La notizia proveniente dalla Scuola di Ingegneria e Scienze Applicate A. Paulson dell’Università di Harvard rappresenta la speranza di un radicale miglioramento della qualità della vita per le decine di milioni di persone nel mondo affette da diabete di tipo I.
Su PNAS è stato pubblicato uno studio che documenta come i ricercatori siano riusciti a superare gli ostacoli allo sviluppo di una terapia insulinica orale, in altre parole hanno ideato una pillola che potrebbe sostituire le una o due iniezioni di insulina quotidiane indispensabili per questi pazienti cronici. Si tratta di una specie di Santo Graal, non è che non ci si fosse provato in precedenza, la somministrazione tramite iniezioni è una terapia a cui non è facile attenersi con scrupolosità, a parte la non trascurabile fobia per gli aghi, si tratta di un metodo di somministrazione che cozza con gli impegni della vita quotidiana di un persona attiva, molto più di quanto faccia ingerire una pillola.
Ma quali erano i problemi da superare? L’insulina è una proteina che dobbiamo proteggere dagli acidi dello stomaco, ma non è finita là, anche se troviamo un modo per farla arrivare intatta nell’intestino lì ci sono degli enzimi che scindono le molecole complesse delle proteine in amminoacidi, noi invece naturalmente abbiamo bisogno che l’insulina sia assorbita nel flusso sanguigno così com’è.
Amrita Banerjee primo autore dello studio, un post dottorando che ha firmato il lavoro insieme al suo professore Samir Mitragotri che dirige il laboratorio dove si è svolta la ricerca, spiega che la loro soluzione a problemi multipli necessariamente ha dovuto essere complessa, ha paragonato al fornire all’insulina un coltellino svizzero.
Il problema dei succhi gastrici dello stomaco è stato superato con un rivestimento polimerico, una volta giunto nell’intestino nell’ambiente alcalino che vi trova il polimero si scioglie, ma non rilascia un’insulina “indifesa”, l’insulina nella pillola è infatti contenuta in un liquido ionico composto da colina e acido geranico. Il liquido non solo ha mantenuto l’insulina stabile ma le ha permesso di superare gli ultimi due ostacoli, la parete di muco dell’intestino e attraversare il reticolo di cellule molto stretto della parete dell’intestino, per arrivare finalmente a destinazione ed entrare nel flusso sanguigno.
Ora bisognerà vedere se dalla ricerca si riuscirà a passare effettivamente a un medicinale da immettere sul mercato, anche in questo caso, come in tanti altri di cui ho scritto, la scoperta va anche oltre le decine di milioni di insulino-dipendenti, infatti esistono altri farmaci che sono delle proteine o dei peptidi e naturalmente anche per quelli vale lo stesso discorso fatto per l’insulina che ne ha impedito la somministrazione per via orale.
Roberto Todini