Tina Costa aveva 7 anni – sette anni! – quando compì il suo primo atto di resistenza al fascismo, rifiutando di indossare la divisa da figlia della lupa. Tina non poteva saperlo, ma in quel momento quella bambina di 7 anni ha scelto chi sarebbe stata per il resto della sua vita.
Una vita intera trascorsa a combattere, prima da staffetta partigiana, durante la Seconda guerra mondiale, rischiando più volte torture, impiccagione, internamento, morte, poi come sindacalista e attivista per i diritti sociali e civili di questo Paese. L’ultima, grande, battaglia l’ha combattuta ancora l’anno scorso, a 92 anni suonati, facendo da testimonial al Gay pride di Roma. Prima di spegnersi, pochi mesi fa, a 93 anni, salutata con tutti gli onori per il suo straordinario impegno antifascista.
Tre settimane fa, a Cinecittà, le hanno dedicato questa targa. E, per due volte in pochi giorni (l’ultima la sera di Natale) è stata sporcata e infangata con una svastica da infami neonazisti. È stata ripulita una volta, lo sarà una seconda, una terza e una quarta se necessario. S’illudono di poter cancellare la storia, la forza, la dignità di questa donna. Non sanno che queste parole di Tina scolpite sulla targa sono semi che volano già per il mondo, mossi dal vento, e cercano solo un terreno giovane e fertile su cui posarsi. Eccole:
“Sarò in piazza fino a quando avrò l’ultimo respiro, perché so di essere dalla parte del giusto e che le mie idee sono condivise da tanti.”
Tina Costa, partigiana, antifascista, donna.
Riposa in pace, ora tocca a noi.
Lorenzo Tosa