Se l’argomento non fosse tanto serio mi abbandonerei a facili battute sullo studio pubblicato su ACSNano dal team di Mariana Medina-Sánchez dell’Institute for Integrative Nanosciences del Leibnitz Institude di Dresda che documenta l’uso di sperma come vettore nelle terapie anticancro.
In realtà da semplice appassionato di scienza ma non laureato in medicina o in biologia posso dire che l’idea sembra così naturale che è strano non ci avessero pensato prima. Che cosa ci insegnano fin dai livelli scolastici più bassi? La capacità degli spermatozoi di nuotare risalendo l’apparato riproduttivo femminile alla ricerca del loro bersaglio.
Negli ultimi anni il mondo delle terapie anticancro si è concentrato sul problema di guidare i farmaci sul tumore, sia per una maggiore efficacia della terapia che per evitare che questi potenti farmaci si disperdano e diffondano in maniera non necessaria in organi sani.
Dunque si è cominciato ad usare come vettori dei batteri in cui si inserisce il farmaco antitumorale, i batteri hanno autonoma capacità di movimento e si è scoperto che si può guidarli dove vogliamo noi con campi magnetici.
La nuova ricerca usa lo sperma come vettore
Nell’usare i batteri come vettori c’è pero un ostacolo il sistema immunitario del paziente. Dunque la Medina-Sánchez e colleghi cercando un altro vettore hanno pensato di usare lo sperma come vettore per terapie anticancro nel caso di tumori dell’apparato riproduttivo femminile. Ovviamente introducendo sperma nell’apparato riproduttivo femminile questo non viene considerato un intruso dal sistema immunitario, se così non fosse non ci riprodurremmo. La sperimentazione ha utilizzato sperma bovino, nelle cellule è stato introdotto un comune farmaco anticancro chiamato doxorubicina e sono state corredate con una minuscola imbracatura di materiale che rispondesse al campo magnetico per poterle guidare proprio come si fa coi batteri. Le cellule di sperma che contenevano il medicinale sono state guidate verso un cancro della cervice uterina che era stato fatto crescere in laboratorio. I risultati sono stati molto incoraggianti: pochissima dispersione del farmaco durante il tragitto e 80% delle cellule tumorali uccise.
Siamo solo agli inizi di questa sperimentazione, ci vorrà tempo per testare il metodo sugli animali e finalmente sugli uomini, ma in futuro potremmo avere un nuovo e più efficace mezzo di consegna mirata dei farmaci nelle terapie anticancro per quel che riguarda l’apparato riproduttivo femminile.
Roberto Todini