“This is everyday violence“: è questo il provocatorio titolo della mostra che si svolge dal primo al diciannove di questo mese presso il M.A.C. (Musica Arte Cultura) di Milano, spazio polivalente non molto lontano dai Navigli, più precisamente nella Galleria Chopin e nel Salone Delman.
L’esibizione, curata da Giorgio Verzotti, raccoglie una selezione di 28 opere realizzate tra l’inizio degli anni Novanta ed oggi- con un particolare focus sull’ultimo periodo- da Pier Luigi Meneghello, poliedrico artista vicentino (ma attualmente residente a Moncalieri, nel torinese) dal background estremamente variegato.
Meneghello, infatti, ha spaziato nella sua formazione nei settori più disparati, occupandosi di politica, ecologia, letteratura, architettura e grafica.
L’artista si è destreggiato, tra l’altro, anche con varie forme espressive: dal 1981 (anno dell’inizio del suo percorso artistico), Meneghello ha fatto sì che le tecniche della pittura, del collage, del disegno si mescolassero e dialogassero tra loro.
Il titolo della mostra richiama le tematiche principali dell’opera di Meneghello: la “everyday violence” riecheggiata, infatti, è il fil rouge non solo dell’esposizione, ma di gran parte della produzione artistica di Meneghello.
La “violence” quotidiana denunciata dall’artista è frutto di laceranti contrasti: in modo particolare, la rassegna si concentra sul dilaniante rapporto tra essere umano ed ambiente, ormai insanabilmente compromesso.
Queste, in merito, le parole di Verzotti– il quale, oltre ad essere il curatore della mostra ha pubblicato, con Prinp- Editoria d’Arte, un testo di commenti critici (in cui sono presenti anche immagini a colori della mostra) che correda “This is everyday violence”:
Il tema della mostra, l’elemento unificante che accomuna opere a volte così diverse l’una dall’altra è proprio la contraddizione che attraversa il soggetto storico. La lacerazione che si instaura a partire dalla consapevolezza della sua insanabilità e la necessaria allerta che deve governare le nostre conseguenti azioni. (…) Dobbiamo almeno saper pensare la differenza che genera il conflitto, assumerla senza pregiudizi e senza paure e “tollerarla” dentro e fuori di noi.”
Dunque, una denuncia non fine a se stessa, quella di “This is everyday violence”, ma improntata alla disperata ricerca di un tentativo dialettico tra due realtà- l’umanità e l’ambiente- inevitabilmente connesse eppure apparentemente destinate ad un eterno conflitto.
Meneghello racconta questo preoccupante e disturbante rapporto mediante sapienti allegorie fotografiche, tutte accomunate da un prepotente impatto visivo.
Se emblema della forte presenza “scenica”- della “violence”- delle opere di Meneghello sono già le opere che affrontano l’iconografia cristiana, ribaltandola (in qualche caso, letteralmente, come in “Giù dal Paradiso”, del 1996, in cui viene mostrato un Cristo appeso a testa in giù) o stravolgendola con effetti spiazzanti (è quel che succede con “L’ultima cena”, sempre del 1996, che raffigura una mensa imbandita con tredici nidi vuoti posti davanti all’altare di una chiesa apparentemente abbandonata), è nel contrasto uomo/ ambiente che si coglie lo spirito e la potenza espressiva della mostra: pensiamo ad “Attraverso lo Stige” (1999), in cui i rifiuti invadono prepotentemente la stampa.
Ma soprattutto al recentissimo “Remapping the world” (2017)- vero fulcro di “This is everyday violence”-, in cui l’allarmante dicotomia tra un essere umano che progressivamente perde la sua umanità e l’ambiente che di questa perdita subisce drammaticamente le conseguenze si pongono in insanabile contrasto.
In esso, infatti, la perdita dell’equilibrio naturale è rappresentata da grandi carte geografiche colorate imbrattate dal fango, così da far emblematicamente scomparire quel che resta della Terra.
La contrapposizione raffigurata da Meneghello nel percorso espositivo, però, non vuole semplicemente colpire: il suo impatto mira ad essere più duraturo, puntando a scuotere le coscienze in un mondo in cui l’uomo viene anestetizzato dal continuo bombardamento di notizie che riceve.
“This is everyday violence”, quindi, ha il pregio di staccare per un momento il visitatore dall’assuefazione alla violenza propinataci dalla cultura dei mass media, nell’ottica di risvegliare una capacità critica ed un’attenzione che ci permettano, auspicabilmente, di ricucire lo strappo che noi stessi abbiamo creato col nostro pianeta.
Lidia Fontanella