Sylvia Plath è stata una poetessa americana, suicidatasi a soli trent’anni.
La sua storia è stata molto complicata, ma vede come variabili costanti l’amore sfrenato verso la scrittura e la malattia mentale – che, a parte brevi periodi, non l’ha mai lasciata. Soffriva di depressione clinica diagnosticata ai tempi dell’università.
È esponente di un genere poetico tutto americano: la poesia confessionale, in cui i versi si fanno portatori dei sentimenti e dei percorsi di vita dell’autore. Oltre a lei, i poeti maggiormente conosciuti per lo stile confessionale sono: Robert Lowell e Anne Sexton.
La morte per Sylvia Plath ha sempre rappresentato una via di fuga dalla sua vita troppo pesante. Tanto che il mito creatosi dopo il suicidio le ha permesso di vincere, per le sue poesie, un premio Pulitzer nel 1982.
La vita della poetessa è una continua bilancia tra la vita e la morte, così scriveva prima dell’infausto atto nel 1963 in Limite:
La donna ora è perfetta
Il suo corpo
morto ha il sorriso della compiutezza,
l’illusione di una necessità greca
fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi
nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.
I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,
presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti
di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino
s’irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.
La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso,
non ha motivo di essere triste.
È abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.
Dalle dure parole di Sylvia sembra che la decisione di porre fine alla sua vita fosse già stata presa da tempo, come se ciò rappresentasse l’ultimo traguardo da raggiungere prima dell’agognata libertà. Parlando in terza persona, la poetessa arriva a quella perfezione che, forse, in Terra era troppo difficile da toccare.
Ma cosa era successo nella vita di Sylvia Plath tanto da giustificare una simile azione?
La poetessa nasce a Boston il 27 ottobre 1932. Cresce da sola insieme alla madre, in seguito all’improvvisa morte del padre – un entomologo di origine tedesca – quando aveva solo otto anni.
Lo studio rappresenta una fase importante della sua vita, studiando allo Smith Collage, rinomata università femminile del Massachussets.
Nel 1953 si trova a New York per uno stage alla rivista Mademoiselle e qui, purtroppo, manifesta la sua prima crisi depressiva e il primo tentato suicidio. Immediatamente Sylvia viene ricoverata e sottoposta all’elettroshock. Questa esperienza così traumatica viene descritta dalla poetessa all’interno del suo romanzo La campana di vetro, in cui la protagonista Esther Greenwood, alterego della Plath, vive un’esperienza simile.
Finalmente dopo un lungo periodo di cure Sylvia si laurea nel 1955 e l’anno seguente incontra il poeta inglese Hughes, suo futuro marito.
Dopo il matrimonio, Plath sembra trovare un’apparente serenità grazie al lavoro all’università che in seguito abbandona per concentrarsi sulla scrittura. Un percorso tortuoso e complicato che trova una parziale realizzazione solo in Inghilterra, dopo il suo trasferimento insieme al marito. In terra inglese raggiunge uno dei suoi obiettivi: la pubblicazione delle poesie.
Infatti dopo la nascita dei due figli, Frieda e Nicholas, viene pubblicata la sua raccolta The Colossus. Nel 1961 conclude il primo romanzo La campana di vetro che viene rifiutato dalle case editrici e dalla critica americana – circolato negli Stati Uniti solo nel 1971. A mostrare interesse è una piccola casa editrice inglese, la Heinemann, che lo pubblica due anni più tardi sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas.
Intanto i rapporti con il marito si deteriorano, fino ad arrivare alla separazione nel 1962, dopo il rifiuto dello stesso di interrompere la relazione con la propria amante.
Un periodo difficile e pieno di sconforto in cui Sylvia si divide tra la passione per la scrittura – realizzando un secondo romanzo, Double Exposure, ritrovato solo dopo la sua morte – l’accudimento dei figli piccoli e la ricerca di un lavoro stabile per far fronte alle ristrettezze economiche.
Forse, a monte di tutte queste drammatiche vicende si nascondono i motivi del suicidio della giovane poetessa che troppo debole per reggere le varie disavventure decide di togliersi la vita nel 1963.
In seguito alla morte furono pubblicate le sue ultime poesie raccolte nel volume Ariel, anche se molti dei suoi scritti non furono più ritrovati. Hughes confessò di aver bruciato molto del materiale dell’ ex moglie. Non si è mai scoperto se per invidia o per tutela nei confronti della donna.
Ciò che è certo è che ad oggi Sylvia Plath è considerata uno dei volti più autorevoli della poesia contemporanea degli Stati Uniti e solo attraverso le sue poesie le si può rendere giustizia.
Laura D’Arpa
Sylvia Massari está com AIDS.