Il Filtro Famiglia è una delle soluzioni più consone nei riguardi della dipendenza da social, perlomeno quando si parla di minori.
I social attuali puntano principalmente sull’immediatezza, la capacità di fornire informazioni utili nel minor tempo possibile; Instagram ne è un esempio: la sua struttura è semplice, diretta e i suoi stessi utenti non fanno alcuna fatica ad utilizzarla; resta semplice, effettivamente, scorrere la home principale, senza troppo curarsi di quello che si sta leggendo e osservando. Ciò che attira l’attenzione è un contenuto percettivo dettagliato, che rispecchi dei fondamentali estetici (colore, geometria) o magari garante di una riproduzione video.
Di base, il livello di focus dell’utente non è particolarmente elevato, ma piuttosto “procede per inerzia”; ed ecco spiegate le statistiche italiane, uno dei maggiori paesi fruitori di Internet: YouTube, Facebook e Whatsapp sul podio; rispettivamente, il 62%, il 60% e il 59% degli utenti. Noi italiani navighiamo online circa 6 ore al giorno, il doppio del tempo passato davanti alla TV – ormai messa in un angolo, soprattutto dalle nuove generazioni.
Al contempo, l’attuale modus operandi smuove la comunicazione e muta il linguaggio; le sfumature che ne derivano toccano ogni genere di sintassi, atteggiamento testuale, dal Teen Speak più banale al meme di turno.
Compreso, per ovvie ragioni, l’assennato fanatismo e odio sui social.
TikTok è certamente uno delle principali piattaforme del nuovo millennio; il parental control, una misura quasi dovuta, sia per il tempo effettivamente speso sul social, sia per quella che potremmo definire una “questione di decoro”.
Cosa s’intende: un genitore che non controlla il proprio figlio/a, su una piattaforma simile, non ne comprende il pieno utilizzo e, soprattutto, i rischi. Il parental control sembra la soluzione più idonea, ma è forse solo la punta dell’iceberg per ciò che concerne l’educazione informatica. Agire di proibizionismo non è mai la soluzione e non è chiaro se il Filtro Famiglia spinga i ragazzi a darsi una regolata piuttosto che sfogarsi su altro.
Che ci sia un elemento di alienazione dietro i social, non c’è dubbio: che sia per lavoro, divertimento o per il puro gusto di perdere 5 minuti del proprio tempo; l’alienazione sta nel credere che accendere lo smartphone rappresenti l’unico modo per far scorrere quei 5 minuti.
C’è però da sottolineare che solo un’educazione di base avvicina alla comprensione, magari attraverso l’introduzione di nuove materie scolastiche o corsi paralleli; in una società contemporanea, educare ai pro e contro del Web sembra il minimo.
Quanto basta per non perdere quel senso di meraviglia, oggi trasformatasi in totale catatonia.
Fateci caso, quando non avrete nulla da fare; probabilmente avrete già lo smartphone in mano.
Eugenio Bianco