Il Talents Lab nasce per rendere la comunità sempre più inclusiva, contribuendo all’abbattimento di pregiudizi culturali e barriere fisiche attraverso la costruzione di rampe con mattoncini LEGO riciclati. Sebastiano Rizzardi, coordinatore del progetto, ci racconta che tutto ha inizio nell’autunno 2020 quando, a Padova, cinque giovani ragazzi nello spettro autistico si sono incontrati nell’ambito di progetti sperimentali di inserimento lavorativo di persone con disabilità, promossi dal SIL Ulss 6.
Il Talents Lab e il racconto di Sebastiano Rizzardi
Il progetto del Talents Lab prevede la raccolta di mattoncini LEGO usati per abbattere le barriere architettoniche, costruendo delle coloratissime rampe. Il capoprogetto è Enrico Balestra e dalla sua passione per i LEGO è nata l’idea di realizzare rampe colorate in Italia; a raccontarci meglio questa storia è Sebastiano Rizzardi, coordinatore del progetto Talents Lab:
Salve Sebastiano, piacere di conoscerla. Com’è nata l’idea di questo progetto?
«Salve a tutti. Mi presento, sono Sebastiano Rizzardi e ora vi racconto una storia: dal 2019 seguo la comunicazione di una rete di cooperative sociali, si va da quelle di tipo A, per disabilità grave, a quelle di tipo B, dove almeno il 30% di lavoratrici e lavoratori è con disabilità.
Fra il primo e il secondo lockdown il SIL, Servizio Integrazione Lavorativa, dell’Ulss 6 di Padova chiese a me e alla collega Erika Bragato se potevamo seguire tre ragazzi autistici in un progetto sperimentale: Enrico Balestra, Ludovico Lancia ed Enrico Ortile. Nicola Barzon e Alessandro Padrin sarebbero arrivati nel 2021, tutti giovani fra i 22 e i 29 anni. L’obiettivo era far fare loro qualcosa col computer, un po’ di fotocopie, qualche scansione e data entry.
Ci provai, cercai di stimolarli, attaccai tanti post-it e li feci attaccare a loro. Ci siamo cimentati con qualche software, con risultati anche discreti. Ma mancava qualcosa, in quanto erano passivi e non c’era energia. Così ho pensato a Socrate, all’arte della maieutica, al «diventa ciò che sei». Ho lasciato perdere i post-it e ho chiesto loro se avessero delle passioni: «Ditemi che non siete un “guscio vuoto”», come si liquidano spesso le persone nello spettro autistico.
Il giorno seguente Enrico Balestra si è presentato con un super Mario della Nintendo realizzato con i LEGO, Ludovico Lancia con un libro che aveva pubblicato con Cleup, «Jack e gli amici» ed Enrico Ortile mi ha fatto leggere un racconto pulp con delle freddure ironiche brillanti e ficcanti.
Appena due giorni dopo la svolta ha fatto capolino la fortuna, perché in fondo, per dirla con Dostoevskij, nella vita «è meglio avere fortuna che talento». Mi imbattei nella notizia di una nonna tedesca, Rita Ebel, rimasta in sedie a rotelle dopo un incidente: realizzava rampe di LEGO riciclati per abbattere le barriere architettoniche. Le scrissi su Facebook e lei ci inviò le istruzioni per realizzare le rampe, proponemmo quindi il progetto ad Enrico Balestra, il quale accettò.
Da quel momento Enrico Balestra ci ha imposto una priorità:
«Capisco il lavoro, le guerre, il COVID e la crisi energetica; capisco tutto e la gente ha sempre tante preoccupazioni. Io sono una persona molto gentile, ma perché non ci donano i LEGO?». Mentre rincorrevamo i LEGO, aprivamo le porte a tutto: accettavamo che i Talents potessero esprimersi a partire dalle loro passioni, dall’energia che covavano, dall’ immaginario di videogiochi, canzoni dei cartoni animati, Disney, oltre che serenità, purezza, spensieratezza di un’infanzia perduta».
Da cosa nasce il nome “Talents Lab di Habile”?
«Talents era il nome del progetto sperimentale da cui tutto è partito; Habile è invece il nome del programma di inserimento lavorativo di persone con disabilità che utilizziamo nelle nostre imprese sociali per l’inclusione. Un programma, quest’ultimo, che stiamo portando nelle aziende profit per abbattere le barriere fra disabilità e lavoro».
Parlare di inclusione sociale per le persone con disabilità, nella società attuale, potremmo definirlo un pensiero utopico: tante, o forse troppe, sono ancora le difficoltà vissute. Prima tra tutte il problema delle barriere architettoniche: un ostacolo costruttivo che impedisce l’accesso o lo spostamento verso un luogo o un servizio nel caso di una persona con una limitata capacità motoria. Un problema, questo, riconosciuto e condiviso dal Talents Lab.
