Fratelli d’Italia ha presentato a Montecitorio due proposte di legge fortemente caldeggiate da Giorgia Meloni: una per aumentare le pene a chi aggredisce un pubblico ufficiale e “garantire la punibilità aumentando la pena”, e una per modificare il reato di tortura.
Dopo un iter parlamentare controversa e molto discussa, dopo i molteplici moniti dell’Unione Europea e i numerosi richiami delle organizzazioni umanitarie, poco più di un anno fa, la scorsa legislatura introdusse finalmente il reato di tortura all’interno del codice penale italiano. Benché il provvedimento fosse molto atteso, non furono poche le polemiche che si scatenarono dopo l’approvazione. Furono molti, infatti, a pensare che il testo originario fosse stato completamente “stravolto” con le modifiche apportate dal Senato e il primo firmatario, il presidente della Commissione per i diritti umani Luigi Manconi, rifiutò addirittura di votare. Mentre le Ong e le associazioni per i diritti umani si espressero, definendo la legge sulla tortura “troppo timida”.
Nonostante ciò, oggi il reato di tortura torna al centro dell’opinione pubblica per una proposta di legge di Fratelli d’Italia che, oltre a voler aumentare le pene per i reati di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, mette nuovamente in discussione la recente legge, poiché impedirebbe alle forze dell’ordine di compiere il proprio lavoro.
Giorgia Meloni ha sintetizzato l’iniziativa parlamentare attraverso un tweet che ha scatenato un diluvio di reazioni e di polemiche sui social. La presidente di Fratelli d’Italia ha inizialmente scritto: “il reato di tortura impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro“. Per poi cancellare il tweet e riscriverlo aggiungendo che il reato di tortura – “come è formulato oggi” – impedisce alle forze dell’ordine di fare il proprio lavoro, correlando a tutto ciò un video personale. Numerosi i commenti sconcertati: «Quindi il loro ‘lavoro’ è torturare?», domandano diversi utenti, mentre la cantante Fiorella Mannoia si dice «certa che anche le forze dell’ordine trovino l’affermazione offensiva». Insorge dal proprio torpore anche la sinistra: «Roba da matti. O, semplicemente, da fascisti», attacca da LeU Nicola Fratoianni. Ma Meloni con il video allegato al secondo tweet – il primo è sparito – precisa che la proposta è «modificare» il reato «così com’è codificato oggi».
«Gli uomini e le donne in divisa – spiega Meloni – devono poter svolgere il loro lavoro in sicurezza e con dignità». «Tutti siamo contrari alla tortura, ma bisogna capire cos’è la tortura», ha detto ancora la presidente di Fdi.. «Se dai 12 anni a un agente per minacce psicologiche, io non sono d’accordo». Con l’introduzione del reato «gli agenti sono stati mortificati» e non sono stati messi in condizione di svolgere il loro lavoro perché basta un «insulto – afferma – per rischiare pene fino a 12 anni». Fdi punta dunque a trasformare il reato in una «circostanza aggravante», perché così come è previsto «è sproporzionato».
A queste parole risponde anche il presidente del Pd Matteo Orfini per il quale dire che la nuova legge impedisca agli agenti di «fare il loro lavoro è offensivo e irricevibile. Semmai il tema è come rafforzare quella legge per renderla più efficace nell’evitare abusi».
Il nostro paese soffre da sempre degli stessi mali, uno fra questi è la mancanza di memoria sulla nostra storia recente e passata. I casi Cucchi, Uva e Aldrovandi, tristemente noti a tutti, i cui protagonisti sono divenuti celebri a loro insaputa, non insegnano molto evidentemente. Genova, il G8 del 2001 e Bolzaneto probabilmente non sono serviti a migliorarsi.
Il fatto che l’Italia, patria dell’autore Dei delitti e delle pene, abbia subito numerose condanne internazionali a causa del vuoto normativo su questo argomento, non porta allo sdegno ma neanche a riflettere e ad interrogarsi. Ogni volta che c’è un passo in avanti, per quanto questo possa essere incerto e zoppo, l’impressione è che chi verrà dopo, ne vorrà fare due indietro.
Cecilia Graziosi