E se esistessero dei tamponi “a secco”, cioè che non necessitano di reagenti per essere analizzati? In Italia – è cosa nota ormai – il problema principale è proprio la loro scarsa presenza. È questo l’ostacolo che impedisce di conoscere il numero preciso di contagi.
Perché i tamponi sono così difficilmente reperibili?
Ogni laboratorio di analisi dei tamponi ha i suoi macchinari e ad ognuno di loro corrispondono reagenti chimici diversi. Va da sé che rispondere alle esigenze di tutti a livello nazionale sarebbe quasi impossibile.
Di fatto gli approvvigionamenti sono di competenza regionale. Ma – almeno per adesso – solo il Veneto è riuscito ad ovviare al problema. Come? Realizzando i reagenti “in casa”. Questa opzione però ovviamente non è fattibile per tutti. Per metterla in pratica ci sarebbe bisogno di laboratori in grado di produrne di certificati e affidabili ed in grandi quantità. E non esistono in tutta l’Italia.
Quale potrebbe essere una soluzione?
Utilizzare i succitati tamponi “a secco”. Sembra un’utopia, ma potrebbe divenire davvero realtà, grazie ad uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Washington. Una cosa va specificata subito. Deve ancora superare il processo di revisione paritaria (meglio nota come peer-review). Ma per adesso offre risultati promettenti.
Quali sono le differenze pratiche tra i due tamponi?
Quello “classico”, per essere analizzato, passa attraverso quattro diverse fasi. La prima consiste nel raccogliere un campione di saliva e muco attraverso un cotton fioc passato nel naso e nella bocca del paziente. La seconda – ed è qui che entrano in gioco i famigerati reagenti – è quella della conservazione in una soluzione chimica. La terza della rielaborazione e dell’analisi. La quarta dell’estrazione dell’RNA virale di SARS – CoV – 2.
Quello “semplificato” vedrebbe le fasi dimezzate. Il campione verrebbe trasportato direttamente in laboratorio e qui il livello di RNA virale verrebbe misurato utilizzando una soluzione chimica più facilmente reperibile.
Lo studio
Sono state contattate undici persone risultate positive al Covid – 19 attraverso test clinici di routine. Dopo aver fornito il consenso, i partecipanti hanno ricevuto presso il loro domicilio i tamponi con le istruzioni necessarie per la raccolta autonoma. Ognuno di loro ne ha inserito uno in una soluzione chimica e l’altro in una provetta vuota da 15 ml e li ha inviati al Brotman Baty Institute / Northwest Genomics Center.
I risultati
Come afferma il testo redatto dai ricercatori:
“Degli 11 individui, i tamponi “a secco” hanno identificato 9 campioni positivi, mentre i tamponi elaborati convenzionalmente ne hanno identificati 8”.
Com’è facilmente intuibile, questo metodo diagnostico risulta essere affidabile come – se non anche di più – quello convenzionale. E non solo. È più rapido e semplice.
Il team di ricercatori garantisce che ripeterà lo stesso studio, prendendo però in esame un numero maggiore di persone ed includendo fattori di stress ambientale.
Questa pandemia è una vera e propria battaglia e per vincere sono necessarie diverse armi. Prima tra tutte i tamponi: mappare il territorio consente di capire come muoversi nella fase 2. Di rendersi conto quanto effettivamente l’allentamento delle misure restrittive stia funzionando. Quanto la situazione stia migliorando.
Sarà quella dei tamponi “a secco” la svolta?
Anna Gaia Cavallo