L’università di Sassari e il professore Federico Zappino sono al centro di una polemica innescata dalla richiesta di chiusura del corso di Teorie di genere e queer, lanciata dal deputato leghista Rossano Sasso. Mentre Sasso accusa il corso di essere parte di una presunta “agenda gender,” una mobilitazione internazionale di studiosi e associazioni si schiera in difesa della libertà accademica.
È una polemica a scoppio ritardato, quella che ha travolto l’università di Sassari e il professore Federico Zappino. L’oggetto del contendere è un insegnamento erogato dal corso di studi in Scienze politiche dal nome Teorie di genere e queer. A scoppio ritardato perché il corso esiste già dallo scorso anno accademico, ed è stato riattivato quest’anno grazie all’enorme successo riscontrato tra gli studenti, oltre 200 l’hanno scelto nel proprio piano di studi.
Forse l’anno scorso i detrattori dormivano, o magari erano impegnati in altre polemiche e attacchi personali, ma quest’anno non è sfuggito agli occhi inquisitori dei censori. A lanciare l’allarme, pochi giorni fa, è stato il deputato leghista Rossano Sasso, che dai sui canali social, ha invocato l’intervento del governo e la chiusura del corso. L’onorevole ha fatto di questa “vicenda cupa” (parole sue) la sua crociata personale, con post quotidiani e interventi in Parlamento.
Le argomentazioni si basano sulla trita narrazione che esisterebbe un progetto preciso di indottrinamento dei giovani definito ideologia gender, teoria gender, agenda gender o simili. Sasso ha avviato una petizione (1.132 firme) contro “docenti ideologizzati” e corsi che vogliono “minare all’identità sessuale soprattutto di adolescenti” (sic!) e si appella direttamente alla ministra dell’università e della ricerca Bernini.
Ma un’altra ben più partecipata petizione è giunta sulla scrivania della ministra quest’oggi: quella di 3.000 studiosi che si occupano di studi di genere e queer nelle università di mezzo mondo. Prima firmataria Judith Butler, filosofa e autrice conosciuta, studiata e citata da decenni come una delle massime autorità in materia. La lettera, riportata dal Manifesto, restituisce al professore Federico Zappino la professionalità messa in discussione da detrattori e odiatori ricordando che:
«ha offerto un contributo importante alla diffusione del pensiero queer in Italia. Ha, infatti, al suo attivo numerose pubblicazioni, anche su riviste scientifiche internazionali, nonché libri molto letti e tradotti anche in altre lingue. Da oltre un decennio traduce in italiano i principali lavori di Judith Butler e di altre importanti autrici queer e femministe, […]Di recente ha inoltre ricevuto il titolo di Honorary Fellow presso il Birkbeck College di Londra»
Gli stessi colleghi del professore hanno scelto di scrivere una lettera per manifestare solidarietà al collega, per esprimere preoccupazione e per ricordare che «nelle democrazie costituzionali il giudizio su cosa sia scientifico non è appannaggio delle autorità politiche». È la stessa Costituzione a dirlo, all’articolo 33: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
Nonostante stia solo facendo valere il suo diritto costituzionale, il professor Zappino sta ricevendo in questi giorni attacchi personali vergognosi. È la solita gogna pubblica che viene attivata quando una questione complessa è semplificata da un esponente della destra-destra e data in pasto al pubblico social con tanto di nomi e fotografie. Non mancano però le attestazioni di stima e solidarietà da associazioni come l’Anpi, la Cgil, il Mos, l’Arc di Cagliari, il circolo Mario Mieli di Roma e da singoli cittadini.
Il professore, intervistato dal giornale sardo La Nuova Sardegna, ha dichiarato:
«se i contenuti del mio insegnamento possono suscitare gli attacchi violenti e carichi di odio ai quali abbiamo assistito, da parte di un deputato di maggioranza, è perché non c’è consenso unanime attorno al fatto che le varie forme di oppressione, diseguaglianza e violenza di genere e sessuale siano degne di un’attenzione accademica e scientifica, oltre che politica e pubblica».
Questo rende il suo corso ancora più necessario, così da fornire degli strumenti critici capaci di aiutare le nuove generazioni a leggere la realtà e la società nella quale vivono, e di porre rimedio a questioni come i femminicidi e i fenomeni d’odio.
Teorie di genere e queer nel mondo
Gli studi queer fanno parte dei curricula universitari delle più importanti accademie al mondo sin dagli anni ’70. Inizialmente concentrati sulle produzioni letterarie e culturali di autori LGBTQIA+ dimenticati, per poi allargarsi alla teoria critica. Originati negli Stati Uniti d’America, hanno presto attraversato l’Atlantico e sono oggi insegnati anche in paesi non occidentali come il Ghana, il Brasile, il Kenya, il Sud Africa e altri.
Tuttavia, negli ultimissimi anni, l’onda complottista ed estremista che ha preso di mira la cultura dell’inclusione ha iniziato a fare pressioni affinché il vecchio ordine sociale tornasse alla sua posizione di dominio. Tra il 2021 e il 2023 quasi 10.000 libri sono stati bannati negli USA, la metà ha come protagonista una persona LGBTQIA+, l’altra una di discendenza afroamericana. A fare peggio sono la Florida e il Texas, ma il fenomeno si è ormai allargato su 41 stati.
Se si uniscono con obiettività tutti questi puntini pare che l’ideologia pericolosa con cui si vuole indottrinare i giovani sia un’altra: quella che esista un solo modo di essere umani, un solo modo di amare, un solo modo di essere; e chi non ci si conforma meriti attacchi personali, derisioni, interrogazioni parlamentari. Meriti, insomma, la censura.
Si spera che a rispondere all’odio saranno, una volta ancora, gli studenti dell’Università di Sassari, scegliendo liberamente se partecipare al corso oppure no. Con quella libertà sancita dalla Costituzione che vieta alla politica smemorata di decidere ciò che è arte e ciò che è scienza.