IN SVEZIA UN’AUTOSTRADA ELETTRICA PER RIDURRE LE EMISSIONI DIESEL DEI CAMION

Il governo svedese intende eliminare i combustibili fossili nel settore trasporti entro il 2030.

Nell’ambito di questa politica a giugno dello scorso anno è stata inaugurata in Svezia la prima autostrada elettrica sulla quale i camion viaggiano come se fossero filobus, collegandosi con un pantografo al cavo elettrico posto sopra la carreggiata.

Il primo tratto sperimentale è lungo due chilometri e parte dalla città di Gavle.

I test, della durata di due anni, interessano due camion ibridi della Scania che utilizzano un sistema progettato dalla Siemens. Il pantografo montato sulla cabina dispone di sensori che lo connettono alla linea elettrica quando la velocità supera i 90 km/ora e si staccano in qualunque momento, ad esempio in caso di sorpasso o cambio corsia. Fuori dall’autostrada il camion utilizza il motore diesel.

Se i test otterranno risultati positivi, le autorità svedesi costruiranno autostrade elettriche nelle arterie più trafficate del paese. La Siemens ha avviato un progetto analogo in California in collaborazione con Volvo, che verrà inaugurato quest’anno.

autostrada elettrica

Nonostante si cerchi d’incrementare il trasporto su rotaia, le merci continuano a viaggiare su strada e le previsioni ne prevedono l’aumento. In Svezia un terzo delle emissioni di CO2 è originato dai trasporti e, di questo, la metà sono dovute ai camion.

Occorre sottolineare che il motore diesel emette quantità di ossidi di azoto (NOx) e  polveri sottili fino a mille volte maggiori rispetto a quelle liberate nell’atmosfera da un motore a benzina che il filtro antiparticolato cerca di ridurre.

Il mercato delle auto elettriche fatica a decollare a causa dei costi, della ridotta autonomia delle batterie e della difficoltà a reperire colonnine di ricarica. ,Per un camion il problema si amplifica.

Nel 2014 a Milano è stato acquistato il primo autocarro elettrico da dieci tonnellate a pieno carico: è lo Smith Newton al servizio di cinque negozi della catena di abbigliamento H&M nel centro. Il vantaggio è poter entrare in città e nelle zone a traffico limitato, l’assenza di rumore ed emissioni, la limitatissima manutenzione richiesta.

Gli svantaggi sono il costo elevato, 160.000 euro contro i 70.000 di un diesel dalle stesse caratteristiche, l’autonomia ridotta – 200 km. con metà carico -, la ricarica possibile solo nella sede di partenza dalla durata di otto ore, la limitata vita delle batterie da sostituire dopo cinque anni.

Non si possono dimenticare i costi ambientali: il camion monta enormi accumulatori agli ioni di litio per la cui produzione e smaltimento si produce un elevato volume di CO2, pari a quello generato in due anni da un’automobile di medie dimensioni.

La Daimler Trucks sostiene che entro il 2025 le batterie diventeranno più leggere e perfomanti e che il prezzo diminuirà sensibilmente. Mercedes ha invece costruito un prototipo di motrice a elettroni dal nome Urban eTruck di 26 tonnellate. E’ pensato per trasporto a corto raggio avendo autonomia di 200 chilometri, ideale nelle città come compattatore per la raccolta rifiuti. Per fare il pieno bastano due o tre ore.

Tesla Motors ha presentato un camion dell’immondizia elettrico dotato di un sistema di recupero dell’energia prodotta in frenata e di un generatore a turbina alimentato a gas naturale con cui incrementare l’autonomia del veicolo. Si tratta di prototipi che non verranno posti in vendita prima del 2020 in attesa dell’evoluzione della tecnologia che consenta un’alternativa reale alla movimentazione delle merci basata sul motore a scoppio.

Le capitali europee si stanno però indirizzando verso regolamentazioni sempre più limitanti dei mezzi pesanti per problemi legati all’inquinamento dell’aria. I cittadini si rendono anche conto che è contraddittorio acquistare prodotti da agricoltura biologica se vengono portati nei negozi con camion a gasolio. Allo stato dei fatti per i trasporti a lungo raggio la sperimentazione svedese sembra essere la proposta più fattibile. Ma anche qui esistono dubbi.

In Svizzera si preferisce spingere sul trasporto ferroviario perché la configurazione geografica del paese rende inattuabile il modello svedese che necessita di territori non montuosi. L’autostrada elettrica è comunque costosa dato che per costruire un chilometro si spende tra 1,1 e 2,5 milioni di euro. Il governo tedesco ha inoltre sottolineato l’esistenza di problemi legati alla sicurezza nel caso di rottura dei cavi.

Nel frattempo, il 10 gennaio 2017, Volkswagen ha patteggiato una multa di 4,3 miliardi di dollari con il dipartimento di giustizia statunitense sullo scandalo delle emissioni, avendo installato un software segreto su migliaia di vetture diesel per truccare i test sulle emissioni e farle apparire meno inquinanti, somma che si aggiunge ai 14,7 miliardi stanziati per risarcire i clienti americani.

Due giorni dopo l’Authority americana per la protezione ambientale ha accusato Fiat Chrysler di analogo comportamento con circa centomila vetture, anche se pare trattarsi di mancata dichiarazione della capacità di aumentare temporaneamente le emissioni in determinate condizioni di guida per salvaguardare il motore e non di un atto doloso come per la casa tedesca.

Il giorno dopo è stato il turno in Francia con la Renault. I dati delle vendite posizionano però Volkswagen in testa alle classifiche dei costruttori con un aumento di quasi il 4%, nonostante la multa e il blocco delle vendite auto diesel negli Usa. Le conseguenze irreversibili delle emissioni dei gas e delle polveri sottili nell’atmosfera evidentemente non interessa a molti produttori e consumatori: il commercio dei diesel resta remunerativo nonostante la crisi automobilistica e il pagamento di multe elevate.

Il resto non conta.

Paola Iotti

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