Ieri su Sky Atlantic e Sky Cinema Uno, l’esordio della serie-tv tanto attesa, scritta e diretta da Paolo Sorrentino. Il regista napoletano, talento premiato con l’Oscar, ci regala un altro capolavoro.
Un cast stellare. Una regia sapiente. Dialoghi intensi che riescono in pochissime battute a provocare morti e feriti.
“Io sono una contraddizione”. Questa la definizione che dà di sé il giovane Pio XIII, alias Lenny Belardo, primo papa di origine americana, scelto a soli 47 anni per essere la guida spirituale e materiale della Chiesa Cattolica. In queste parole c’è già condensata tutta la molteplice complessità del personaggio. La sua forte ambiguità, il suo magnetismo, e quell’enorme punto interrogativo che pende sulla testa dello spettatore. Pio XII, interpretato da un bravissimo Jude Law, è spietato, duro con se stesso e con gli altri; è tagliente, quasi da sembrare crudele; è megalomane, narciso, ossessionato da se stesso. La sua presunzione, ostentata da Sorrentino, scardina tutti i tradizionali modelli di immagine a cui un papa deve corrispondere. Eppure questa forte personalità cela un passato ombroso, una fragilità nascosta, una debolezza “troppo umana”.
Una straordinaria Diane Keaton è “Suor Mary”, l’ombra del pontefice, la donna che sta dietro le quinte, che conosce i tormenti del giovane papa, che lo ha allevato, cresciuto e condotto, quasi per mano, al soglio pontificio. Il volto segnato dal tempo della grandissima attrice americana, ci racconta, con le espressioni, la vita di una donna che dichiara di “non aver conosciuto l’amore”, di “non aver vissuto”. Un personaggio fondamentale, destinato ad essere la chiave di lettura dell’arrogante pontefice, la custode di quei segreti che svelerebbero il senso di cotanta ambiguità.
Il migliore è però Silvio Orlando, nei panni del Cardinale Voiello, segretario dello Stato Vaticano. Una figura quasi caricaturale, l’uomo che conosce tutta la struttura che regge il Vaticano, che manovra situazioni e persone. Un personaggio sospeso tra la spiritualità e la materialità, tra la finanza e la teologia, tra l’essere buono e l’essere subdolo. Nel cardinale Voiello si compendiano tutto il bene e tutto il male dell’istituzione ecclesiastica, tutto il conflitto tra progresso e tradizione, tutti i dubbi che l’uomo medio esprime di fronte al mondo del clero. L’antagonista di Pio XII, che già saprà di dover fare quanto è in suo potere per contrastarlo, oltre la legalità, per evitare di sentirsi un leone in gabbia, come quello di pietra su cui il suo sguardo si sofferma in un’intensa scena.
Sorrentino scrive e dirige un altro capolavoro, destinato a diventare un cult. Sfrutta i dettagli per creare metaracconti, per caratterizzare i personaggi. L’abbigliamento da notte di Suor Mary, “I am virgin, but this is an old t-shirt”; la passione smodata per la squadra del Napoli del cardinale Voiello; la trasmissione continuamente disturbata del canale di Radio Vaticana.
Il regista napoletano ci ha già abituati al suo genio, premiato dall’Oscar per “La grande bellezza”. Qui si conferma e si migliora, se possibile. I tempi della serialità sono nettamente differenti da quelli del cinema. Sorrentino dimostra di saperlo bene e ci tiene incollati allo schermo, senza svelarci nulla di più di quanto sia concesso ad un appuntamento settimanale. Il finale del secondo episodio è da brivido, spiazzante, frastornante, e lascia la consapevolezza che questa serie va vista, fino alla fine. Gli ascolti parlano chiaro: 45% di ascolti in più rispetto all’altro caposaldo Sky, “Gomorra”. E per i non abbonati, nulla da temere, ci stanno già pensando i siti di streaming a farvi restare in pari. Registratela, scaricatela, prendetevi del tempo per godervela attentamente. Ne vale la pena, davvero.