“La verità è una terra senza sentieri”.
Se Tiziano Terzani fosse ancora tra noi, reciterebbe a mo’ di mantra un pensiero del genere, accattivandosi l’ira funesta dei nuovi “templari dell’identità”. E, infatti, a distanza di quindici anni dalla morte, c’è chi si scaglia contro lo scrittore e reporter fiorentino, bollando la sua esperienza di vita, fatta di viaggi, scoperte e redenzioni, come “roba da comunisti”.
Questo è il livello di scontro, a più livelli, che si sta consumando in questo paese, quando una generazione politica votata al focolare dell’arroganza e del cinismo, si arroga il diritto di giudicare personaggi dei quali, forse, non hanno mai letto neanche una riga.
E chissà come mai, quando si parla di cultura, arriva sempre il carroccio leghista, sempre più pesante, ma sempre più agguerrito a dichiarare guerra a tutto ciò che il popolo non deve capire; “moderni futuristi di facciata” che gridano al cambiamento, purché si torni al passato.
È di qualche giorno fa la decisione del comune di Udine a maggioranza leghista, di tagliare i fondi per il Premio letterario internazionale, Vicino/lontano dedicato proprio a Tiziano Terzani. 10 mila euro al fronte dei 30mila previsti per il festival che si tiene a maggio e riunisci esponenti della letteratura e del giornalismo da tutta Italia.
Ragioni economiche? Esigenze di bilancio? Più che altro la valutazione dell’opera e della figura di Tiziano Terzani; “sopravvalutato, secondo l’assessore alla cultura Fabrizio Cigolot, perché è diventato un santo secolare, un oggetto di culto”.
L’assessore leghista sostiene che la figura storica di Terzani andrebbe rivista e analizzata, alla luce delle critiche mosse da molti intellettuali.
“Roba da comunisti, tuona Cigolot, che non promuove qualcosa di specifico e identificabile con la nostra realtà e funge in maniera marginale da traino per l’industria turistica”.
Tralasciando le reazioni a questa presa di posizione, verrebbe da chiedersi quanti di questi neo-pensatori padani conoscano il pensiero di Tiziano Terzani.
Alla luce di quella selvaggia, quanto storica, ideologizzazione della figura intellettuale, quanti hanno letto uno dei suoi libri, venduti e tradotti in più di 15 paesi.
È informato l’assessore alla cultura del fatto che Tiziano Terzani, come manager dell’Olivetti, fu uno dei primi testimoni dell’innovazione italiana nel mondo, prima di dimettersi per scegliere la strada impervia del giornalismo che lo portò a realizzare numerosi reportage tra Europa, Asia e Cina?
Il Cigolot sa che il primo reportage sulla segregazione in Sud Africa, pubblicato su L’Astrolabio, fu opera di Terzani?
È al corrente l’assessore di Udine, di alcuni dei suoi racconti dal fronte di guerra in Vietnam, realizzati prima con l’Espresso e Il Giorno, poi con Il Messaggero e Repubblica?
Se Tiziano Terzani fosse qui, sicuramente si scatenerebbe in una fragorosa risata fragorosa, contrapponendo, all’ottusità pregiudiziale di un pensiero divenuto ormai mainstream, la parabola dell’incontro tra San Francesco e il Sultano: La gente pericolosa è quella che pensa.
Fausto Bisantis