Quello tra Titan e Titanic è un rapporto lontano nel tempo, così vivo nel presente. Sono cinque le persone scomparse nelle acque della morte.
Titan e Titanic tessono con saggezza le somiglianze delle loro storie, e questo è chiaro rispetto a quanto è accaduto al sommergibile disperso. La OceanGate Expeditions cominciò nel 2010 ad organizzare viaggi nelle profondità degli abissi, e da qualche anno aveva inaugurato una nuova avventura. Visitare la nave che il 15 aprile 1912 aveva toccato il fondo dell’Oceano Atlantico a circa 13.000 piedi sotto la superficie significava raccontare una nuova pagina del Titanic.
Da una parte, l’intento del fondatore del Titan, l’imprenditore americano Stockton Rush, era quello di fornire sempre più accurate informazioni utili alla comunità scientifica; dall’altra, ribolliva l’allettante desiderio di guadagnare un sacco di soldi. Perché, di fatto, le persone più prestigiose al mondo erano certamente disposte a spendere 250.000 dollari per qualche ora di buio e follia.
I ricordi sopra i ricordi
Wendy Rush aveva conosciuto suo marito Stockton verso la fine degli anni Ottanta, e lo sposò nel 1986. Di lì a poco, cominciò a recuperare nel presente alcuni delicati ricordi. Partecipò a tre spedizioni verso il Titanic, osservando con occhi diversi la “nave dei sogni”. Infatti, è la pronipote di Ida e Isidor Straus, due passeggeri di prima classe a bordo del transatlantico, che si rifiutarono di salire nella scialuppa prima di tutte le donne e i bambini. La nave affondò, e loro con essa.
Erano cinque le persone sedute nel Titan: il miliardario britannico Hamish Harding, il cittadino britannico di origini pakistane Shahzada Dawood con suo figlio Suleman, l’esploratore francese Paul-Henri Nargeolet e Stockton Rush. Uomini tanto ricchi da permettersi di violare il silenzio religioso che riveste la storia del relitto.
96 ore e 16 scialuppe
Meno di venti unità di scialuppe furono disposte ai lati del Titanic. L’incerta sicurezza sulle sue prestazioni ottimali tentava di giustificare questa scelta inconcepibile. In un dettagliato documento sui sistemi di sicurezza della nave, si legge che la regolamentazione decretata dal Ministero della Sicurezza Britannico (Board of Trade) nel 1894 riguardo alla presenza delle scialuppe sulle imbarcazioni, misurava la loro quantità in base al tonnellaggio dell’imbarcazione stessa (e non al numero dei passeggeri). A quel tempo, le navi difficilmente superavano le 10.000 tonnellate, e solo in quel caso avrebbero dovuto trasportare un massimo di 16 scialuppe.
Un progresso tecnologico non indifferente avvenne nei primi anni del ‘900, e per questo fu possibile costruire un colosso della portata del Titanic. La regolamentazione non era stata aggiornata e, pur se il nuovo transatlantico superava di gran lunga le 10.000 tonnellate (circa 46.000), si prepararono soltanto 16 scialuppe. Solo dopo una buona insistenza da parte del progettista Alexander Carlisle occuparono la nave anche 4 canotti pieghevoli.
Dopo circa 111 anni, un altro balzo verso il vuoto. Il sottomarino Titan si immergeva oramai da diversi anni e aveva sempre svolto un lavoro impeccabile. Tuttavia, negli scorsi giorni di attesa, emerse che la OceanGate non aveva mai sottoposto il sommergibile ad un controllo certificato, ritenuto facoltativo per le imbarcazioni private. Il Titan si immerse per l’ultima volta la scorsa domenica del 18 giugno, alle ore 13. Intorno alle 14.45, la nave madre perse i suoi contatti. La United States Navy lavorò istantaneamente sull’analisi dei dati acustici, ipotizzando dei rumori riconducibili ad un’implosione. Si pensava perciò ad un guasto al sommergibile, la cui autonomia di ossigeno ammontava ad un massimo di 96 ore.
Le ricerche contro il tempo
Un malfunzionamento causò una fatale perdita di pressione. Nell’immediato, per le ricerche si attivarono la Guardia Costiera statunitense, quella canadese e quella del Regno Unito, che ha perfino inviato un aereo militare della Royal Air Force. Ieri mattina, a quattro giorni dall’accaduto, la Guardia Costiera statunitense fece intendere, in una più che breve dichiarazione sulla piattaforma Twitter, che per gli sfortunati viaggiatori oramai non c’erano speranze. Così l’ANSA descrive il motivo in un articolo:
Il robot schierato per setacciare i fondali a caccia del sottomarino ha rinvenuto il telaio di atterraggio del batiscafo e la sua parte posteriore assieme ad altri tre pezzi proprio vicino alla prua del Titanic.
Non mancano tutt’ora le osservazioni critiche rispetto al ritardo dei soccorsi e la loro scarsa utilità. Ma non si fa attendere altrettanto la ripetuta polemica, come accennato, sulla inosservanza delle regole di sicurezza indispensabili al Titan per mobilitarsi liberamente.
Titan e Titanic. Per un sommario dell’alta società
Risulta controversa anche oggi la questione della chiusura dei cancelli della terza classe al momento dell’allarme di affondamento del Titanic. L’idea era quella di permettere ai passeggeri di prima e di seconda classe di salvarsi a discapito degli altri.
Secondo lo storico Claudio Bossi, è probabile che questa mossa di “salvataggio dei ricchi” sia stata realmente effettuata. A rafforzare tale opinione – come argomenta Bossi – è il ragazzo irlandese Daniel Buckley, che si salvò grazie alla sua bizzarra trovata di vestirsi da donna. Daniel dichiara che alcuni uomini, forse dei marinai, provarono a trattenere i passeggeri sul ponte passeggiata di terza classe, dopo aver chiuso il cancello superiore.
La storia si ripete oggi, ma al contrario. Degli uomini dell’alta società si imbarcano nella bocca dell’Atlantico stuzzicando il destino, evidentemente ancora non cucito del tutto. Incontrano la morte dopo aver annuito al rischio e ad una curiosità che ha superato le colonne del rispetto e della vita. Titan e Titanic ricamano il filo blu.
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