“Terrorism Confinement Center”, la prigione dove il sangue diventa giustizia

Andrea Umbrello nuova– Di Andrea Umbrello –


El Salvador ha trasferito circa 2.000 prigionieri nel “Terrorism Confinement Center”, un campo di concentramento mascherato da prigione e che annienta completamente i diritti umani dei detenuti.


Il governo di El Salvador ha trasferito circa duemila membri sospettati di appartenere a gang terroristiche in una “megaprigione” di recente apertura. L’operazione rappresenta l’ultimo passo di una raccapricciante e controversa repressione del crimine che ha fatto aumentare vertiginosamente la popolazione carceraria della nazione centroamericana.

Molti dei membri delle gang dovranno attendere di rispondere alle accuse per le quali sono in stato di fermo all’interno del “Terrorism Confinement Center” (Cecot) che registra una capacità di circa 40.000 persone, arrivando così ad essere considerato il più grande carcere delle Americhe.

Questa sarà la loro nuova casa, dove non potranno più fare del male alla popolazione”, ha scritto su Twitter il presidente, Nayib Bukele.

Una casa, quella del “Terrorism Confinement Center” che punta esclusivamente all’annientamento della persona e alla totale cancellazione di qualsiasi diritto fondamentale per l’essere umano.

In un video pubblicato dallo stesso Bukele, si vedono prigionieri con la testa rasata, spogliati con addosso esclusivamente dei pantaloncini bianchi, correre all’interno della “Terrorism Confinement Center” verso le proprie celle che non includono neanche un materasso su cui dormire. Oltre a ciò per evitare la comunicazione tra membri della stessa banda, le autorità hanno collocato membri di bande diverse in celle condivise.

Il video in questione non rappresenta altro che uno spot pubblicitario con attori, che per molti, non sono più degni di affrontare percorsi riabilitativi in grado di ricucire quello strappo che segna il confine tra la violenza e rispetto,  sangue e vita.

Lo scorso anno, il presidente Bukele ha chiesto ai suoi alleati nel congresso di El Salvador di approvare uno “stato di eccezione”, poi prorogato più volte, che sospendesse alcuni diritti costituzionali dopo un drammatico aumento degli omicidi attribuiti a bande violente. Da allora, più di 64.000 sospetti sono stati arrestati nella rete anticrimine. Con l’approvazione delle “stato di eccezione”, gli arresti possono essere effettuati senza mandato, il governo ha libero accesso alle comunicazioni private e i detenuti non hanno più diritto a un avvocato. Bukele ha “autorizzato” l’ uso della forza letale per autodifesa e per proteggere la vita dei salvadoregni e ha aggiunto che “il governo provvederà alla difesa legale di coloro che potrebbero essere ingiustamente accusati , per aver difeso la vita di persone onorevoli ”.

Intanto, molte organizzazioni per i diritti umani sostengono che diverse persone innocenti sono state coinvolte all’interno di queste operazioni fatte di accanimento e violazione, comprese dozzine di persone che hanno misteriosamente perso la vita durante la custodia da parte della polizia.

Nonostante tutto, la violenta politica anti-gang di Bukele rimane ampiamente condivisa tra la popolazione, e Gustavo Villatoro, ministro della sicurezza del paese, ha recentemente dichiarato che continuerà fino a quando tutti i criminali non saranno catturati.

Ma continuiamo a proiettarci verso il futuro, come muteranno queste organizzazioni? Quanto saranno sostenibili i risultati di una politica di repressione? Riusciremo un giorno a considerare questi detenuti come delle persone?

In base agli standard internazionali sui diritti umani, le autorità dovrebbero garantire che le condizioni di vita dei detenuti includano l’accesso a luce e ventilazione adeguate, aria aperta ed esercizio fisico, igiene e spazio personale adeguato. Laddove i detenuti condividono una cella, le autorità sono tenute a selezionarli attentamente per garantire che siano “adatti” a frequentarsi tra loro. L’isolamento a tempo indeterminato e prolungato, la collocazione di un prigioniero in una cella buia e la punizione collettiva sono proibiti in ogni circostanza.
Inoltre, l’articolo 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici prevede che “[tutte] le persone private della libertà devono essere trattate con umanità e nel rispetto della dignità inerente alla persona umana”.

Tutto questo nel “Terrorism Confinement Center” non esiste e se l’attenzione mediatica volgerà lo sguardo altrove, come spesso capita, i diritti umani continueranno ad essere calpestati all’interno di quel campo di concentramento mascherato da prigione.

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