La Terra cava nei romanzi utopistici

Le scoperte della geologia hanno definitivamente spazzato via l’idea di una Terra cava e abitata.  Pertanto il tema dei viaggi in mondi sotterranei è diventato fuori moda. Ma, in passato, molti autori si sono avvicinati alle suggestioni offerte dall’idea di una Terra cava, esplorandone le varie possibilità.

Il genere “ipoctonio” ha avuto i suoi entusiasti estimatori e può essere ancora oggi un’interessante riscoperta

La mitologia tende a collocare nel sottosuolo il regno dei morti (Arallû, She’ol, Tartaro, Orco o Inferno). E da essa provengono svariate derivazioni letterarie (si pensi alla prima cantica della Commedia dantesca, con la sua complessa topografia infera).
Tuttavia, le prime ipotesi su cosa potesse esserci davvero dentro il nostro pianeta erano cominciate con Lucrezio e il suo De rerum Natura: “la Terra è dovunque piena di caverne attraversate dai venti”.

E in seguito altri hanno proseguito sulla scia

Athanasius Kircher  immagina una Terra ricolma di fuoco, che sgorga all’esterno attraverso i vulcani.
Cartesio avanza l’ipotesi che, sotto un mantello solido e compatto, via sia un nucleo fluido e incandescente.
Leibniz ritiene invece che l’interno del nostro globo si sia con il tempo raffreddato e solidificato.
Alla fine del Seicento, le speculazioni filosofiche non si distinguono ancora da quelle scientifiche. Ed è proprio in quest’epoca, in cui le grandi esplorazioni hanno ormai disegnato una mappa accettabilmente completa della superficie terrestre, che qualcuno comincia a guardarsi sotto i piedi. E lo fa immaginando una Terra cava, cercando di dare una struttura “razionale” a questa ipotesi.

Le ipotesi sulla Terra cava

Nel 1692, Edmond Halley, l’astronomo che ha legato il nome alla famosa cometa, propone una complessa “radiografia” del nostro pianeta: una successione di gusci sferici concentrici, rispettivamente delle dimensioni di Venere, Marte e Mercurio, e in grado di ruotare liberamente l’uno dentro l’altro.
Pare che anche il matematico Leonardo Eulero (1704-1783) abbia suggerito un’idea simile, alcuni anni dopo, sebbene come pura ipotesi accademica.
Il fisico scozzese John Leslie (1766-1832)  espande in seguito l’idea di Eulero, immaginando un mondo cavo illuminato da due soli centrali, chiamati Plutone e Proserpina (come il re e la regina degli inferi).

La prima opera narrativa sulla Terra cava

In Danimarca, nel 1741, fa la sua comparsa Nicolai Klimii iter Subterraneum (“Viaggio di Nils Klim nel mondo sotterraneo”), romanzo utopistico, scritto in latino, del barone Ludvig von Holberg. Il protagonista precipita in un foro praticato nella crosta terrestre e scopre che l’interno della Terra è cavo, con un sole centrale circondato da vari pianeti abitati. Nils Klim vive una serie di bizzarre avventure, sia sul guscio interno della Terra, sia sui pianeti ipoctoni. Splendida la cosmologia escogitata dall’autore, anche se finalizzata a satirizzare gli usi e costumi del suo tempo.

Il barone di Münchhausen

Nel 1786, Rudolf Erich Rapse invia il barone di Münchhausen nel cratere dell’Etna e lo fa incontrare con gli dèi Vulcano e Venere. Irritato per la mancanza di rispetto del barone, Vulcano lo rispedisce subito fuori… ma facendolo passare attraverso tutta la massa terrestre. Il barone riemerge nei mari del sud, in quello che è sicuramente il più rapido “viaggio al centro della Terra” della storia della letteratura.

