Tra speranza e perplessità, il 6 novembre, verrà inaugurata a Sharm El-Sheik la ventisettesima conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, la COP27. Si cercherà una rinnovata solidarietà tra i Paesi per realizzare lo storico accordo di Parigi nell’interesse degli umani e del pianeta.
Speranza e perplessità ruotano attorno alla ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Un evento che il presidente Abdel Fattah El-SiSi ha definito “un’opportunità per mostrare unità contro una minaccia esistenziale che solo noi possiamo superare attraverso soluzioni concrete e ottimizzazione”. Non mancano però le preoccupazioni. Molti studiosi sostengono che le Nazioni Unite, allo stato attuale, non siano in grado di elaborare soluzioni efficaci alla crisi climatica poiché non metterebbero in discussione ciò da cui essa davvero deriva: una cultura guidata dal paradigma della crescita illimitata.
Il paradigma della crescita illimitata.
Circa 250 anni fa in Inghilterra prendeva avvio la Rivoluzione Industriale. Grazie all’utilizzo dei combustibili fossili, essa permise il diffondersi del benessere dall’Europa al resto del mondo. Un benessere che ha poi conosciuto una grande accelerazione intorno agli anni 50 grazie ad una enorme crescita economica e ad una massiccia urbanizzazione. L’uomo entrava così in una nuova era geologica, l’Antropocene, di cui era assoluto protagonista. Egli rompeva con la circolarità dell’economia organica e si immergeva nel paradigma della crescita illimitata.
La crescita illimitata tra speranza e perplessità
Più il tempo passava, più ci rendevamo conto degli squilibri che la nostra crescita sfrenata aveva causato al sistema Terra. Nonostante questo non ci siamo mai scoraggiati. Pensando di non avere più alcun vincolo naturale e di poter plasmare l’ambiente a nostro piacimento, abbiamo sviluppato una visione ottimistica della crisi ambientale. Ci siamo convinti di poterla risolvere disaccoppiando l’economia dall’uso dei combustibili fossili. E’ la teoria della modernizzazione ecologica, la quale sostiene che lo sviluppo umano possa essere sostenibile attraverso l’uso di una tecnologia e di un mercato ottimizzati. Sostenibile ma non finito. Il paradigma della crescita illimitata non è affatto scomparso, anzi, continua ad essere l’obiettivo principale.
Riecheggiano le parole del presidente Abdel Fattah El-Sisi quando definisce la minaccia climatica qualcosa che “solo noi possiamo superare attraverso soluzioni concrete e ottimizzazione”. In effetti la teoria della modernizzazione ecologica è stata adottata dalle Nazioni Unite come risposta alla crisi globale e ora guida i suoi processi decisionali. Così si mantiene viva l’idea che la nostra storia sia fatta di puro progresso che procede per prove ed errori, impara dai suoi sbagli e sviluppa strumenti per oltrepassare i problemi. Oltrepassare, non risolvere.
Tra speranza e perplessità
Restare all’interno di questa narrativa significa credere che il mondo possa essere ancora ciò che l’uomo vuole che sia. Pur percependo la natura non-umana come una forza che si oppone al nostro comportamento, siamo convinti di poter superare tutto questo semplicemente migliorando le tecnologie di cui disponiamo, in modo che la crescita illimitata conviva con i limiti biofisici dello stesso. Perché la crescita illimitata è l’unico paradigma che conosciamo. L’alternativa è perire. Speranza e perplessità convergono intorno all’obiettivo di COP27. La speranza di quanti confidano nel progresso scientifico per far fronte alla crisi globale e la perplessità di quanti sono convinti che vada cambiato il sistema, non il pianeta.
Una soluzione è possibile?
COP27 non produrrà alcun risultato significativo se prima non si libererà dalla convinzione di un progresso infinito. L’unico modo per farlo è elaborare paradigmi alternativi alla crescita illimitata. Un’azione difficile ma non impossibile, che trae grande forza dalla voce di tutti quei soggetti umani e non-umani che la corsa al progresso ha lasciato indietro. Loro più di altri possono fornirci idee per un nuovo paradigma etico, economico e politico in grado di eliminare la minaccia climatica globale e non solo farci convivere con essa.