Il sacrificio dei tanti lavoratori del commercio, obbligati a trascorrere le feste nei negozi della Capitale, con turni massacranti e spesso senza le maggiorazioni contrattuali, è stato vano.
Un Natale da dimenticare per i negozianti romani che lamentano un calo delle vendite medio intorno al 20 per cento. Uno shopping sottotono, dove si sono scartati sotto l’albero soprattutto cibo e libri, e dove si sono spesi mediamente solo 100 euro pro-capite per i regali.
“Non siamo affatto sorpresi, le liberalizzazioni non hannno affatto spinto gli acquisti né tantomeno favorito l’occupzione. La contrazione dei consumi è data dallo scarso reddito dei cittadini, e non saranno di certo i negozi e i centri commerciali sempre aperti a migliorare la situazione”, dichiara Francesco Iacovone, dell’USB Lavoro Privato.
“Quanto da noi sostenuto all’indomani del decreto Salva Italia del governo Monti – prosegue il rappresentante USB – è oggi confermato dal presidente di Federmoda Confcommercio Massimiliano De Toma, dal presidente della Confesercenti Valter Giammaria, dalla Cna Commercio, dalla Coldiretti e dal Codacons. Associazioni che di certo non tutelano i laoratori, ma osservano preoccupate il trend degli acquisti ”.
“Questa deriva ultraliberista è solo un danno per le donne e gli uomini che vivono di un lavoro sempre più disumanizzante, le cui vite sociali vengono sacrificate sull’altare di uno shopping in crollo e sulle infauste imposizioni di governi e padroni in crisi di politiche industriali e commerciali”, conclude Iacovone.