Thomas Sankara ha guidato la rivoluzione burkinabé nel 1983, opponendosi al dominio economico e culturale neocolonialista e riaffermando la dignità e l’identità del suo popolo. Lo face fino al giorno del suo assassinio, il 15 ottobre 1987.
La trasformazione che portò l’Alto Volta a diventare Burkina Faso, ovvero la “terra degli uomini integri” non riguarda solo la toponomastica. Il nome del paese è composto da due parole: burkina, che in lingua moré significa “uomini di valore”, e faso, la parola che indica la patria in lingua dioula. La via per la rivoluzione morale doveva passare attraverso il riappropriarsi delle proprie radici.
Imponendo uno stile di vita austero a se stesso e al suo governo, Sankara arginò la corruzione dilagante nel paese. Fino al suo assassinio, il 15 ottobre 1987, non smise di opporsi agli oppressori del suo paese e del continente che, smessi i panni dei colonizzatori, rimanevano responsabili della povertà e della schiavitù finanziaria in Africa.
Il contesto del Burkina Faso tra colonialismo e instabilità
Nel 1960 il paese ottenne l’indipendenza dalla Francia, che ne deteneva il controllo dal 1898 sotto forma di protettorato. Per la madrepatria questo territorio non rappresentava una grande risorsa, se non in termini di braccia da sfruttare nei campi delle altre colonie (Mali e Costa d’Avorio) e a fini militari. Dopo due anni di autogoverno la Francia concesse all’Alto Volta l’indipendenza e da quel momento il paese si ritrovò in condizioni di grande instabilità politica.
Iniziarono a susseguirsi i colpi di stato: il primo nel 1966, che portò al potere i militari, e poi nel 1980 ad opera di Saye Zerbo. L’ascesa politica di Thomas Sankara cominciò proprio sotto il governo di quest’ultimo, che gli propose l’incarico di segretario di Stato per l’informazione. Sankara ci mise solo due mesi a rendersi conto della corruzione e degli abusi messi in atto dal governo e a dimettersi.
Thomas Sankara diventa Primo ministro
In seguito alle accuse mosse contro il governo, la polizia arrestò Sankara. Un nuovo rovesciamento di regime portò alla presa del potere da parte di una giunta di militari che nominò il leader Primo ministro nel 1983. Le posizioni di Sankara furono da subito chiare e radicali, tanto da suscitare immediatamente disapprovazione nell’ala più conservatrice del nuovo establishment. Si schierò ad esempio con i paesi che negli anni del bipolarismo si erano dichiarati non allineati, guidati da leader come Josip Broz Tito, Gamal Nasser e Javaharlal Nehru. Sankara strinse inoltre accordi di cooperazione militare ed economica con il colonnello libico Muhammar Gheddafi: un’ altra mossa non gradita. Il giovane Primo ministro che nei suoi discorsi si scagliava contro gli oppressori dei paesi del terzo mondo stava facendo decisamente troppo rumore.
La rivoluzione del 1983
Dopo poco più di cinque mesi alla guida del governo Thomas Sankara venne nuovamente arrestato, insieme ad altri esponenti progressisti. Il popolo burkinabé non intendeva accettare l’ennesimo colpo di mano e si riversò in strada per invocare la scarcerazione del leader e la fine delle ingerenze neoimperialiste e neocolonialiste. Sankara venne liberato e grazie al sostegno popolare si mise alla guida della rivoluzione culminata il 4 agosto 1983.
I militari progressisti assaltarono i luoghi del potere, presero il palazzo imperiale e arrestarono il presidente Ouédraogo. Sankara e i suoi compagni costituirono immediatamente il Consiglio nazionale della rivoluzione (CNR) e successivamente i Consigli di difesa della rivoluzione (CDR). Scopo di questi ultimi era incentivare la mobilitazione permanente del popolo che, secondo Sankara, aveva il diritto e il dovere di esprimersi ogni giorno e non soltanto durante le elezioni (che vennero perciò abolite).