La Terra cava in versione erotico-morbosa

Nel 1788 il veneziano Giacomo Casanova, meglio noto per le sue imprese libertine e rocambolesche evasioni, pubblica a proprie spese un romanzo dal titolo Jcosaméron.
Un fratello e una sorella cadono all’interno della Terra. Lì scoprono il mondo utopico dei Mégamicri, una specie di nanerottoli ermafroditi, di cui l’autore descrive dettagliatamente i costumi culturali e sessuali. Sebbene interessante per l’ingegnosità delle invenzioni biologiche e sociali, il romanzo di Casanova non è altro che un pamphlet dove l’autore pretende di dare un taglio filosofico alle proprie fantasie sull’incesto.
La morbosità dell’argomento, unito all’impressionante mole dell’opera (1800 pagine in 5 volumi), fanno dell’Jcosaméron un solenne fiasco. Casanova, che già versa in cattive acque, è costretto a coprire i debiti ricorrendo a prestiti elargiti da usurai, impegnando i pochissimi beni residui e perfino capi di vestiario.

La proposta di Symmes

Nel 1818, un ufficiale americano, John Cleves Symmes, rilancia ancora una volta la teoria di una Terra cava, accessibile tramite due fori aperti ai poli. La sua idea diviene subito popolarissima e, nel giro di pochi anni, viene prodotta una notevole letteratura speculativa.

Il controverso Symzonia. A Voyage of Discovery

Il romanzo esce nel 1820, firmato da un certo capitano Adam Seaborn. Il protagonista narra di aver guidato la sua nave all’interno della Terra attraverso un foro nell’Antartico e di avervi trovato un avanzatissimo popolo dalla pelle pallida.
È poco chiaro chi si nasconda dietro lo pseudonimo di Seaborn: forse lo stesso Symmes (come suggerirebbe il nome stesso di “Symzonia”). Altrettanto possibile, tuttavia, che il romanzo sia da intendersi come una satira dell’ipotesi della Hollow Earth.

Il capolavoro di Verne

È il francese Jules Verne a scrivere, nel 1864, quello che è forse il più famoso romanzo sui viaggi sotterranei, il Voyage au centre de la Terre.
Il geologo tedesco Otto Lidenbrock e i suoi compagni raggiungono il mondo ipoctonio passando attraverso il cratere di un vulcano spento, in Islanda. L’interno della Terra viene descritto come una serie di caverne sotterranee, alcune tanto grandi da contenere un intero mare, con vere e proprio nuvole sospese sotto le volte di pietra. È un mondo dove sopravvivono piante primitive e animali preistorici: un cliché che diverrà duraturo in questo tipo di narrazioni. I protagonisti, dopo essere passati per il centro della Terra, riemergeranno dal cratere dello Stromboli, nelle isole Eolie.
Dal romanzo è stato tratto un film da Henry Levin nel 1959, a cui è seguito un remake futuristico nel 2008 per la regia di Eric Brevic.



La Terra cava in versione esoterica

Tra le più famose storie sulla Terra cava va citato The Coming Race (1871), romanzo esoterico di Edward George Bulwer Lytton. In questa utopia sotterranea abitano i discendenti di uomini fuggiti anticamente dalla superficie. Rinforzata fisicamente e spiritualmente da una meravigliosa energia chiamata vril, questa razza di super-uomini è dotata di incredibili poteri e detiene conoscenze quasi soprannaturali. È dall’opera Bulwer Lytton che, probabilmente, prendono ispirazione le fantasie esoteriche sul mondo sotterraneo di Agarttha.

Il mondo sotterraneo di Filmore

Scritto da Sherry J. Filmore e pubblicato in Australia nel 1888, Phosphor. An Ischian Mystery racconta di un giovane seppellito vivo dopo aver ingerito un potente veleno. Al risveglio, si ritrova in un mondo sotterraneo, abitato da creature preistoriche e da antropoidi fosforescenti, che parlano latino. La regina di costoro – con un corpo da favola e testa di scimmia – si innamora del protagonista e cerca di trattenerlo per rinvigorire la propria razza morente. Il giovane finge di accondiscendere alla richiesta, ma uccide la regina con un serpente velenoso e torna in Australia grazie a una provvidenziale eruzione vulcanica.

Aphrodite al contrario

Non si può non citare il pomposo Etidorhpa, or the End of the Earth (il nome è l’inverso di “Aphrodite”), di John Uri Lloyd, uscito nel 1895. L’io-narrante, che si presenta come “I-am-the-Man”, viene costretto a un viaggio ipoctonio per aver tradito i segreti di una società segreta, e si muove in ambienti più allegorici che sotterranei.

No esseri umani nella Terra cava!

