Dell’Ilva se n’è parlato, se ne parla ancora e se ne parlerà fino a che non ci sarà un equilibrio politico, ambientale, economico-produttivo tale da permettere, finalmente, ai cittadini di Taranto di “respirare” e agli italiani di comprare acciaio senza sentirsi in colpa.
Nè chi li ha preceduti, né i pentastellati – che sembravano avere a cuore la faccenda – hanno risolto la situazione. Di recente abbiamo visto il presidente del consiglio Giuseppe Conte recarsi a Taranto e ammettere, a chi gli chiedeva in che modo si sarebbe agito, di non avere la soluzione in tasca per risolvere la questione dell’Ilva, ovvero, di una delle acciaierie più grandi d’Europa. In tempi ancora più addietro avevamo visto anche Di Maio, da ministro, beccarsi in faccia gli esiti delle promesse non mantenute, con Alessandro Marescotti (presidente Peacelink) che gli ripeteva “mi guardi ministro la sua è stata pubblicità ingannevole”.
Una questione delicata quella dell’Ilva, passata più volte in tribunale e che oggi fa i conti con il nuovo proprietario: il gruppo Franco – Indiano Arcerol Mittal. Le polemiche si sono susseguite fin da subito, prima ancora che il nuovo proprietario subentrasse c’era chi prevedeva che il gruppo Mittal stesse acquistando l’Ilva al solo scopo di abbattere la concorrenza, per poi sfilarsi da doveri ambientali ed economici-lavorativi alla prima occasione. In effetti, anche con il nuovo proprietario, l’Ilva non ha smesso di essere teatro di scontri ideologici e politici fuori e dentro dai tribunali.
Gli ultimi atti
Il disimpegno di Arcerol Mittal costerebbe 3,5 miliardi del PIL aziendale, 0,7 del PIL del mezzogiorno e 0,2 del PIL nazionale. Il ritiro, comunque, è oggi meno auspicabile visto che solo poche settimane fa il tribunale di Milano ha revocatolo lo stop per l’altoforno 2. Incombe comunque il pericolo di un dimezzamento del personale, un taglio che preserverebbe solo 5.700 persone dei 10.700 dipendenti attuali.
Almeno secondo quanto riferito dai legali dei commissari che accusano il gruppo di Arcerol Mittal di non aver mai “regolarmente adempiuto al contratto e il livello del proprio adempimento si sia regolarmente accresciuto man mano che la controparte comprendeva la propria inabilità a gestire in modo economicamente efficace i rami d’azienda presi a carico”. L’accusa sottolinea il modo consueto, da parte del gruppo Franco-Indiano, di fare “capitalismo d’assalto”, conservando la filosofia secondo la quale se c’è da guadagnare si guadagna da soli, ma quando si perde si perde insieme.
Intanto il Tar del Lazio – sul ricorso dei commissari ex-Ilva che si erano rifiutati di effettuare gli appositi controlli e misurazioni inerenti al rilascio dei materiali nelle acque, perché, sostenevano, che l’Ilva soggiacesse in uno “statuto normativo speciale” – ha dato ragione ad ARPA PUGLIA: la sentenza del 16 gennaio scorso n. 526, ha sancito che “il Piano ambientale adottato con DPCM 2017 non rappresenta uno strumento derogatorio della disciplina generale per la bonifica dei siti inquinati; pertanto, come da sempre sostenuto dall’ARPA Puglia, le attività di bonifica si devono svolgere nel rispetto delle norme più rigorose del Testo Unico dell’Ambiente”
Costruire
Di Taranto e del Quartiere Tamburi ne ha fatto menzione anche il cantautore Niccolò Fabi. Il cantante ha perso una figlia, Olivia, nel 2010, alla quale, tramite l’associazione “Parole di lulù” e di un omonimo evento tenutosi a Martina Franca, da dove era partita una raccolta fondi, ha fornito un contributo per la costruzione di un parco che doveva essere realizzato proprio nel quartiere Tamburi, ovvero, in uno dei quartieri più contagiato dell’inquinamento dell’Ilva.
L’associazione nel 2016 aveva scelto la Puglia come meta di beneficenza, ma ora il cantautore romano non può che dirsi deluso dalla macchina amministrativa pugliese che ancora non ha realizzato nulla del progetto: “ci fu una presentazione in comune, ma ancora oggi, a distanza di tre anni, i lavori non sono partiti”.
L’autore di “Costruire” sa bene quanta sia complicata la situazione tarantina, ma nonostante ciò non può che rilevare un’assenza ingombrante quando pensa a quel parco mai costruito:
Forse è stato presuntuoso da parte mia entrare in un contesto così articolato, ma mi sentivo di farlo per una città così martoriata. Taranto è in un meccanismo complicatissimo, e i suoi cittadini si trovano al centro di un vortice che mi dà una pena infinita.
Eppure, tramite l’associazioni Pizzarotti, e dopo una serie di incontri al comune, erano stati diffusi anche alcuni rendering di come doveva essere il parco. A distanza di quasi quattro anni, al cantautore non resta che constatare che è ancora tutto fermo, per quanto riguarda i lavori. Fabi sarà a Bari il 22gennaio al Teatroteam con il suo nuovo album “Tradizione e tradimento” e tornerà poi in Puglia l’8 Agosto a Mavùgliola masseria di Locorotondo per il Locus festival.