Oggi il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, ieri l’ambasciata USA a Beirut e il governo britannico. Tutti esortano i propri cittadini a lasciare il Libano: si teme l’escalation dopo i raid israeliani. I vertici della difesa e dell’intelligence dello Stato di Israele avevano chiesto a Netanyahu di trovare l’accordo per una tregua, ma il premier vuole la “vittoria totale”.
Il ministro Tajani ha sollecitato tutti i cittadini italiani presenti temporaneamente in Libano a evitare assolutamente viaggi verso il sud e a considerare un ritorno immediato in Italia tramite i voli commerciali disponibili.
L’appello del capo della Farnesina, diffuso attraverso un post su X, segue quelli dell’ambasciata USA a Beirut, che ha invitato gli americani in Libano a lasciare il Paese “subito e in ogni modo possibile“, e del governo britannico, che ha messo in guardia i propri cittadini presenti in Medio Oriente.
Il messaggio di Tajani non lascia spazio a interpretazioni:
«Invitiamo gli italiani che soggiornano temporaneamente in Libano a non recarsi assolutamente nel Sud del Paese e a rientrare in Italia con voli commerciali il più presto possibile».
Questa dichiarazione arriva dopo una serie di incontri e valutazioni condotte dal Ministero degli Esteri, in costante contatto con le autorità locali libanesi e con le altre ambasciate occidentali presenti sul territorio.
Il ministro ha sottolineato l’importanza di utilizzare i voli commerciali ancora operativi, poiché un’evacuazione organizzata in situazioni di emergenza potrebbe risultare più complessa e rischiosa. La raccomandazione di rientrare in Italia è un chiaro segnale dell’urgenza percepita dalle autorità italiane, che temono un peggioramento improvviso delle condizioni sul campo.
Le reazioni in Italia
In Italia, l’appello del Ministro degli Esteri ha suscitato la preoccupazione dei cittadini con parenti o amici in Libano, che hanno subito richiesto informazioni aggiornate sulle modalità di rientro. Le agenzie di viaggio e le compagnie aeree hanno segnalato un aumento delle richieste di prenotazione per voli dal Libano verso l’Italia, dimostrando una pronta risposta all’invito delle autorità.
Il richiamo di Tajani e quello degli altri paesi occidentali, si configura come una misura preventiva volta a salvaguardare la sicurezza di tutti i cittadini attualmente presenti in un contesto, quello del Libano, di incertezza e di pericolo. In situazioni di questo tipo, la prontezza nell’agire è un elemento cruciale per proteggere l’incolumità dei civili.
La crescente tensione
Tutto fa pensare a un escalation del conflitto, date le recenti evoluzioni: il 30 luglio Israele colpisce un edificio di Hezbollah a Beirut, in Libano, uccidendo Fuad Shukr, consigliere militare del leader Hassan Nasrallah; il giorno seguente sempre gli israeliani uccidono Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, che si trovava a Teheran dopo aver partecipato alla cerimonia di insediamento del neoeletto presidente Pezeshkian. Ora Netanyahu aspetta ritorsioni.
I vertici della difesa e dell’intelligence israeliani (il direttore del Mossad David Barnea, il ministro della difesa Yoav Gallant e il direttore dello Shin Bet Ronen Bar) avevano più volte provato a spingere il premier ad accettare l’accordo per una tregua. Ma Netanyahu si è sempre rifiutato, minacciando di licenziare l’intero stato maggiore se non si fosse allineato al suo scopo, quello della “vittoria totale” più volte proclamata. Adesso lo spazio per un cessate il fuoco è svanito, dopo i raid israeliani che hanno colpito e ucciso due uomini chiave di Hezbollah e Hamas e la conseguente possibilità di una rappresaglia da parte delle forze iraniane e dei loro alleati.
Il 61% degli israeliani comincia temere per la tenuta della democrazia. Ad essere preoccupati sono soprattutto i famigliari dei 114 ostaggi tenuti dai palestinesi, che dal 7 ottobre chiedono a Netanyahu di raggiungere un’intesa in cambio del ritorno a casa dei propri cari.
Vincenzo Ciervo