Tontine: le prime polizze per la vita che assicuravano la morte

Le tontine, le prime polizze sulla vita, potevano essere un ballo con la morte.

Nel 1653, il banchiere napoletano Lorenzo De Tonti ideò un contratto finanziario che era, al tempo stesso, un piano d’investimento e un’assicurazione sulla vita. Presentò l’idea nientemeno che al Cardinale Mazzarino, dando ai contratti il nome di “tontine”. L’idea in sé era buona, ma c’era un piccolo dettaglio che avrebbe fatto molto presto ad andare storto…

XVII secolo, Francia: il banchiere e governatore di Gaeta Lorenzo De Tonti decise di provare a importare oltralpe una prassi italiana già piuttosto diffusa. Quella di un piano d’investimento condiviso, sottoscritto con contratti detti tontine. L’idea di base era semplice: si creava un capitale facendo versare una quota d’ingresso a ogni partecipante. Il capitale veniva investito, generando utili equamente condivisi tra i soci; alla morte di un partecipante, le sue quote sarebbero state suddivise tra gli altri. Quando si presentò al Cardinale Mazzarino col suo progetto, De Tonti lo pensava nei termini di un prestito nazionale. Il contraente avrebbe pagato una quota allo Stato francese, che in cambio si sarebbe impegnato a garantirgli una rendita vitalizia attraverso il sistema finanziario-assicurativo creatosi.
La proposta di De Tonti fu bocciata dal Parlamento, che però la riprese nel 1689. I risparmiatori francesi, però, sostanzialmente la ignorarono, preferendo altri piani assicurativi. La formula, invece, riscosse un più ampio successo – ancora abbastanza vivace in epoca recente – nei territori d’oltremare, dove mancavano istituti di credito istituzionalizzati.




Tuttavia, se sul piano pubblico la storia delle tontine è piuttosto risicata, la musica cambia se si considera la loro evoluzione come accordi tra privati. Infatti, è proprio in questo contesto che esse sono venute configurandosi come la prima forma di assicurazione a lungo termine. Anche in questo caso, il sistema era semplice. I contraenti in età più o meno avanzata versavano periodicamente una quota per assicurare una vecchiaia serena all’ultimo superstite. Un’ottima idea sul piano della mutua assistenza, a patto però che i contraenti fossero ciascuno all’oscuro dell’identità degli altri. Quando la somma si faceva interessante, infatti, poteva diventare molto facile cadere nella tentazione di accelerare la dipartita degli altri sopravvissuti…

Le tontine secondo Robert Louis Stevenson: The Wrong Box (1889)

L’evidente problema delle tontine ha condotto a una loro sempre più severa regolamentazione. In Italia, per esempio, sono vietate dal 2005, mentre in Europa – nei Paesi che ancora le ammettono – sono disciplinate dalla direttiva 2002/83/EC del Parlamento Europeo. Tuttavia, già a fine Ottocento si discuteva del problema di ordine pubblico che esse rappresentavano, ma se ne sfruttava anche il potenziale narrativo.

L’esempio forse più interessante è rappresentato da un romanzo del 1889, The Wrong Box, scritto a quattro mani da Robert Louis Stevenson e Lloyd Osbourne.

La vicenda è quella di Joseph Finsbury, un anziano sottoscrittore di una tontina, e dei suoi figli John e Morris. Dei contraenti, Joseph è l’ultimo superstite insieme al fratello Masterman: i due figli, perciò, lo sorvegliano come una reliquia, considerandolo un investimento. L’uomo, pertanto, è privato della propria libertà e dignità: certo, i figli lo vestono e lo accudiscono, ma non per amore filiale. Durante un viaggio in treno, tuttavia, un incidente ferroviario catastrofico sconvolge i piani. Risvegliatisi nel bel mezzo del disastro, i giovani Finsbury credono di riconoscere in un cadavere il corpo del padre. Perciò, lo compongono come possono e portano via con sé sperando, con il nasconderlo, di poter ancora vincere la tontina. Il cadavere occultato, però, viene scoperto dentro un pianoforte a coda. Per giunta, si rivela non essere affatto il corpo di Joseph: il genitore, infatti, approfittando dell’incidente si è dato alla fuga.

Nell’opera di Stevenson e Osbourne si rivela l’annosa questione delle tontine come forma di assicurazione privata. Esse, infatti, da strumento possibile per garantirsi una vecchiaia serena facevano prestissimo a cambiare di segno. Diventando un catalizzatore potentissimo per l’avidità e ciò che di peggio si annida nel cuore umano.

Valeria Meazza

 

 

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