Tim Bergling, in arte Avicii, è morto il 20 aprile in un hotel dell’Oman, a soli 28 anni, lasciando sgomento e sconforto nei fan. La famiglia, con un comunicato ufficiale il 23 aprile, chiedeva che fosse rispettata la privacy di Tim e ringraziava per le numerose iniziative in ricordo del dj. Nessun cenno sulle possibili cause della morte all’interno di questa prima lettera. Qui di seguito il contenuto:
Siamo così grati a tutti coloro che hanno amato la musica di Tim e hanno ricordi preziosi delle sue canzoni. Grazie per tutte le iniziative che avete fatto in onore di Tim, le iniziative pubbliche, le campane della chiesa che hanno suonato la sua musica, i tributi al Coachella e i momenti di silenzio in tutto il mondo. Siamo grati che abbiate rispettato la nostra privacy in questo momento difficile. Il nostro desiderio è che continui ad essere così. Con amore, la famiglia di Tim Bergling.
Il secondo comunicato della famiglia di Tim Bergling sembra parlare di suicidio
Ieri, 26 aprile, la famiglia Bergling ha firmato una seconda lettera aperta, tradotta dallo svedese e pubblicata in inglese da Variety. Ecco il testo:
Stoccolma, 26 April 2018
Il nostro amato Tim era una cercatore, una fragile anima artistica alla ricerca di risposte a domande esistenziali. Un perfezionista che dava il massimo e ha viaggiato e lavorato duramente ad un ritmo che gli ha causato uno stress estremo. Quando ha smesso con i tour, ha cercato di trovare un equilibrio nella sua vita tra la felicità e la possibilità di fare ciò che amava di più, cioè la musica. Si struggeva con pensieri riguardo al Senso, la Vita, la Felicità. Non poteva andare oltre. Voleva trovare pace. Tim non era fatto per la macchina del business in cui si è ritrovato; lui era un ragazzo sensibile che amava i suoi fans, ma schivava i riflettori. Tim, sarai per sempre amato e ci mancherai. La persona che eri e la tua musica manterranno vivo il tuo ricordo. Ti amiamo. La tua famiglia.
‘Non poteva andare oltre; voleva trovare pace’
Sono queste le tristi parole che fanno pensare che Avicii potrebbe essersi suicidato. Dalle dichiarazioni fatte in vita dallo stesso Tim, dal documentario a lui dedicato prodotto da Netflix e dalle parole dei famigliari, emerge un Avicii fragile e sensibile. Dietro al dj, che nell’immaginario collettivo è pensato come una figura spensierata e felice, c’era Tim Bergling. Un ragazzo che non ha mai nascosto le sue ansie per i live e l’infelicità nonostante il successo. Anzi, forse proprio quel successo poco si addiceva alla sua natura riservata e introspettiva.
“Le feste sono bellissime, ma è facile diventare dipendenti da posti come Ibiza. Ti senti solo e soffri d’ansia. È tossico” dichiarò nella sua ultima intervista, come riportato da Rolling Stone. Non riusciva a divertirsi ai concerti, né ai suoi né a quelli degli altri. Si chiedeva: “Ma perché c***o non posso godermela come fanno gli altri DJ?”. Poi si rispondeva: “Ho capito che la maggior parte delle persone che sembrano felici sul palco, in realtà non lo sono“.
Avicii è la prova che il successo e i soldi molto spesso non bastano. Per alcuni può sembrare assurdo, perché spesso si pensa che essi bastino e avanzino per vivere da pascià. Eppure non è così e bisogna comprendere che il disagio interiore non fa differenze e può portare a conseguenze tragiche. La felicità non è una formula matematica.
Rossella Micaletto