I Thegiornalisti sono i grandi protagonisti del week end, un tour di successo e con grandi numeri culmina con la data al Circo Massimo di Roma, ma è l’apice di una band o la fine della parabola dell’indie pop italiano?
Ancora permane il dibattito sul grande evento del week end e anche il suono di quel synth pop che insegue il cantautorato, suono che Sabato è stato protagonista in capitale, tanti tantissimi circa 40 mila le persone che hanno occupato l’area del sito archeologico per “Love al Massimo“, tappa “party” conclusiva del tour dei Thegiornalisti.
Facciamo chiarezza, il primo pomo della discordia ha riguardato questo fatidico traguardo di pubblico, 40 mila presenze, numero impressionante se si prendono in considerazioni le giovani fattezze di un genere che ha fatto da “restyling” alla musica leggera italiana, ma anche ai relativi pochi anni di carriera della band romana. Ma 40 mila comunque diventano solo molti e non tantissimi in un sito che fatto storia con i 60 mila di Roger Waters o gli oltre 70 mila dei Rolling Stones, e anche questi numeri pur sempre piccoli rispetto al posto in questione. Voci fondate secondo cui il Circo Massimo sarebbe, nel suo sconfinato spazio, addirittura capace di contenere fino a mezzo milione di persone.
Preso di per sé, lo show, assume i connotati consistenti di uno spettacolo estremamente pop e poco vicino a quella che dovrebbe essere la sregolatezza di un genere alternative e clubbing. Inizio, ad esempio, ai limiti della puntualità assoluta, poco dopo le 21, un crossover di generi ed esponenti che si mescolano, sul palco infatti ospiti come Luca Carboni, Elisa, Calcutta, Franco 126 etc. A tutto si aggiungono coreografie dal forte impatto scenico, luci, fuochi e anche il prezzo del biglietto ha fatto il suo. Il costo infatti oscillava dai 40 euro ai circa 60 dell’area Love ( il nome del settore, come quello del concerto è in riferimento proprio al titolo del loro ultimo album), diciamo prezzi in pieno range dei più affermati o longevi protagonisti della musica pop nazionale.
I Thegiornalisti diciamolo, hanno avuto la capacità di inanellare scientemente hit una dopo l’altra, ricordiamolo che sono quelli di “Riccione”, “Completamente”, “Maradona Y Pelè”, “Questa nostra stupida canzone d’amore“. Ma la band di Tommaso Paradiso e soci è anche una di quelle che ha fatto da apripista nell’opera di scardinamento dei labili confini della musica “commerciale”, spesso impropriamente così definita. L’ondata che ha portato i Calcutta, i Carl Brave, i Coez a impegnare palazzetti e posti in classifica, ascolti o anche a sdoganare con aggressività e audacia “vecchie signore” sobrie come il Festival di Sanremo. Il più celebre dei palchi nazional-popolari ha visto in azione le gesta di Achille Lauro, The Zen Circus, Ex Otago (esponenti di punta di quel settore visto come di nicchia) o rimanere, ancor prima, sbalordito dalla “Vita in vacanza” e dalla vecchia che balla dello Stato Sociale.
Manuel Agnelli, frontman degli Aftehours e più recentemente ex giudice del talent show X Factor, specificò che l’indie in Italia era qualcosa di inesistente, presumibilmente tutto si riassumeva nella diversa maniera di fare promozione numerose etichette discografiche nei confronti degli artisti di rispettive scuderie. Etichette piccole si, ma che spesso ormai pur si affido a distribuzione di grosse major. Forse di erroneo è l’etichettatura di un genere che diventa concetto, l’indie nella sua originale accezione anglo- americana è quella branca del rock che si discosta da certi clichè o da certi ambienti glamour e che poi ha dato origine al tanto amato britpop e al fenomeno del grunge negli Stati Uniti.
Tornando ai Thegiornalisti e a Love al Massimo, probabilmente è un concerto che nulla cambia ma che diviene spunto di riflessione, che occorre nel dar maggior chiarezza ad un percorso già in atto per un neo genere che ha dichiaratamente mischiato i suoi confini. Un genere che vuole essere reietto ma popolare, dove l’abilità oggi sta nel chiarire cosa è hype, tendenza e cosa è autentico. L’it-pop è ancora vivo proprio perchè oramai è parte integrante del nuovo pop. Oramai “il re è nudo” e riempie palazzetti e quasi stadi (vedi il Circo Massimo), coinvolge piccoli e anche mamme e papà che svestono la seriosità del loro ruolo per cantare ritornelli orecchiabili e che inanella hit estive, click e fenomeni di costume.
Claudio Palumbo