Chi vive a contatto con una persona con disabilità si scontra ogni giorno con diversi problemi: un marciapiede troppo stretto per una sedia a rotelle, un corrimano posizionato ad un’altezza errata, un ascensore inutilizzabile o inesistente, ma anche “banalmente”, poiché dovrebbe essere la soluzione più semplice per ovviare a dislivelli e abbattere le barriere architettoniche, la realizzazione di rampe spesso assenti.
La disabilità e le barriere architettoniche nella società: il ruolo della comunità e del Talents Lab
Superare le barriere architettoniche e migliorare l’inclusione, due problemi attuali nella nostra società. Secondo Lei, cosa manca nella nostra cultura e cosa si può fare affinché tutto questo sia solo un lontano ricordo?
«Il bene avviene, spesso, perché riesce a diventare non solo giusto ma anche conveniente. L’inclusione e la diversità fanno bene: alle aziende, alle persone con disabilità, ai colleghi che al momento non hanno una disabilità certificata, oltre che alle comunità in generale.
Ovviamente servono interventi pubblici che vadano in questa direzione e che incentivino; e le risorse si trovano applicando la Costituzione, la progressività fiscale e la giustizia sociale; credo sia una regola di buon senso e non una battuta rivoluzionaria osservare che staremmo meglio con più risorse nella direzione dell’inclusione che sui carri armati.
Per la disabilità di cui parliamo, un ruolo chiave è svolto dal tutoraggio, dall’affiancamento e dal job coaching: questo il lavoro chiave che “insegna a pescare” alle persone e le avvicina ad un’autonomia possibile. È un lavoro sartoriale e di altissima professionalità poco riconosciuta, ma che consente a tantissime persone di trovare il proprio spazio nel mondo, oltre che la propria possibilità di impatto».
Le barriere architettoniche presenti sul territorio non sono l’unico ostacolo che chi ha una disabilità deve affrontare: l’inclusione sociale è una delle sfide più difficili nella società contemporanea e sempre troppo poche sono le iniziative di attività ludiche e lavorative destinate a bambini, giovani e adulti con disabilità fisiche o mentali. A tal proposito, Damiano Marini, testimonial del progetto Talents Lab, ricorda:
«In questo periodo si parla di accessibilità e abbattimento di barriere architettoniche; noi stessi, insieme al Talents Lab, creiamo rampe di lego per abbattere le barriere architettoniche e quindi crearne una significa rendere un locale accessibile, ma vogliamo fare di più: creare una società inclusiva. Qual è la differenza tra accessibilità ed inclusione? Per me mettere una rampa e permettere ad una persona in carrozzina di entrare in autonomia in un locale significa rendere quel locale accessibile, ma aprirgli la porta ed invitarlo ad entrare, questo, significa inclusione».
Avere una disabilità, spesso, è avvertita come un limite che non permette autonomia e affermazione nella società. Come pensa si possa combattere questa incertezza?
«La disabilità esiste, non va negata, però spesso sono i contesti che rendono una persona più o meno disabile. La metafora della rampa aiuta sempre, in quanto questa rampa rende accessibile un luogo che non lo era. Noi possiamo aiutare il singolo individuo, ma un ruolo chiave è svolto appunto dalla capacità di costruire contesti inclusivi. È un sistema di accorgimenti molteplici, per farcela serve una rivoluzione dello sguardo».
Il progetto promosso dal Talents Lab, nato nell’autunno 2020, ha dimostrato che non c’è nessun limite dinanzi alle proprie passioni e talenti: dalle fragilità possono nascere storie impossibili, belle e interessanti contribuendo alla realizzazione di opere concrete e utili per una società più inclusiva e sostenibile.
A tal proposito, in qualità di comunità, possiamo contribuire alla realizzazione di queste iniziative come per la raccolta di LEGO per il Talents Lab? La risposta è sì e Sebastiano Rizzardi ci spiega meglio cosa fare:
«La raccolta dei LEGO avviene attraverso il racconto – voi ci date una mano in questo – e il passaparola che Enrico Balestra alimenta con «determinazione autistica». C’è chi ce li spedisce, altre volte andiamo a prenderli, ed è sempre bello vivere l’esperienza del dono. Il Talents Lab sente affetto, stima, considerazione, sostegno e i Talents si sentono “visti”, cosa che non era mai successa loro. La comunità ci può aiutare pensandoci e parlando di noi: pensando a chi ha LEGO, a chi può aprire la propria azienda ai temi dell’inclusione, a chi può costruire progetti con noi. Pensateci!».
L’azienda Michelin, marchio mondiale, ha sostenuto il progetto del Talents Lab. Questo aiuto ha contribuito ad instaurare rapporti con altre aziende?
