Non solo le proteste dei cittadini, ora indaga la Corte dei conti su una ricostruzione post-sisma che dopo tre anni è ancora ferma al 4%. L’inchiesta aperta dalla Procura umbra è volta appunto ad accertare eventuali danni pubblici causati dalla tardiva o mancata ricostruzione, seguita alle scosse di terremoto che hanno ferito il Centro Italia nel 2016. A questa si sommano le mancanze relative alla previsione sismica, al conferimento di incarichi tecnici e all’adozione del piano di ricostruzione.
Il settore statale è stato infatti duramente colpito dai ritardi: i progetti fermi riguardano i settori cruciali della vita pubblica, dalla scuola all’edilizia. D’altro canto, il privato non se la passa meglio, se si pensa alle piccole e medie imprese, oltre ai liberi professionisti, che si trovano ancora con gli immobili inagibili dove non possono esercitare le loro attività. Le ripercussioni del terremoto nel Centro Italia sono state devastanti sull’economia, in particolar modo sulla povertà e lo spopolamento.
In crisi i settori pubblico e privato, fra le macerie ancora da spalare
Come ha sottolineato lo stesso commissario straordinario per la ricostruzione, Piero Farabollini, il DL 189/2016 parte dal principio di dare priorità ai lavori pubblici, iniziando quindi dalla riedificazione delle scuole per passare alle case e infine alle aziende. Ma questo ha finito col penalizzare il lavoro e l’economia locale, senza peraltro conseguire risultati concreti nel pubblico, fra competenze che s’intrecciano e assenza di organicità nella governance.
Col risultato che a tutt’oggi siamo al “carissimo amico”, a partire dalle macerie. 60.000 tonnellate devono essere ancora rimosse in Abruzzo, 130.000 in Umbria, 220.000 nel Lazio e 464.000 nelle Marche; rispetto al totale di 2.509.043 tonnellate, dal 24 agosto 2016 ad ora quelle da spalare sono 797.544. Poco meno d’un terzo.
La ricostruzione non è mai cominciata, la speculazione invece sì
Di fatto la ricostruzione non è mai veramente iniziata. Gli sfollati sono tuttora 49.285, 114.000 schede di agibilità devono ancora essere valutate e sulle richieste di contributo si è creato un impasse, mentre gli abitanti di diversi Comuni si domandano se le case sostitutive arriveranno mai.
La speculazione? Si è generata nonostante i mille ostacoli burocratici per arginarla, crescendo come una muffa ai margini degli incartamenti stessi, dalle schede di agibilità “ritoccate” per poter affidare gli appalti a chi di dovere, al caporalato nei pochi cantieri aperti. Senza contare la speculazione per eccellenza, la propaganda delle passerelle post-sismiche di quei politici che spente le luci e finito lo spettacolo non si sono visti più mentre trascorrevano invano tre anni, tre governi e tre commissari.
Da Confindustria a Coldiretti: la lentezza della ricostruzione ha colpito tutti
E non c’è da stupirsi che vi siano territori ormai interamente spopolati, se si pensa che agli incredibili ritardi di questa ricostruzione si somma quella seguita al sisma del 2009 che a sua volta ancora ristagna. Confindustria L’Aquila ha convocato una conferenza stampa per invocare l’apertura del tavolo regionale sulla ricostruzione, fermo dallo scorso aprile. Al centro il nodo delle tasse sospese dal governo Berlusconi in seguito al terremoto, provvedimento interpretato come aiuti di Stato dall’UE che ne pretende la restituzione. Una querelle che dura da anni, riguarda 144 aziende per un esborso stimato in circa 100 milioni di euro e si va a sommare agli altri problemi, a partire proprio dalla lentezza della ricostruzione nel cratere 2009, che affligge soprattutto i piccoli Comuni aggravando lo spopolamento. Senza contare l’insufficienza degli incentivi al lavoro.
Molte aziende nelle regioni interessate hanno chiuso: la Coldiretti ha sottolineato come l’allevamento e l’agriturismo siano i settori più colpiti dall’effetto post-sisma. Nel cratere si contano 444 strutture nel settore agrituristico, oltre alla presenza di allevamenti, caseifici, frantoi e salumifici nelle zone del terremoto nel Centro Italia.
Sostegno tardivo alle fasce deboli e pressione fiscale inalterata sulle p.m.i.
Se da un lato i contributi agli sfollati hanno subito ritardi di mesi, dall’altro il sussidio stesso si è rivelato rapidamente sintomo di una visione assistenziale priva di lungimiranza, che non ha saputo o voluto intervenire sulla pressione fiscale con l’eccezione di una sospensione palliativa delle imposte. In altre parole, lo Stato ha offerto un sostegno tardivo alle fasce più svantaggiate, mentre i piccoli imprenditori e i liberi professionisti colpiti dal sisma si sono trovati a dover pagare le stesse tasse di prima.
La disperazione dei terremotati si scontra da anni con un muro di gomma, mentre muore l’economia nelle campagne come nei quartieri, nei vigneti e nelle strade provinciali.
Camillo Maffia