“Stai facendo un video? Bravo!” Siamo nel 2015, e questa frase è ormai un tormentone sui social network, e non solo. Un tormentone che ha perseguitato Tiziana Cantone per oltre un anno, fino al tragico epilogo, due giorni fa: la ragazza si è suicidata.
Tutto ha inizio nel 2015, con un video hard la cui protagonista è Tiziana. Il video è stato diffuso sui vari social network, ed è stato anche parodiato su piattaforme quali Facebook e YouTube. Il famoso “Stai facendo un video? Bravo!” viene ripetuto fino alla nausea, ancora e ancora. Tiziana ce la mette tutta, cerca di essere forte, si trasferisce in un’altra regione, ha intenzione di cambiare cognome. Ma, alla fine, crolla.
Da due giorni a questa parte, sui social network leggiamo post di sostegno rivolti alla famiglia della giovane. E’ stato anche creato un gruppo su Facebook per commemorarla. Abbiamo letto post rabbiosi, a volte anche offensivi, nei confronti di chi ha contribuito alla diffusione del video. Si stanno diffondendo a macchia d’olio status scritti da persone che accusano di “solidarietà tardiva” coloro che stanno esprimendo compassione per Tiziana. “Fino a qualche mese fa, eravate i primi a ridere guardando il video.”
E’ una gara “tutti contro tutti”, il cui vincitore otterrà… cosa? Nulla, e di certo nulla otterrà la famiglia Cantone. La “battaglia” che si sta consumando su Facebook e altre piattaforme sta elevando i “buoni” a dispensatori di verità assolute, mentre i “cattivi” sembra quasi che siano condannati alla gogna, perché “erano i primi a ridere di Tiziana. Ipocriti!”
Buoni o cattivi? Chi ha ragione? Il discorso è molto ampio, e non può essere ristretto a frasette di circostanza come “tu hai ragione, tu no”. Per molti la diffusione di quel video è stata recepita come una bravata, un gesto goliardico e nulla più. Salvo poi “redimersi” appena si sente parlare di suicidio.
La morte è fatta così: ti strappa via dalla vita, e spesso anche dalle critiche e dalle umiliazioni. Ma non sempre è così: esistono ancora persone che pensano che la giovane “se la sia cercata”, e continuano ad insultarla pesantemente, nonostante la tragedia che si è appena consumata. Di rimbalzo, i “compassionevoli dell’ultimo minuto”, come sono stati ribattezzati, si indignano. Chi è da biasimare? Coloro che in precedenza ridevano del video sono giustificabili? Il problema di Internet è che ha una sola dimensione: vediamo solo il link o il video, mai quello che c’è dietro.
In realtà, condannarsi a vicenda non ha senso. Ognuno ha le proprie opinioni, giuste o sbagliate. Solo che sui social network tutti si professano fautori della verità più assoluta, denigrando le opinioni diverse dalla loro. Una cosa, però, è certa: Internet è uno strumento potente. Può dare notorietà, può essere utile, ma può anche distruggere la vita di una persona.