Arriva notizia dall’Università di Reading di uno studio nell’ambito del tempo meteorologico spaziale che sottolinea l’importanza di conoscere la velocità delle espulsioni di massa coronale (o CME dall’acronimo inglese coronal mass ejection) e indica un nuovo più preciso metodo per farlo.
Lo studio è stato pubblicato su Space Weather.
Ci sono due termini nel paragrafo precedente che potrebbero essere oscuri per qualcuno: tempo meteorologico spaziale e espulsioni di massa coronale.
Che si intende per tempo meteorologico spaziale
Il concetto è lo stesso del tempo meteorologico atmosferico, mentre questo si occupa delle variazioni meteorologiche atmosferiche (temperatura, pioggia, vento, etc.) il tempo meteorologico spaziale si occupa del cambio delle condizioni ambientali all’esterno dell’atmosfera, soprattutto nel vicino spazio, relative ai fenomeni che comprendono il plasma, i campi magnetici, le radiazioni.
Forse non a tutti è noto quanto le costosissime apparecchiature di cui pullula il vicino spazio (tanto i satelliti che scrutano il nostro pianeta o ci aiutano nelle comunicazioni che i telescopi che esplorano le profondità dello spazio) possano essere seriamente danneggiati dalle bizze del nostro Sole.
Senza contare il rischio per gli astronauti, quando ci limitavamo a mandare astronauti nello spazio per un paio di giorni era improbabile misurarsi con problemi del genere, ma da alcuni anni abbiamo una presenza permanente nello spazio, l’equipaggio della ISS.
Alcuni anni fa un satellite per trasmissioni televisive appena messo in orbita fu spento come una candelina da una tempesta solare, potete immaginare quanti soldi andarono persi.
Il punto è che se avvertiti per tempo si può fare qualcosa per evitare i danni sia alle costose attrezzature che alle persone. Per quel che riguarda gli astronauti sulla stazione spaziale internazionale è stato creato un modulo schermato in cui al bisogno possono rifugiarsi.
Per quel che riguarda i satelliti, esistono misure evasive da intraprendere, ad esempio il satellite di cui sopra fu bruciato dalle interazioni delle particelle con i pannelli solari da cui ricavava l’energia, in pratica fu fulminato, probabilmente sarebbe bastato richiudere i pannelli solari durante il picco della tempesta per non perderlo.
In conclusione il tempo meteorologico spaziale è una materia molto seria, fondamentale per la nostra presenza nello spazio.
Cos’è una espulsione di massa coronale
Nella corona solare si verificano delle espulsioni di plasma (costituito essenzialmente da elettroni e protoni ma anche da piccole quantità di atomi di elio, ossigeno, ferro … ) , a volte queste emissioni (getti coronali) seguono la rotazione della superficie solare, a volte invece si allontanano in verticale. Tra le altre cose le CME quando raggiungono la Terra sono responsabili di straordinarie aurore: quando la nube raggiunge la Terra comprime la magnetosfera nella parte illuminata dal Sole e la allunga sul lato opposto. Quando avviene la riconnessione della magnetosfera nella zona notturna si generano migliaia di miliardi di watt di potenza diretti verso l’atmosfera terrestre. Le CME e i brillamenti solari causano interferenze nelle trasmissioni radio ma nei casi più intensi sono i responsabili dei maggiori pericoli per astronauti e satelliti illustrati nel paragrafo precedente.
Cosa ha scoperto il nuovo studio
Il professor Matthew Owens, autore principale dello studio spiega quale sia l’importanza del loro studio che indica un nuovo modo di misurare la velocità del getto di materia espulsa e quindi stabilire con più precisione l’ora di arrivo, il problema delle attuali previsioni del tempo meteorologico spaziale è che sono poco precise e danno origine a un sacco di falsi allarmi. Ora per quanto riguarda la salute degli esseri umani l’approccio deve essere (parole dello stesso scienziato) assolutamente “better safe than sorry” cioè massima precauzione, ma per quel che riguarda le apparecchiature, dal momento che le manovre che si intraprendono hanno un costo, ripetuti falsi allarmi possono portare a costi maggiori dei danni che effettivamente si potrebbero verificare in molti casi. Risulta dunque essenziale migliorare l’affidabilità delle previsioni, il loro studio rappresenta un passo avanti permettendo di calcolare con più precisione il picco della tempesta spaziale. Il prossimo passo dovrà essere migliorare la nostra capacità di prevedere l’effettiva intensità del fenomeno in modo da intraprendere solo le azioni necessarie per evitare gravi danni.
Roberto Todini