più autentiche.

Si sono guardati alla specchio e hanno riconosciuto i propri tratti genetici.

Il movimento Diafar (diaspora africana dell’Argentina), un’associazione che s’impegna a sensibilizzare la nazione sulle radici nere dell’Argentina, infatti, ha dimostrato che il 5% degli argentini ha origini africane. Una percentuale piuttosto elevata, se si pensa che la popolazione stessa ha negato per secoli l’idea stessa di essere nera.

I censimenti del passato non hanno certo aiutato: si preferiva nascondere gli antenati indigeni e africani sotto il tappeto, come un segreto da custodire gelosamente. Pena la morte sociale.

Gli argentini hanno negato se stessi per anni, plagiati da una cultura dominate e manipolatrice. L’idea stessa di razzismo e di origini indigene non sono argomenti che vengono presi facilmente in considerazione.

I progetti di ricerca in campo genetico e la crescente consapevolezza degli argentini sulle proprie origini, il desiderio di sfatare il mito del “popolo bianco”, ha portato il tema delle tradizioni autentiche dell’argentina, al centro del dibattito culturale.

Infatti, nel 2013 il ministero della cultura ha proclamato, l’8 novembre, la Giornata della cultura afro. 

L’Argentina, dopo secoli di oscurantismo, ha sentito il bisogno di recuperare le proprie radici e, passo dopo passo, il mito di un paese europeo e bianco in America Latina viene lentamente sfatato.

Antonia Galise

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