Negli ultimi anni le scuole italiane hanno delineato progetti per implementare, quanto meglio possibile, le tecnologie didattiche digitali al loro interno. Grazie ad esse godrebbero di un apprendimento migliore gli studenti nonché si stimolerebbe all’innovazione. Ma è davvero così?
Cosa sono però le tecnologie didattiche digitali?
Con tecnologie didattiche digitali ci a riferiamo a tutti quei mezzi che operano su sistemi operativi di computer, tablet o altri dispositivi digitali con finalità didattiche. Con questo termine si sottintende così un apprendimento possibile per mezzo di strumenti che ormai fanno parte appieno della nostra quotidianità e il cui utilizzo è stimolante per gli studenti.
Non è scontato, tuttavia, che le tecnologie possano favorire l’apprendimento. Per questo nel corso del tempo si sono delineate due distinte correnti di pensiero che cercano, attraverso studi, di dimostrare le loro tesi. C’è chi vede in tali tecnologie delle difficoltà concrete che insegnanti e studenti hanno inconsapevolmente nella loro applicazione. C’è chi, invece, le trova in congiunzione con l’insegnamento come una possibilità per espandere le soft skills e garantire un apprendimento diversificato a seconda degli studenti.
Le tecnologie digitali, pro o contro, rappresentano comunque una realtà su cui si sta investendo nei diversi paesi, tra cui anche l’Italia, nonostante non esistano studi precisi su di esse. Il motivo è dato dall’espansione che si sta avendo con esse, ma rappresentano davvero una realtà su cui in Italia si sta investendo? E come possiamo vederle in relazione agli studi che si stanno conducendo?
Tecnologie didattiche digitali: i punti a favore
Le tecnologie didattiche digitali, innanzitutto, sono viste come uno strumento che permetta di fornire una strategia didattica specifica a seconda delle esigenze dell’alunno. Il che, in linea di principio, vuol dire che sarebbe possibile, se si hanno tipo delle lacune in determinate discipline, fare in modo che in quest’ultime si possano avere dei risultati migliori.
Non solo: si sostiene di conseguenza come le tecnologie didattiche digitali consentano l’apprendimento di studenti con BES. In particolare, per esempio l’utilizzo di sintesi e un riconoscimento vocali e di strumenti di lettura schermo permette l’apprendimento ai non vedenti. Oppure, amplificatori sonori e tecnologie di videoconferenza facilitano l’utilizzo del linguaggio dei segni e la letture delle labbra.
Inoltre, secondo una ricerca, con esse si può garantire un una maggiore produttività. Ciò è possibile perché si hanno una migliore pianificazione dei contenuti didattici, risorse multimediali che ampliano l’apprendimento tradizionale e una valutazione rapida e approfondita degli studenti.
Grazie alle tecnologie didattiche digitali, per giunta, si è dimostrato come si possano creare biblioteche online in cui si può discutere di argomenti e chiedere aiuto a specialisti in caso di difficoltà didattiche.
Da una ricerca, peraltro, si è visto come sia possibile semplificare di molto l’apprendimento in luoghi isolati. Fornendo infatti un facile accesso alle risorse di apprendimento consente a certe studenti nel mondo di risparmiare notevole tempo per il raggiungimento di infrastrutture scolastiche.
A tutto ciò bisogna aggiungere come lavagne digitali, smartphone, tablet e computer permettano di risparmiare tempo durante la lezione. È il risultato di uno studio che ha visto come gli studenti e insegnanti possano condividere risorse, interagire con esse e porre domande prima di una lezione.
Infine, secondo una ricerca, con le tecnologie didattiche digitali gli studenti si sforzano di costruire conoscenze, comprensione e competenze e di conseguenza stimolano inconsapevolmente la loro curiosità.
Invece i punti contro?
Per quanto riguarda i punti opposti, le tecnologie didattiche digitali, innanzitutto, non apportano alcun cambiamento reale. È il risultato di una ricerca che evidenzia come spesso le si utilizzano per migliorare gli approcci didattici già esistenti piuttosto che sostituirli. Si è visto infatti come, ad esempio, un certo calcolatore venisse utilizzato con una diversa grafica senza modificare l’apprendimento. Si va generalmente a considerare soprattutto l’estetica e la comodità delle tecnologie. Seppur non rappresenti una preoccupazione per gli insegnanti, si trascura così la qualità delle tecnologie digitali.
Inoltre, uno studio ha evidenziato come esista una falsa percezione tra tecnologie didattiche digitali e apprendimento. Si è osservato come frequentemente, in ragione di ciò, non si dia importanza ad esse perché si ritiene migliorerebbero, di per sé, l’apprendimento.
