Fare o non fare più tamponi? Questo è il dilemma. O almeno lo era, fino all’ultima scoperta: al San Raffaele Resnati di Milano è possibile effettuare un tampone a pagamento. Capire se si è positivi o meno al Coronavirus alla modica cifra di 120 euro.
Questo è il prezzo da pagare per non mettere in pericolo se stessi e le persone care. Per capire se isolarsi completamente. Per sapere chi avvisare e chi mettere in guardia. In un periodo in cui 120 euro non corrispondono talvolta neanche all’entrata complessiva finale di un nucleo familiare. Questo se un solo componente della famiglia è sintomatico. Perchè, ovviamente, se due o più membri dovessero presentare febbre, tosse e qualsiasi altro sintomo, il costo verrebbe duplicato, triplicato, e così via.
Ma quanti in Italia possono permettersi queste cifre per un tampone a pagamento?
E, soprattutto, perché l’Assessore lombardo Gallera aveva parlato della scarsità dei reagenti che renderebbero impossibile effettuare una moltitudine di tamponi? Gli stessi reagenti, forse, alla vista del denaro si moltiplicano per magia?
Il dato più deludente è che quello del San Raffaele non è il primo caso di tamponi a pagamento in Italia. Una situazione analoga si era verificata a Prato, solo una ventina di giorni fa: una rete di sei strutture private offriva la possibilità di effettuare il tampone, prenotando telefonicamente, recandosi poi presso un “ambulatorio temporaneo” – che altro non era che una tenda da campo – e attendendo i risultati per circa 48 ore. Il costo? 102 euro. Non molto lontano da quello della struttura milanese quindi.
È giusto che la gente paghi? Non sta pagando già abbastanza in termini economici, psicologici e non solo?
Si sta creando un mercato di tamponi? Si sta speculando ancora una volta sulla vita delle persone?
Nel frattempo, mentre una parte della sanità guadagna sui tamponi a pagamento, quelli gratuiti vengano negati oppure eseguiti con estremo ritardo anche a medici, infermieri, personale sanitario. Resta il problema degli asintomatici, che non rende e probabilmente mai renderà chiara la situazione contagi in Italia, anche adesso che la fase 2 (tendenzialmente più pericolosa) è sempre più vicina. Ricordiamo che a Bergamo, che ha visto letteralmente decimata la sua popolazione a causa del Covid – 19, il sindaco avesse ipotizzato già tempo fa che per ogni deceduto con tampone positivo, ce ne fossero almeno altri tre, deceduti in casa senza aver effettuato alcun esame, lasciando ai loro familiari il dubbio perenne sulla causa della loro morte.
Nel frattempo l’Irccs Ospedale San Raffaele si difende
Nella smentita, precisa di non eseguire tamponi naso – faringei per Covid – 19 a utenza esterna e a pagamento, ma esclusivamente ai pazienti, al personale sanitario proprio e di strutture sanitarie e socio-sanitarie regionali, come indicato dalle delibere regionali.
H San Raffaele Resnati, la società che gestisce alcuni poliambulatori in Milano legati al Irccs Ospedale San Raffaele, ha erogato il tampone per Covid-19 all’interno delle convenzioni di medicina del lavoro instaurate con alcune aziende per gli adempimenti del D.Lgs 81/08 e, eccezionalmente, a soggetti possibilmente portatori del virus Sars-Cov-2, e quindi possibilmente infettanti, e solo su richiesta specifica del medico di medicina generale o di altri medici specialisti. Tuttavia a seguito di un disguido amministrativo, uno dei poliambulatori della società H San Raffaele Resnati ha erogato a poche persone la prestazione, associando un codice errato. Queste persone sono già state contattate per il rimborso dovuto.
Intanto, tra tamponi a pagamento e quelli che vengono effettuati in tempi rapidi solo ad alcune categorie di persone, quel che è certo è che questa pandemia sta accrescendo il divario tra “ricchi e poveri”, dimostrandoci che George Orwell non aveva poi tutti i torti nell’affermare che:
Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.
Anna Gaia Cavallo
Ma scusate:gli emigranti pagano?