Nel suo libro Torri d’avorio e d’acciaio, edito da Edizioni Alegre, Maya Wind si immerge nelle complesse relazioni tra il mondo delle università israeliane e le dinamiche di potere che regolano il conflitto israelo-palestinese. Con un approccio meticoloso e una documentazione dettagliata, l’autrice smonta il mito dell’università come spazio neutrale di sapere e conoscenza, mostrando invece come le istituzioni accademiche possano essere strumenti di repressione, occupazione e controllo.
Il concetto di Torri d’avorio e d’acciaio
Il titolo del libro rappresenta perfettamente la tesi di fondo: le università non sono soltanto luoghi di elaborazione intellettuale isolati dal mondo, ma spesso partecipano attivamente alla costruzione di sistemi oppressivi.
La divisione tra le “torri d’avorio” (l’immagine tradizionale delle università come spazi di ricerca libera) e l’”acciaio” (simbolo della complicità con le forze di oppressione) è una rappresentazione potente di come il sapere, piuttosto che essere neutrale, possa essere utilizzato come strumento di dominio.
Maya Wind analizza in maniera approfondita come le università israeliane, tramite collaborazioni con l’esercito e l’industria bellica, siano essenziali nel perpetuare le politiche di occupazione. Gli studenti palestinesi, sia in Israele sia nei territori occupati, sono continuamente monitorati, perseguitati e repressi. Questo aspetto evidenzia come le università israeliane mettano in atto un meccanismo che silenzia il dissenso e opprime le voci critiche.
La “giudaizzazione” dei territori palestinesi attraverso l’accademia
Una delle critiche principali che Maya Wind muove alle università israeliane riguarda il processo di “giudaizzazione” dei territori palestinesi. Le università, in particolare quelle situate a Gerusalemme e nelle zone della Cisgiordania occupata, hanno un ruolo fondamentale nell’espansione degli insediamenti israeliani e nell’alterazione delle realtà storiche e culturali palestinesi.
Le università israeliane sono state e continuano a essere complice nell’esproprio di terre palestinesi per la costruzione di nuovi campus universitari, utilizzando il potere delle istituzioni accademiche per legittimare l’espansione coloniale. L’autrice documenta come, in questo contesto, l’educazione e la ricerca sono strumenti che hanno lo scopo di rafforzare la narrativa israeliana e giustificare l’annessione dei territori occupati.
La stretta connessione tra le università israeliane e la produzione di tecnologia militare è documentata con precisione nel libro mostrando come le università siano diventate laboratori dove si sviluppano le tecnologie utilizzate nel controllo dei palestinesi, nell’espansione degli insediamenti e nella sorveglianza dei territori occupati. Il Technion, per esempio, è descritto come un centro di ricerca che collabora attivamente con l’esercito israeliano nello sviluppo di droni, armi e tecnologie di sorveglianza che vengono poi impiegati nei territori palestinesi.
La persecuzione dei docenti critici dell’occupazione
La parte centrale del libro mette in luce non solo come la ricerca e l’insegnamento vengano utilizzati per perpetuare la colonizzazione e l’apartheid, ma anche come il sistema stesso agisca da strumento per disciplinare e reprimere chi osa mettere in discussione la narrazione dominante.
Le università israeliane, infatti, sono protagoniste di una sorta di “epistemicidio”, un processo che mira a sopprimere ogni forma di sapere che possa sfidare la legittimità del dominio israeliano. Maya Wind non si limita a documentare questo fenomeno, ma lo analizza anche attraverso una prospettiva storica e politica che tiene conto delle implicazioni più ampie di una complicità che travalica il confine della semplice collaborazione tra istituzioni accademiche e militari.
La realtà che emerge da Torri d’avorio e d’acciaio riguarda il legame tra le istituzioni accademiche israeliane e il sistema di potere che guida l’occupazione e la colonizzazione. Non si tratta solo di un sostegno teorico o di una legittimazione intellettuale; le università israeliane partecipano attivamente all’implementazione delle politiche di occupazione.
Nel suo libro, infatti, la scrittrice fornisce testimonianze dettagliate su come le università abbiano un ruolo attivo nella repressione dei dissidenti interni, tra cui docenti e studenti. La collaborazione con i servizi segreti e la promozione di teorie che giustificano le politiche di apartheid sono parte del sistema. Il caso di Nadera Shalhoub-Kevorkian, docente palestinese-araba, ne è un esempio drammatico: arrestata per le sue posizioni contro l’occupazione, è diventata un simbolo di come l’accademia israeliana reprima chi osa sfidare la narrazione ufficiale.
“L’università ha immediatamente preso le distanze dalla professoressa, degradando le sue ricerche a «opinioni personali» che «non rappresentano o esprimono in alcun modo la posizione dell’Università Ebraica». […] Nella sua stessa università ha riscontrato un palese disprezzo da parte di studenti e colleghi, tra richieste di licenziamento ed esplicite minacce. […] i media mainstream e la destra israeliana hanno cercato di metterla a tacere e svariati ministri dell’istruzione sono intervenuti personalmente per oscurare il suo lavoro. In tutti questi casi, l’Università Ebraica si è dissociata dalle ricerche di Shalhoub-Kevorkian rifiutandosi di garantire la sicurezza della docente di fronte alle minacce pervenute dall’interno e dall’esterno dell’università.”
Il suo arresto non è un caso isolato, ma parte di una tendenza che coinvolge sempre più gli accademici che si oppongono all’occupazione e alla militarizzazione della società israeliana.
La complicità accademica nel contesto internazionale
Wind sottolinea anche come, purtroppo, molte università internazionali continuino a ignorare la grave situazione in Israele. Nonostante il crescente movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, che chiede di isolare le istituzioni israeliane per il loro coinvolgimento nelle violazioni dei diritti umani, molte università europee e statunitensi continuano a intrattenere legami accademici con Israele, ignorando i principi di giustizia e di decolonizzazione che sono al centro del dibattito globale. Il supporto accademico internazionale a Israele, secondo Wind, contribuisce a rendere il sistema accademico israeliano ancora più forte.
Nella parte conclusiva di Torri d’avorio e d’acciaio, Maya Wind analizza come l’occupazione e il blocco militare abbiano soffocato il sistema educativo palestinese, impedendo alle università di operare liberamente e di formare le nuove generazioni di palestinesi. A Gaza, per esempio, le università sono praticamente inaccessibili a causa dei bombardamenti, della scarsità di risorse e delle restrizioni imposte dalle forze israeliane. In Cisgiordania, le università sono costantemente sotto sorveglianza e i loro studenti e docenti subiscono continui interrogatori e arresti.
La proposta di Wind di sostenere la campagna BDS non è un attacco indiscriminato contro la cultura e la società israeliana, ma una richiesta di responsabilizzazione che pone al centro la necessità di un dibattito critico e consapevole. Il boicottaggio accademico, come sottolineato dall’autrice, non mira a censurare o isolare indiscriminatamente le istituzioni israeliane, ma a spingere studiosi e intellettuali a interrogarsi sul loro ruolo all’interno di un sistema che perpetua l’occupazione e la discriminazione dei palestinesi. In questo senso, il BDS rappresenta un’opportunità per gli accademici israeliani di riflettere sulla propria complicità, diretta o indiretta, nella normalizzazione di un regime di oppressione.
Elena Caccioppoli