Secondo Tamara Tenenbaum, rimettere in discussione le forme della sessualità, del desiderio e dell’affettività oggi è più che mai imperativo. Non farlo, infatti, rischia di lasciare tanto gli uomini quanto le donne soggiogati da una situazione schizofrenica e alienante. Che, facendo del desiderio un mercato e del godimento un imperativo, rende l’amore e il sesso contesti di violenza, prevaricazione e solitudine.
Generalmente, siamo abituati a pensare all’amore come la più libera e personale delle nostre scelte. Siamo noi e solo noi a innamorarci di quella persona, nella sua irriducibile unicità, e a scegliere autonomamente di fare o non fare progetti con lui/lei. Lapalissiano, sacrosanto. Tutti d’accordo, no? In realtà, come argomenta Tamara Tenenbaum con il suo La fine dell’amore (2022, Fandango), le cose sono più complicate di così.
Eh sì, perché a quel guazzabuglio sentimentale complicatissimo e spiazzante che chiamiamo “amore” non arriviamo come tabulae rase. Ci arriviamo portando con noi la nostra storia e quella della nostra famiglia, della nostra classe sociale, del nostro Paese di provenienza. Così, quando un uomo e una donna si incontrano (il suo saggio si concentra sui rapporti eterosessuali), non è mai solo l’incontro tra due individui. Né è mai, se per questo, davvero soltanto un incontro. Il tipo di retoriche che avvolgono e permeano la sessualità e l’affettività, infatti, lo rendono sempre più uno scontro – e di quelli dall’esito piuttosto cruento.
Tradizionalismo sesso-affettivo o individualismo consumistico? La scelta è «No grazie»
Secondo Tenenbaum, ogni generazione è stata a suo modo protagonista di una transizione. A quella dei Millennials, sulla quale il libro si concentra in particolar modo poiché l’autrice vi appartiene, ne è toccata una davvero impegnativa. Infatti, scrive la studiosa,
se dovessi riassumerle in un solo dilemma, direi che è la tensione fra due poli opposti. Da un lato abbiamo le forme antiche della vita in comune: la famiglia tradizionale, i nazionalismi, l’appartenenza a una cultura e a una lingua condivise. Dall’altro, quel che ci viene offerto in alternativa, una specie di individualismo neutralizzato: consumare, competere, avere cura di sé, preservarsi.
Scegliere l’una o l’altra delle alternative, però, non paga. Soprattutto se si è donne. Da una parte come dall’altra, infatti, le forme della sessualità, dell’affettività e del desiderio femminili possibili sono rigidamente disegnati da un sistema patriarcale. Un sistema che prescrive come interagire, come presentarsi, come delineare le proprie priorità più rigidamente di quanto si sarebbe in prima battuta disposti ad ammettere. Merito dei femminismi contemporanei e strada da continuare a percorrere, perciò, è secondo Tamara Tenenbaum il tentativo di delineare una “terza via”:
un’etica dell’alterità che non sia un’etica del sacrificio, un’idea di felicità che sia collettiva senza essere oppressiva. In questo consiste la sorellanza, molto più che in una solidarietà teorica tra identità femminilizzate. Consiste nel pensare a comunità scelte, relazioni basate sulla possibilità di condivisione piuttosto che di negoziazione. Abbiamo un modello, e questo modello è l’amicizia: un vincolo che si sceglie ma che, una volta scelto, crea anche doveri, ci mette anche in un rapporto di vulnerabilità con gli altri.
Perché, però, il modello dovrebbe essere l’amicizia e non l’amore?
Tamara Tenenbaum e l’amore romantico
Perché l’amore romantico è in un certo senso colluso con un sistema oppressivo. Intendiamoci: Tamara Tenenbaum non sostiene che amare in sé sia un problema, che l’amore andrebbe epurato dalla grammatica delle passioni umane. Il problema è amare male. Non necessariamente soltanto con cattiva volontà o con poco impegno, anzi: anche con una volontà disperata e con troppo impegno. Amare come se quella relazione fosse l’unica finalità possibile nella vita. E amare tutti secondo un unico desiderio eteronormato e conforme ai canoni proposti e imposti dalla società di riferimento. Scrive Tamara Tenenbaum:
Una donna può fare infinite cose, ma se non ha un amore sarà socialmente riconosciuta come vuota, come soggetto incompleto. Come se non bastasse, l’amore romantico prevede che la donna, se vuole essere effettivamente amata, non può risparmiarsi mai niente. Deve dare tutto – il suo tempo, la sua forza lavoro, la sua disponibilità emotiva – perché qualsiasi cosa che sia un po’ meno di tutto allora è niente. Dall’uomo non si esige la stessa dedizione.
Per agire su questo stato di cose occorre decostruire l’amore romantico, che è forse una delle ultime religioni sopravvissute nel nostro tempo. Al partner si chiede di suscitare emozioni profonde, ma anche di rassicurare, di farsi rincorrere ma anche di essere approdo nella tempesta. E in tutto ciò, però, si ignorano quanto di economia, di politica e di ideologia esiste in ogni relazione. Non c’è relazione, specie tra uomini e donne, che non comporti dei rapporti di potere soggiacenti. Continuare a ignorarli e non prendersene cura, argomenta Tamara Tenenbaum, equivale a continuare a fare degli uomini dei carnefici e delle donne delle vittime. E nient’altro.