Di Erika Leonardi
Comunicare con uno scritto non è capriccio, ma una necessità. L’esito delle nostre attività lavorative – ed anche di vicende personali – è spesso compromesso da messaggi scritti che non riescono a cogliere nel segno. Quali le cause più ricorrenti ? Come attrezzarci per aver maggiore probabilità di successo?
LA DINAMICA DELLA COMUNICAZIONE
A dispetto della tecnologia e della informatizzazione, non risultano più attuali le indicazioni apprese sui banchi di scuola.
L’atto del comunicare nasce quando abbiamo la necessità che “un altro” compia una certa azione: rispondere, dare informazioni, inviare documenti, contattare, etc. Dobbiamo quindi instaurare una relazione, seppur temporanea. Chi invia il messaggio e chi lo riceve hanno compiti e ruoli distinti. Il successo sarà affidato ad entrambi. Ma c’è una differenza: chi scrive è motivato, chi legge potrebbe non esserlo. In questa dinamica c’è un aspetto ingrato: la storia è fatta da quello che l’altro ha capito!
Pensiamo ad una lettera, relazione, report, memo, etc. Nulla cambia se veicolati su carta o per email. Il punto di partenza per lo scrivente è l’obiettivo: quale reazione si vuole far scattare in chi legge. Questa chiarezza guida nella redazione della scaletta dei contenuti, nella esplicitazione della reazione attesa e nella scelta del canale.
LA RICETTA PIU’ POTENTE
Focalizziamo adesso l’attenzione sul testo. Qualunque sia il contenuto, il messaggio viene formulato mediante parole, organizzate in frasi. Più semplici e lineari siamo, maggiore è la probabilità che il destinatario entri nel suo ruolo di lettore, con un buon livello di disponibilità e partecipazione. Questi due aspetti sono fondamentali. Fermiamoci a riflettere sulle condizioni di lettura oggi più ricorrenti. Il canale informatico è quello più pratico, per la velocità di invio e di accesso. I contesti però non sono sempre favorevoli: su smartphone o tablet, mentre si è in riunione o si cammina o con altri. Pertanto l’organizzazione del contenuto può rappresentare una porta aperta o… un muro invalicabile.
I suggerimenti riguardano la scelta dei termini e, soprattutto, la struttura delle frasi. Primo accorgimento: non usare, o limitare al massimo, l’uso di termini tecnici. Se non sono familiari al lettore possono essere interpretati come una forma di esibizionismo o possono generare imbarazzo.
Il secondo accorgimento risponde ad un imperativo: togliere tutto ciò che non è necessario. Non è un caso che cambiando una vocale diventi: tagliare! Cosa? Il superfluo, ovvero le parole e gli incisi che non danno valore. Un periodo è facile da leggere e da comprendere se è semplice e lineare. L’eccesso di aggettivi stanca. L’uso di avverbi può essere gravoso. Gli incisi fanno perdere il senso del discorso. Eliminare il superfluo è, banalmente, selezionare le parole utili da quelle inutili!
Due indicazioni pratiche per produrre testi comprensibili: circa 25 parole per frase; un concetto per frase.
TOGLIERE E TAGLIARE
Pulire un testo è la fase più lunga e impegnativa. Il freno nasce spesso dall’amore che abbiamo dedicato nello scrivere, e togliere qualcosa ci fa sentire rei di amputazioni. Tutt’altro! Un periodo breve dà valore alle parole che abbiamo scelto.