Un team di ricerca ha evidenziato come in America, i tatuaggi non comporterebbero più una discriminazione lavorativa. Sembrano non sussistere più svantaggi, espressi per esempio mediante uno stipendio più basso.
I tatuaggi sono sempre più diffusi e apprezzati. Negli Stati Uniti il 20% degli adulti possiede un tatuaggio, mentre per i più giovani la percentuale sale al 40%. Tattoo minimal con un design delicato, black tattoo, tatuaggi con scritte. Quelli ispirati alla tecnica ad acquarello, i super realistici, gli old school e ancora molti altri fino ad arrivare a quelli sonori.
Tatuaggi e lavoro: una nuova ricerca
A parlare del nuovo cambiamento, del rapporto spesso contrastante fra tatuaggi e mondo lavorativo è una ricerca internazionale. Il team è composto da ricercatori provenienti dall’Università di Miami e dalla Scuola di Business dell’Università dell’Australia Occidentale. L’obiettivo prefissato è quello di indagare sulla relazione tra mondo del lavoro e tatuaggi. Questi sono stati per anni oggetto di innumerevoli pregiudizi, negativi.
Gli scienziati hanno intervistato migliaia di persone provenienti da diversi Stati Americani. Quello che è emerso dallo studio è che la percezione comune sui tatuaggi è mutata. Sembra non esistere più disparità lavorativa – almeno per quanto riguarda il salario – fra chi possiede tatuaggi e chi non ha mai colorato la sua pelle con un inchiostro indelebile.
Gli scienziati commentano poi l’assenza di un divieto esplicito. Tuttavia molto secondo loro, dipende dalla flessibilità del giudizio di chi seleziona i possibili neodipendenti.
Un caso italiano
Se in America la percezione generale sul rapporto tattoo-lavoro è cambiata in positivo, in Italia ci sono ancora molte problematiche. Nonostante in Italia sono poco meno di sette milioni le persone tatuate, di cui la maggior parte sono donne, esistono ancora discriminazioni lavorative.
Recente è la storia di una cittadina di Pesaro, un comune italiano nella regione delle Marche. La donna con 13 anni di esperienza e madre di tre figli, si è sentita dire ad un colloquio di lavoro «Quei tatuaggi si possono coprire?» presso un albergo, del famoso centro balneare di Cattolica. Le mansioni che doveva ricoprire, non prevedevano un contatto diretto con il pubblico. Un posto da cameriera ai piani e poi in cucina a lavare i piatti. Nonostante i suoi tatuaggi non fossero sul viso o sulle mani e non raffigurassero simboli tali da danneggiare la sensibilità altrui, non ha ottenuto il lavoro.
Mi era accaduta la stessa cosa 10 anni fa, speravo che le cose fossero cambiate.
Sembra strano pensare che non venga premiata la professionalità, la cordialità, l’esperienza. Quando forse, a chi deve ricevere un servizio interessa più la bravura e non il tatuaggio di quella persona. La situazione italiana continua ad essere la stessa di qualche anno fa. Per questo qualora si abbiano ambizioni professionali “classiche”, la soluzione è sempre qualla di evitare tatuaggi in zone del corpo estremamente visibili.
Alessia Primavera