«Michelin ha fatto da apripista ed altre aziende hanno iniziato a raccogliere LEGO. I mattoncini sono uno straordinario strumento relazionale, in quanto «legano» e consentono l’avvio di una conversazione sul tema dell’inclusione. Ovviamente a tutte le aziende raccontiamo poi Habile, il programma con il quale puntiamo ad ascoltare i bisogni e ad affrontare i vari nodi che consentono alle imprese profit di diventare più inclusive, mettendole nelle condizioni di essere più efficaci per adempiere agli obblighi di inserimento lavorativo previsti dalla legge 68/99. Su questo le nostre cooperative sociali di tipo B (Riesco, Provate, Spazio Elle) danno il loro contributo».
Tuttavia, oltre al sostegno della comunità e delle aziende, il progetto del Talents Lab ha ricevuto risposte concrete anche da parte delle Istituzioni:
«A marzo dello scorso anno abbiamo presentato il progetto al Senato, diversi Comuni raccolgono LEGO e da quest’anno alcune amministrazioni comunali hanno deciso di contribuire realizzando un progetto più ampio: presentiamo in un evento pubblico il progetto con il nostro testimonial, il campione italiano di handbike Damiano Marini, il quale si è innamorato del progetto e lo sostiene con intelligenza e passione. Raccontiamo a ragazze e ragazzi delle medie le ferite subite, il bullismo, l’isolamento, e ciò che facciamo oggi; successivamente con bambine e bambini delle elementari realizziamo rampe di LEGO.
Inoltre, con i Musei dell’Università di Padova stiamo realizzando il progetto More Than Words: rendere i musei più accessibili a persone con disabilità intellettiva. Mentre, nel Teatro Verdi, abbiamo posizionato due rampe e siamo stati coinvolti nel progetto: «La banca dei sogni», che andrà in scenda dal fino al 10 marzo».
Gli obiettivi del Talents Lab presentati da Sebastiano Rizzuti
Il progetto del Talents Lab è nato nel 2020. Quali erano gli obiettivi iniziali? Quali di questi avete raggiunto? E quali saranno gli obiettivi per il futuro?
«Dovevamo fare comunicazione e se fossimo andati dall’agenzia di marketing più cool del mondo non saremmo riusciti a raccontarci in questo modo. Non raccontiamo storie, ma siamo una storia: piccola, insignificante, ma con quella densità simbolica in grado di ispirare e forse emozionare. Quindi, ce l’abbiamo fatta: un po’ di rumore c’è, e pure di colore.
L’obiettivo fondamentale era e rimane trasformare tutto questo in un lavoro, oltre al fare in modo che questa operazione di cultura, arte, comunicazione diventi un’opportunità di occupazione per almeno una parte dei Talents. Intrecciare sogni, realtà e rispondere alla domanda dei genitori: «Che sarà di loro dopo di noi?». La risposta è complessa, ampia, ma sicuramente liberare le energie e l’identità delle persone, costruendo contesti inclusivi, è un buon punto di partenza».
Come è stato precedentemente affermato, anche attraverso le parole di Sebastiano Rizzardi, tanti sono i limiti che non ci permettono di definire la nostra società inclusiva. L’obiettivo di una comunità dovrebbe essere: accogliere, sensibilizzare, condividere e non discriminare, poiché la disabilità esiste, tuttavia esiste anche il diritto di essere visibili, di lavorare, di essere considerati persone con dignità.
Il progetto del Talents Lab è nato proprio per dimostrare che le persone con disabilità, seguite e stimolate, possono essere una grande risorsa per la società. A tal proposito, affinché ci possa essere un vero e reale cambiamento futuro ognuno di noi deve educare il prossimo all’inclusione e ricordare che la disabilità può caratterizzare una persona, ma di certo non la annulla sostituendosi ad essa.
Ringraziando Sebastiano Rizzardi per il lavoro svolto con il Talent Lab e per questa intervista, viene riportato un suo ultimo messaggio rivolto a tutti i lettori:
«Aiutare le persone con disabilità mi fa sentire vivo»: lo dice spesso Enrico Balestra. Una società inclusiva rompe la povertà relazionale di una società individualistica e ci apre alla bellezza dello scambio tra esseri umani. La società inclusiva e solidale poi va oltre la disabilità, intrecciando tutte le discriminazioni.
Quei mattoncini, di colori tutti diversi, scartati, da soli sarebbero nulla. Grazie allo slancio di un ragazzo, che era bullizzato e triste, hanno trovato modo di essere utili, forti, aiutare e dare speranza.
In generale osservo che l’umanesimo, l’arte, la poesia, il pensiero e la letteratura possono spingere alcuni processi economici a modificarsi, a cambiare, a farsi delle domande di senso oltre la tecnica e l’algoritmo. Invitano a ragionare, cercare significati, portarci dentro un tempo che non è solo bulimia informativa e smarrimento. L’umanesimo rompe inerzie e porta a comunità più solidali, oltre l’epidemia delle solitudini, includendo dentro di sé tutta quella varietà, dolce, salata e faticosa, che è l’umanità».
Lucrezia Ciotti