La politica del governo Sankara
Sotto la guida di Sankara il CNR tentò immediatamente di arginare i maggiori problemi del paese, come la corruzione e la disparità salariale. Importanti provvedimenti furono presi nel settore sanitario, in particolare finanziando un’imponente campagna di vaccinazione che contribuì a togliere al Burkina Faso il primato della più alta mortalità infantile del continente. Furono inoltre costruiti ospedali e venne incrementato il numero dei medici presenti sul territorio.
Le idee di Thomas Sankara si tradussero in misure concrete.
Il potenziamento dell’istituzione scolastica servì a riaffermare l’identità autoctona, schiacciata da decenni di dominazione economica, militare e culturale. Anche se il francese rimase la lingua ufficiale, gli studenti poterono studiare anche in due delle lingue locali e il tasso di alfabetizzazione raddoppiò in tre anni (passando dal 16% al 32%). La rivoluzione, secondo Sankara, non poteva sopravvivere senza il contributo delle donne, che vennero infatti incluse nel suo governo. Istituì il Codice della famiglia, che riconosceva formalmente la parità tra i generi e la possibilità per le donne di chiedere il divorzio. Il CNR approvò inoltre misure per contrastare il fenomeno delle mutilazioni genitali.
Il discorso contro il debito
Sul fronte economico il tentativo di Sankara fu di liberarsi dal giogo del Fondo Monetario Internazionale, i cui aiuti erano subordinati alla messa in atto di misure neoliberiste. La visione del FMI era totalmente incompatibile con il pensiero rivoluzionario di Sankara, che non intendeva accettare ricatti che perpetuassero l’oppressione subita dal Burkina Faso e dagli altri popoli africani.
Senza retrocedere dai suoi ideali il leader denunciò l’ingiustizia del debito estero durante una conferenza dell’Organizzazione per l’unità africana nel 1987. A quell’epoca il debito del Burkina Faso ammontava a 794 milioni di dollari. Sankara dichiarò che non aveva nessuna intenzione di ripagarlo perché non era responsabilità del suo paese, bensì del colonialismo.
Coloro che prestavano il denaro erano gli stessi che avevano creato le condizioni di povertà e di miseria colonizzando e sfruttando le terre altrui.
Ancor prima di un debito economico c’era un debito di sangue che doveva essere saldato. Al contrario, se l’Africa si fosse piegata a ripagare il debito si sarebbe resa complice degli assassini del suo stesso popolo.
Per questo motivo Sankara invitò tutti i leader africani ad affrancarsi da questa nuova forma di dominio inventata dai vecchi colonizzatori e a boicottare il debito. Il discorso suscitò uno scroscio di applausi ma il suo appello rimase inascoltato, mettendo in luce quanto il leader potesse essere pericoloso per gli interessi delle potenze internazionali, ma anche isolato.
L’omicidio di Thomas Sankara
Il 15 ottobre 1987 il sogno della rivoluzione burkinabé fu spazzato via da un nuovo colpo di stato. Thomas Sankara venne ucciso a colpi di arma da fuoco insieme a dodici dei suoi compagni.
Il CNR fu immediatamente sciolto e al suo posto venne annunciata la creazione di un nuovo Fronte Popolare guidato da Blaise Compaoré. La notizia creò sgomento tra la popolazione. Compaoré, numero due del governo di Sankara, prendeva il posto del compagno d’armi e amico fraterno senza nemmeno aspettare che il suo cadavere diventasse freddo.
Non c’era tempo da perdere per screditare il leader assassinato e stravolgere la sua politica con quella che il nuovo presidente chiamò una “rettifica” della rivoluzione.
Francia e Stati Uniti appoggiarono il colpo di stato di Compaoré, che restò in carica per i successivi 27 anni. Non potevano permettersi che il presidente ribelle continuasse ad aizzare gli altri leader africani contro l’Occidente parassita degli ex-domini coloniali.
La morte di Sankara rimane impunita. Solo nel 2015, dopo quasi trent’anni, un tribunale militare del Burkina Faso ha emesso un mandato di cattura internazionale nei confronti di Blaise Compaoré (che nel 2014 scappò in Costa d’Avorio).
Giulia Della Michelina