Perché pagare le tasse in Italia quando potresti farlo legalmente in un altro paese con un livello di tassazione più basso? Perché non vivere in Italia ma registrarsi come cittadino di Panama e sostenere che tutte le tue attività si svolgono lì? La risposta non è poi così difficile, in quanto, sfortunatamente, per te sarebbe tutto molto più complicato di quanto già non lo sia. Tuttavia, per le corporazioni più ricche al mondo la strada è ben più semplice, o meglio lo è, se non adottiamo una tassa minima globale.
Cosa succede al momento?
Pur intrattenendo attività economiche in tutto il globo, grazie a pratiche consolidate come il transfer pricing e il thin capitalization, le multinazionali sono in grado di trasferire i profitti generati in una nazione, ad esempio, in Italia, ad un’altra, ad esempio, a Panama, senza grandi difficoltà. Così facendo, le multinazionali si scelgono i regimi fiscali a loro più favorevoli, aggirando le tasse degli altri paesi. Secondo l’economista Gabriel Zucman, solo le multinazionali americane con questa strategia evitano sino a $130 miliardi in tasse ogni anno.
La risoluzione del G7
Il 5 Giugno, con una risoluzione comune, il G7 ha promosso una risoluzione per contrastare le suddette pratiche, con i ministri delle finanze delle sette grandi che si sono detti “fortemente in supporto … dell’adozione di una tassa minima globale”. Al momento, la proposta si articolerebbe in due risoluzioni:
- conferire alle nazioni il diritto di tassare il 20% di parte dei profitti di corporazioni particolarmente redditizie;
- l’attuazione di una soglia minima globale di tassazione al 15%.
Diverse personalità politiche hanno accolto la proposta con entusiasmo. Ad esempio, Mario Draghi l’ha definita: “un passo storico verso maggiore equità e giustizia sociale”. Bruno Le Maire, Ministro delle finanze francese, ha fatto eco a Draghi, definendo la proposta “un accordo storico, un accordo per cui la Francia può essere fiera”. Anche le big tech, pur essendo uno dei target più importanti della legge, hanno accolto la proposta favorevolmente. Ad esempio, Nick Clegg, il vice-presidente di Facebook agli affari globali, ha dichiarato che la proposta diverrebbe “un importante primo passo per dare sicurezza al business e per rafforzare la fiducia pubblica nei sistemi di tassazione globali.”
Le critiche
Meno positivi sono stati gli interventi di intellettuali e ONG. In particolare, Thomas Piketty, il celebre economista francese, si è espresso duramente nei riguardi della proposta. Infatti, Piketty ha segnalato che l’Irlanda, uno dei paesi con tassazione più favorevole alle multinazionali, ha attualmente il tasso fisso al 12,5%, ovvero di poco inferiore alla soglia minima proposta. Inoltre, l’economista ha sottolineato che riconoscere il diritto delle multinazionali a pagare solo il 15% di tasse significa conferire loro il privilegio di pagare meno tasse delle piccole e medie imprese, spesso tassate a livelli assai più elevati.
Da quanto detto, sembra piuttosto evidente quanto la risoluzione del G7 sia stata fatta al ribasso, considerando che, nella proposta iniziale, si parlava di una soglia minima del 21%. Forse, proprio perché a ribasso, sembra esserci fiducia sulla fattibilità della proposta. Lo stesso Gentiloni ha dichiarato che la spinta arrivata dal G7 è “straordinaria” e sarà “difficile sottrarsi ad un treno globale”.
Dall’altra parte, ci sono almeno due elementi negativi da considerare. Primo, i paesi più sfavoriti da tale proposta sono già sul piede di guerra. Ad esempio, Cipro ha annunciato l’intenzione di porre il veto alla Commissione europea, la quale necessita dell’unanimità per prendere decisioni effettive. Secondo, l’attuale proposta viene dal G7, un gruppo di paesi che vedono di buon occhio una tassa minima globale. Tuttavia, il fatto che il G7 non abbia indicato una risoluzione con un’asticella più alta non fa ben sperare per gli ulteriori passaggi della proposta (al G20 di Venezia e poi all’OCSE). Se questa proposta, già fortemente ribassata, vedrà la luce, rischia di farlo attraverso ulteriori compromessi che la renderebbero addirittura meno effettiva. Ma, se ciò dovesse accadere, non ci dovremmo sorprendere. Purtroppo, come di consueto, la politica dei “grandi” manca dell’ambizione e della prospettiva di cui avremmo bisogno.
Matteo Boccacci