È quanto accade in The Smoky God, or A Voyage Journey to the Inner Earth di Willis George Emerson, pubblicato nel 1908. Il navigatore norvegese Olef Jansen penetra con la sua nave all’interno della Terra attraverso un foro polare. Ma i pacifici e saggi giganti che vivono nel mondo ipoctonio, una sorta di giardino dell’Eden, disdegnano il contatto con il mondo esterno perché ritengono i suoi abitanti barbari e incolti.

Un emulatore di Verne

Nel 1908, Edward Stratemayer pubblica, sotto lo pseudonimo di Roy Rockwood, Five Thousand Miles Underground, or the Mystery of the Centre of the Earth. In questo vero e proprio plagio del romanzo verniano, l’unico elemento di novità è il mezzo con cui il professor Amos Henderson si mette in viaggio per il centro della Terra: una speciale nave volante che, al posto delle vele, ha un contenitore rigido che, all’occorrenza, può essere riempito di gas superleggero.

E poi la svolta…

In questa successione di operette minori (citate solo in parte), bisogna attendere il 1914 per un romanzo in grado di rivaleggiare con il capolavoro di Verne. Si tratta di At the Earth’s Core, di Edgar Rice Burroughs,  creatore del ciclo di Tarzan e di John Carter di Marte.
Il protagonista David Innes si avvale di una talpa meccanica, dotata di una punta perforatrice, inventata da un paleontologo dilettante, Abner Perry. Ai comandi della loro bizzarra macchina, i due penetrano nella crosta terrestre per un primo collaudo. Ma, impossibilitati a cambiare rotta, sono costretti a proseguire verso il centro del pianeta, attraverso zone di caldo bruciante e di intenso freddo. Innes e Perry sono ormai certi di essere destinati a una morte per soffocamento, quando, percorsi settecento chilometri, sbucano alla superficie del mondo interno.

At the Earth’s Core è solo il primo romanzo del fortunato ciclo ambientato a Pellucidar

Pellucidar costituisce una delle più memorabili invenzioni di Burroughs. Illuminato da un sole in miniatura,  è dotato di continenti e mari in posizioni analoghe a quelle sulla crosta terrestre. Non essendovi alternanza di giorno e notte, gli abitanti di Pellucidar non concepiscono lo scorrere del tempo, con strane conseguenze alle loro abitudini. Il mondo interno è abitato da un gran numero di razze, animali, mostri. Per esempio i Mahars, pterodattili intelligenti, spietati tiranni di Pellucidar, o i Sargoth, creature scimmiesche al loro servizio. Questi ultimi catturano gli esseri umani per ridurli in schiavitù, sacrificarli nei riti antropofaghi dei Mahars, o farli combattere nelle arene come gladiatori.
Tanto calorosa è l’accoglienza del libro alla sua uscita, che Burroughs ne scrive ben sei seguiti (compreso uno spin-off con il ciclo di Tarzan).

Altri viaggi nella Terra cava

Citiamo en passant , Vladimir Afanas’evič Obručev  con Plutonija (1924) John Martin Leahy con Drome (1927), e Alpheus Hyatt Verrill con il poco originale The Inner World (1935). Rimarchevole è invece In Caverns Below (1935) di Stanton A. Coblentz, dove il tema della Terra cava è utilizzato per fare satira sulle dittature che, all’epoca, erano in piena ascesa in Europa e in altre parti del mondo.

I racconti di Abraham Merritt

L’autore più interessante, tra le due Guerre, è Abraham Merritt. Scrittore dalla fantasia assai sbrigliata e dalla prosa barocca e colorita, scrisse ben più di un’opera incentrata sui viaggi infra-terrestri. Il suo primo racconto, The People of the Pit (1918), è la vicenda di un esploratore che, calatosi in un cratere vulcanico dell’Alaska, scopre una città abitata da mostri simili a molluschi traslucidi. In The Moon Pool (1919), gli iponauti trovano nel sottosuolo una favolosa città di alieni immortali, robot, nani, uomini-rana e morti viventi.

L’esaurimento di un filone

Con Burroughs e Merritt il genere “Terra cava” raggiunge il suo apice e il suo declino. Dagli anni Trenta in poi, gli scrittori di romanzi fantastici abbandoneranno il centro della Terra e cominceranno a lanciarsi nella direzione opposta. Su, verso le stelle.

Claudia Maschio

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