Mercoledì scorso, il Canada ha ufficialmente vietato le cosiddette “terapie di conversione” per le persone appartenenti alla comunità Lgbt+. Scopriamo insieme cosa sono e qual è la situazione nel mondo per una questione ancora fortemente ignorata.
Cosa sono le terapie di conversione?
Le terapie di conversione, conosciute anche con il nome di “terapie riparative” o “di riorientamento sessuale”, sono pratiche messe in atto per modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere delle persone appartenenti alla comunità Lgbt+.
Attuate sin dalla fine dell’Ottocento, sono pratiche prive di fondamento scientifico. Queste partono dal presupposto che l’unico orientamento sessuale possibile in natura sia quello eterosessuale e l’unica identità di genere sia quella cisgender. Il discostarsi da questa norma è considerato una devianza, una patologia che deve essere curata.
Le terapie di conversione sono praticate soprattutto da organizzazioni religiose, professionisti della salute mentale o curatori attraverso metodi spregevoli, come privazione del cibo, ipnosi, abusi verbali, elettroshock, esorcismi, nonché stupri correttivi.
Cosa ne pensa la comunità scientifica?
Già nel 1973, l’American Psychiatric Association (APA) ha rimosso l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Lo stesso ha fatto, nel 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, definendo l’omosessualità come “una variante naturale del comportamento umano”.
Dato per certo che l’omosessualità non è una patologia, ne consegue che essa non può e non deve essere curata. L’APA infatti, nel 1998, ha annunciato la sua opposizione a qualunque tipo di trattamento psichiatrico mirante a modificare l’orientamento sessuale di una persona.
Le più importanti associazioni mediche e di salute mentale hanno sottolineato l’inesistenza di basi scientifiche a supporto delle terapie di conversione. Hanno inoltre documentato i danni che queste provocano sulla salute mentale di chi ne è sottoposto. Alcuni tra questi sono ansia, depressione, isolamento sociale, vergogna e pensieri suicidi.
Il Consiglio Internazionale per la Riabilitazione delle Vittime di Tortura (IRCT) considera le terapie di conversione come forme di tortura.
In Italia, a partire dal 2008, l’Ordine degli Psicologi ha vietato la pratica delle terapie riparative, senza però fornire vere e proprie linee guida.
Lo stop alle terapie di conversione in Canada
Dopo alcuni tentativi falliti, il disegno di legge che vieta di promuovere, praticare e pubblicizzare le terapie di conversione è stato approvato all’unanimità dal parlamento canadese. La legge entrerà in vigore il 7 gennaio 2022.
Oltre a vietare le terapie riparative nei confronti dei minori e degli adulti non consenzienti, la legge proibisce di ricorrere a queste pratiche anche nei confronti di adulti consenzienti. Dispone poi l’impossibilità di sottoporre i minori a terapie di conversione all’estero e punisce chi trae profitto mettendo in pratica una terapia riparativa. Questi reati sono puniti con la reclusione da 2 a 5 anni.
Justin Trudeau, Primo Ministro canadese, ha commentato così la notizia su Twitter:
«È ufficiale: la legislazione del nostro governo che vieta la pratica spregevole e degradante della terapia di conversione ha ricevuto l’assenso reale, il che significa che ora è legge. Canadesi LGBTQ2, difenderemo sempre voi e i vostri diritti.»
It’s official: Our government’s legislation banning the despicable and degrading practice of conversion therapy has received Royal Assent – meaning it is now law. LGBTQ2 Canadians, we’ll always stand up for you and your rights.
— Justin Trudeau (@JustinTrudeau) December 8, 2021
La situazione nel resto del mondo
Secondo un report pubblicato dalle Nazioni Unite nel 2020, le cosiddette terapie di riorientamento sessuale sarebbero ancora praticate in 68 Paesi.
Nonostante la comunità scientifica ne abbia attestato la pericolosità e l’inefficacia, solo pochi Stati hanno bandito le terapie di conversione. Rientrano tra questi Brasile, Ecuador, Germania, Taiwan e Malta. Alcuni Paesi come Francia, Gran Bretagna e Nuova Zelanda, intendono approvare il prima possibile una legge che le vieti. In altri Stati sono invece previste delle restrizioni a livello locale. Ad esempio, negli USA 19 Stati hanno scelto di vietare queste pratiche. Lo stesso è accaduto in diverse zone della Spagna e dell’Australia.
In Italia…
Purtroppo l’Italia rientra tra i Paesi che non hanno ancora adottato una legislazione in merito. Le terapie di riorientamento sessuale, infatti, non sono vietate. E anche se non vengono praticate con metodi quali l’elettroshock, vengono comunque messe in atto attraverso la manipolazione e l’umiliazione delle persone omosessuali.
L’unico tentativo di vietarle è avvenuto nel 2016. L’ex senatore ed ex presidente di Arcigay, Sergio Lo Giudice, aveva presentato un disegno di legge che punisse con una reclusione fino a 2 anni, oltre che con una multa fino a cinquantamila euro, chiunque praticasse queste terapie riparative. Il Parlamento, tuttavia, non ha mai discusso il disegno di legge.
Il tema delle terapie di conversione è ancora poco dibattuto. Non viene affrontato neppure quando l’attenzione politica e mediatica è interamente concentrata sui diritti della comunità Lgbt+.
Eppure gli effetti di tali pratiche sugli adulti e sugli adolescenti sono drammatici. Questi, infatti, vengono esortati a reprimere la propria sessualità per conformarsi alle aspettative sociali. Costringere una persona a sottoporsi ad una terapia riparativa non fa che aumentare lo stigma intorno a tutto ciò che si discosta dalla eterocisnormatività.
Per questa ragione è fondamentale iniziare a parlarne e muovere i primi passi per la creazione di una società più giusta e rispettosa dell’individualità di ciascuno.
Federica Fiorello