Chi è il responsabile dell’attentato di ieri a Kabul, in cui sono rimaste uccise un centinaio di persone? Perché portare avanti un attentato in un posto già dilaniato da mille altri problemi? Sono stati i Talebani? È stato l’Isis? Oppure Al-Qāʿida? La risposta, le confusioni della stampa italiana, le scaramucce della politica nostrana: no, Talebani, Isis e Al-Qāʿida non sono la stessa cosa.
Immaginiamo che questa mattina abbiate deciso di informarvi tramite le pagine di Libero per approfondire la questione afghana. Dovreste aver trovato, in prima pagina, un abbastanza eloquente “Altro che trattare, ci sparano“. Se poi aveste aperto Twitter, cercando l’opinione del segretario della Lega Matteo Salvini, vi sareste imbattuti in un intervento molto duro contro “gente di PD e 5Stelle che vuole dialogare con questa gente, roba da matti”.
Mentendo sapendo di mentire
Ora, cosa vi abbia spinto a rivolgervi a queste due fonti di informazione e opinione per noi rimane un mistero, ma effettivamente, da questa lettura incrociata, c’è spazio per una riflessione. A spiegarla come Salvini e come Libero, sembra infatti che siano stati i talebani a provocare l’attentato di ieri a Kabul nei pressi dell’aeroporto, in cui, in due attacchi ravvicinati, hanno perso la vita oltre cento persone, tra cittadini afghani e marines statunitensi.
Il calderone dell’estremismo
Chi sono i talebani
I capi politici dei talebani sono leader religiosi chiamati “ulama”, cioè studiosi dell’Islam. La loro riconquista del territorio va avanti da vent’anni, dopo la fuga a seguito dell’arrivo degli eserciti occidentali: anche loro, come altre organizzazioni estremistiche, usano la forza, gli attentati e la repressione violenta per tenere in scacco la popolazione. I talebani sono potenti a livello militare ed economico, ma hanno obiettivi diversi da Al-Qāʿida e soprattutto dall’Isis.
Dagli anni Settanta a oggi
All’interno della compagine talebana, infatti, militano ex mujaheddin che hanno combattuto, a fianco degli Stati Uniti, la guerra contro l’invasione da parte dell’URSS dal 1979 al 1989. Un film che racconta (seppure con il punto di vista americano) questa vicenda è “La guerra di Charlie Wilson” con Tom Hanks.
I talebani fanno il loro ritorno sulla scena internazionale dopo l’attentato alle Torri Gemelle del settembre 2001. Seppure sia stato ascritto ad Al-Qāʿida, i Talebani offrono protezione al leader di quest’ultima formazione, il miliardario saudita Osama Bin Laden. In fuga da Kabul, i talebani hanno dovuto ripiegare sulle azioni di resistenza agli occidentali: il loro principale obiettivo in questi vent’anni è stato cacciare le forze militari straniere e il “governo fantoccio” di Kabul.
Talebani contro Isis contro Al-Qāʿida
Ciò che rende però i talebani insopportabili agli occhi di organizzazioni come l’Isis è la loro mancanza di ambizioni planetarie: i talebani aspirano all’Afghanistan, punto e basta, così come Hamas alla Palestina. La cosa a cui tengono maggiormente è dunque il riconoscimento internazionale: già il fatto che i governi dei vari Paesi abbiano dovuto concordare i termini per l’abbandono di Kabul, per loro è parte di un obiettivo conseguito come nuovi interlocutori a nome dell’Afghanistan.
Anche nell’universo talebano, però, non mancano divisioni interne ed eterogeneità: ciò che vogliono fornire all’esterno è l’idea di un gruppo monolitico e concorde, ma nella realtà si tratta di una compagine frammentata in piccoli centri di potere locali.
Al-Qāʿida e Isis, invece, poggiano il loro funzionamento su una sorta di organigramma ben delineato, con al vertice rispettivamente Ayman al-Zawahiri e il nuovo califfo dell’Isis.
L’Isis e l’attentato di ieri a Kabul
Gli autori dell’attentato di ieri a Kabul sono stati individuati subito nei militanti dell’Isis. Come infatti era stato previsto da numerose forze di intelligence in tutto il mondo, quale occasione migliore per l’Isis di colpire nella stessa occasione due bersagli tanto odiati come le forze occidentali e i talebani stessi? Lo ha sottolineato Daniele Raineri su Il Foglio: i talebani non avrebbero nessun interesse a piazzare una bomba all’aeroporto di Kabul in questo momento. Il loro disperato bisogno di riconoscimento internazionale è il grimaldello che i Paesi occidentali stanno usando per ultimare le operazioni relative al ponte aereo con Kabul. Non che i talebani siano famosi per il rispetto della parola data, ma non sarebbe nel loro interesse autosabotarsi in questo modo.
Chi invece vuole sabotare tutta questa operazione è proprio l’Isis, che considera i talebani dei rammolliti, che collaborano con i servizi segreti pakistani e che sostengono anche Al-Qāʿida, un gruppo che lo Stato Islamico considera vecchio e da sostituire. In questo attentato, quindi, l’Isis ha colpito tre obiettivi specifici: i civili che fuggono verso l’Occidente, i talebani che “collaborano” con gli stranieri e gli stranieri stessi, invasori del territorio.
L’Isis del Khorasan
Bisogna poi considerare una questione: l’Isis ha una sua sede afghana fondata nel 2014, nella provincia del Khorasan, collocata tra Pakistan, Iran, Afghanistan e Asia Centrale. Deve comunque fare i conti con la diminuzione dei suoi elementi che, quindi, puntano su una strategia fatta di attentati terroristici particolarmente violenti e rumorosi.
Come spiega un approfondito articolo de Il Post, si ritiene che sia proprio questa sezione a essere responsabile dell’attentato all’aeroporto di Kabul, sotto la sigla di Isis-K. Il loro leader proviene dai talebani pakistani e risponde al nome di Hafiz Saeed Khan, autodichiaratosi primo “emiro” dell’Isis K.
Talebani e Al-Qāʿida
La linea di demarcazione tra talebani e Al-Qāʿida, invece, è sempre stata meno netta. Spesso negli anni hanno collaborato in attacchi contro i militari occidentali e la Rete Haqqani, una frangia talebana tra le più reazionarie, è particolarmente vicina al gruppo fondato da Bin Laden. Rimangono però delle differenze: i Talebani sostengono di non voler portare avanti attentati e attacchi contro i civili, mentre Al-Qāʿida colpisce obiettivi anche non militari e crede nella jihad globale, non solamente limitata all’Afghanistan.
Elisa Ghidini