Palermo, capoluogo siciliano spesso sotto i riflettori, soprattutto quelli esteri.
Palermo ha moltissimo da offrire per ogni tipo di narrazione giornalistica che cerca il suo articolo, la sua inchiesta e la sua ricerca: ha la storia e l’arte per approfondimenti culturali; ha questioni socio-politiche e ambientali per inchieste; ha la cronaca dalla più rosa alla più nera per gli scoop e le breaking news più sconvolgenti.
Una grande città che si srotola tra imprese eroiche di risorgimento e immondizia fisica e sociale, ha molto da raccontare. E non è la prima volta che la fastosa, decadente e romantica Palermo attira l’attenzione.
Da sempre i quotidiani esteri puntano una lente sulla vita brulicante di questa città, in particolar modo focalizzano l’attenzione, attraverso i reportage, sulle persone, giovani perlopiù, che decidono di restare e di raccontare la vita in questa città.
In questi giorni è diventato virale, sui social, un articolo del quotidiano britannico “The Guardian“, dal titolo “The Resurrection of Palermo“, “la resurrezione di Palermo”.
L’articolo, a misura di tutti – con informazioni storiche spesso date per scontate -, percorre la storia di Palermo dal 1992 a oggi, dalla tragica Strage di Capaci sino alle ultime lotta alla mafia che hanno permesso di confiscare i beni territoriali alle cosche per riutilizzarli come spazi urbani ad uso del cittadino.
L’articolo studia anche la figura dell’attuale sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e di come le cose siano cambiate sotto la sua legislatura.
La resurrezione di Palermo anzitutto parte proprio da questo: l’attenzione mediatica che vira sui progressi, anziché sulle sconfitte. Quest’ultime, peculiari del capoluogo se non della Sicilia intera, caratterizzate non tanto dal fallimento, quanto dalla staticità degli avvenimenti.
La resurrezione di una città che grida alla vita e alla voglia di appartenere, che sempre è stata, nella storia, culla di civiltà e che ancora più forte dichiara di volerlo essere tutt’oggi. Un ponte tra culture che supera i mari e i confini e che sempre apparterrà alla Sicilia, la quale ha questa forma generosa di tre mani che tendono ad afferrare tutto il mondo.
Ciò che affascina di Palermo probabilmente è proprio questo doppio spirito di redenzione e dannazione. La decadenza da città sottosviluppata che non si può ignorare, con le sue periferie deteriorate e in mano alla micro criminalità che è riflesso e risultato della grande criminalità resa nota da fatti storici; e nonostante questo, l’immancabile sentimento di rinascita culturale e sociale che tenta di prendere voce di volta in volta.
Forse è questo l’ingrediente che altre città non hanno. Non è facile raccontare la lotta per una riaffermazione socio-culturale se non si hanno gli stessi disagi che una città come questa deve affrontare e che si porta addosso. L’articolo inglese parla proprio di “ferite” difficili da rimarginare lasciate da Cosa Nostra.
La mafia, difatti, è una questione mentale ancora prima che politica e sociale. Correggere questa mentalità è un processo faticosissimo di educazione che deve partire dal basso e dai margini.
E tutto questo meccanismo di resurrezione è possibile facendo il primo, piccolo passo: superare la diffidenza e l’indifferenza con cui si vive una città.
“Resilient Cities“, città resilienti. Palermo è catalogata come una di esse. E da nessuna parte, come a Palermo, Resilienza e Resistenza convivono, in una lotta che non finisce.
Gea Di Bella