A ciò una ricerca aggiunge che l’utilizzo eccessivo di tali tecnologie possa causare gravi problemi di salute mentale come ansia, depressione, suicidio e disturbi comportamentali. Negli anni, infatti, ha osservato come siano aumentati questi problemi nelle scuole rendendo peraltro discutibile l’utilizzo di tecnologie negli istituti. Di conseguenza gli utilizzatori di questi strumenti non solo non hanno appreso contenuti didattici, ma anche hanno affrontato al contempo dei problemi legati all’uso delle tecnologie. Pertanto, quando cercavano di studiare, si sentivano ansiosi e sopraffatti e lavoravano attorno all’uso delle tecnologie piuttosto che sul materiale didattico all’interno di esse.
Tra l’altro, è proprio lavorando attorno alle tecnologie didattiche digitali che gli utilizzatori di esse non ottengono prestazioni scolastiche sperate secondo uno studio. Il che non riguarda solo chi soffre di disturbi di salute mentale. Ogni studente, infatti, non riesce a destreggiarsi tra i contenuti didattici di una lezione e l’uso di queste tecnologie. Come conseguenza, le prestazioni diminuiscono per la scarsa concentrazione dedicata al contenuto didattico, anche se si è più capaci di svolgere attività in contemporanea.
Tecnologie didattiche digitali: come possiamo dunque considerarle?
Se da una parte le tecnologie didattiche digitali diano vantaggi nell’apprendimento, dall’altra vanno ad essere utilizzate in modo sbagliato e a minare quest’ultimo. Di conseguenza non si dà considerazione al loro utilizzo quanto si dovrebbe, il che va ad essere un problema e non porta benefici. Spesso infatti siamo talmente abituati a loro che ci sembra di conoscerle abbastanza, ma non è così. Non sappiamo ad esempio quali effetti abbiano sulla nostra persona, né come peraltro funzionano. Inoltre pensiamo che esse siano la panacea di ogni nostra difficoltà nelle nostre attività quotidiane perché rapide e pertanto siamo portati a utilizzarle frequentemente.
E a proposito di ricerche, quest’ultime debbono essere un riferimento per orientarci ottimalmente all’uso di queste tecnologie, anche sulla base di quanto possiamo ammettere dall’esperienza. E le tecnologie didattiche digitali, come evidenziato in ambito di ricerca, non sono un modo per rendere apparentemente più formativa una lezione, anche perché è uno spreco economico di risorse.
Cosa si può fare nello specifico e cosa si sta facendo in Italia?
In Italia, come detto inizialmente, si sono presentati progetti per fornire alle scuole tecnologie didattiche digitali, considerando peraltro anche il divario tra Nord e Sud. Essenzialmente essi fanno parte di un Piano Nazionale Scuola Digitale del 2015. All’interno del piano si articolano potremmo dire in tre parole queste tecnologie: espansione, competenza ed innovazione. Si vuole garantire quindi una capillarità dei mezzi, un loro uso di qualità e una loro sperimentazione innovativa. Il digitale, così chiamata l’introduzione delle tecnologie digitali a scuola, è visto come uno strumento di connessione e veicolo di cambiamento.
Il piano, tuttavia, spesso non identifica in modo chiaro e comprensibile gli indicatori per valutare i progressi sul digitale. Perciò, l’introduzione delle tecnologie didattiche digitali non va ad avere impatti positivi concreti e si presenta come una retorica per una trasformazione meglio non precisata. Non solo: va a rappresentare un inutile spreco di risorse economiche, considerando che l’Italia sta spendendo 4,9 miliardi sulla digitalizzazione di cui 2,5 miliardi all’incirca per 100.000 classi innovative e laboratori per le professioni digitali del futuro. Nello specifico, per il digitale si stanno investendo 1,3 miliardi nelle classi, 4 milioni per laboratori e 800 milioni per la formazione degli insegnanti.
Senza indicatori, però, come già detto è difficile valutare gli investimenti e si tratta di interventi senza margine. Come tali, considerando gli studi sugli effetti negativi, di certo non hanno effetti positivi.
Per aver dunque quest’ultimi, come dice Roberto Maragliano, noto pedagogista italiano che si è soffermato sul digitale, «bisogna avere il coraggio di introdurre le nuove tecnologie sapendo che, una volta introdotte, la cultura digitale è eversiva dell’ordine». Lui intende dire che è necessario un approccio pragmatico sulle tecnologie didattiche digitali fatto di esperienza. Il digitale, infatti, ad esempio presuppone una dinamica di gruppo ma viene usato come mezzo individuale e per isolarsi. Oppure, il digitale servirebbe a rendere più flessibile e critico il pensiero ma viene usato come mezzo immediato d’informazione. O ancora, il digitale si dovrebbe utilizzare per espandere multimedialmente i contenuti didattici ma si ripropongono le informazioni del cartaceo. E si potrebbero fare altri esempi del genere.
Sulla base di questi esempi dunque dovremmo partire a un ripensamento del digitale così come lo si sta attuando al fine di migliorare la scuola e le ricerche peraltro ci devono aiutare in questo.
Nicola Scaramuzzi